Elementary 1.17: Seconda possibilità

Con il senno di poi è facile notare come il ribaltamento della relazione tra Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) e la dottoressa Watson (Lucy Liu) fosse potenzialmente presente sin dal pilot della serie. Con una calcolata lentezza lo abbiamo visto svilupparsi per una quindicina di episodi e infine nel sedicesimo capitolo abbiamo avuto la conferma. Watson non è più stipendiata da Holmes senior (*) ma è diventata una apprendista consulting detective che prende lezioni da Holmes junior. La cosa non mi soddisfa, ma almeno ci siamo tolti un tema ricorrente che cominciava ad essere più un peso che una attrattiva.

Abbiamo dunque uno Sherlock che fa il maestro e propina all'allieva una serie di compiti che, secondo il suo punto di vista, dovrebbero servire a risvegliare le capacità investigative in lei. L'effetto che ho avuto è stato quello di rivedere le lezioni di karate che Miyagi (Pat Morita) dava al karate kid Daniel (Ralph Macchio) nel noto film del 1984 (**).

Il caso principale mi è sembrato troppo complesso e improbabile per riuscirmi interessante. Un tale super-ricco scopre di avere un raro malanno che è di origine ereditaria, lo strano è che lui non ha nessuno in famiglia con lo stesso problema. E dunque ritiene che qualcuno, chissà come, lo abbia infettato. Watson, però, che più che un ex medico sembra spesso una biblioteca medica ambulante, nota che tra gli effetti collaterali della malattia c'è anche una crescente paranoia, che porta a sospettare tutto di tutti. Sherlock decide perciò che non può seguire il caso, in quanto non sente di poterne dare una soluzione soddisfacente.

Cose che succedono dopo lo spingono a cambiare idea, indagare, e trovare una sorprendente, per quanto arzigogolata, soluzione.

(*) Particolare inquietante, non abbiamo nessuna prova dell'esistenza di questo personaggio. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere il parto della fantasia malata di Sherlock.
(**) Per chi non fosse interessato al cinema del secolo scorso è disponibile anche un remake sostanzialmente equivalente datato 2010.

Il fratello più furbo di Sherlock Holmes

Rivisto in memoria di Gene Wilder, che lo ha scritto, diretto e interpretato nel ruolo del titolo (*).

Sherlock Holmes (Douglas Wilmer) ha per le mani due casi, che decide di rivedere rapidamente con il dottor Watson (Thorley Walters) a uso e consumo di uno sgherro del professor Moriarty che pensa di spiarlo a sua insaputa. Una ambigua attrice di operetta, che dice di essere Bessie Bellwood (Madeline Kahn), ha chiesto il suo aiuto in seguito ad un ricatto che subisce per via di una lettera compromettente da lei scritta, e il ministro degli esteri ha subito il furto di un documento riservato, consegnatogli dalla regina Vittoria in persona, che, se reso pubblico potrebbe causare grosse grane, addirittura una guerra (**).

Sherlock decide di giocare il jolly, andandosene via in treno e passando entrambi i casi a Sigerson (Gene Wilder), suo fratello minore, di cui nemmeno Watson sapeva niente fino a quel momento (***). Cosa ne pensi Sigerson di Sherlock lo sappiamo subito, sia dal secondo, sia da lui medesimo, quando viene contattato dal sergente Orville Stanley Sacker (Marty Feldman) che fa da tramite tra i due fratelli. Sigerson storpia il nome del più famoso Holmes in Sheer Luck (°).

Sigerson è decisamente bizzarro ma ha anche capacità investigative che lo rendono degno del cognome che porta. Scopre infatti in un baleno che Bessie Bellwood, il cui vero nome è Jenny Hill, dice un cumulo di menzogne, anche senza volerlo. E scopre anche il modo, ben poco ortodosso, per convincerla a dire, almeno parzialmente la verità.

Anche se in questa versione Moriarty (Leo McKern) non merita appieno la sua qualifica di professore, è comunque un avversario pericoloso. Anzi, a ben vedere è molto pericoloso anche averlo dalla propria parte. Anche perché ha una strana compulsione che lo porta a commettere atti riprovevoli con una frequenza molto elevata.

Al centro dell'intrigo si trova tal Eduardo Gambetti (Dom DeLuise), cantante lirico italiano completamente pazzo, che ha tradotto e adattato Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi (°°). Infatti è proprio costui che ha ricattato Jenny, con lo scopo di farle rubare il documento al ministro, perché poi lui lo possa rivendere a Moriarty.

L'idea alla base della storia non è malvagia, e svariate scene sono divertenti, altre sono meno riuscite. Da notare come il nucleo del cast venga direttamente da Frankenstein Junior (1974). Manca Mel Brooks, che forse sarebbe riuscito a dare una maggior coerenza alla materia. Pare che Wilder gli avesse proposto la regia, ma che lui abbia declinato.

(*) The adventure of Sherlock Holmes' smarter brother.
(**) Entrambi topoi sia nei racconti di Conan Doyle, sia in tutta la letteratura investigativa che ne è seguita.
(***) Dettaglio che fa capire come questo film sia stato visto e tenuto in considerazione dai creatori di Sherlock, vedasi L'ultimo giuramento dove Mycroft (Mark Gatiss) allude di sfuggita ad un terzo fratello, anche se non ne dice il nome e nemmeno se questo si reputi più intelligente di Sherlock.
(°) Fortuna Pura.
(°°) A rivoltarsi nella tomba sarà più il librettista Antonio Somma, che del resto già ai tempi non era rimasto contento delle modifiche che le varie censure aveva imposto al suo testo.

Il diritto di uccidere

Il colonnello britannico Katherine Powell (Helen Mirren) sta conducendo da una base inglese una complessa operazione per catturare una sua compatriota che ha preso la via di Al-Qaida. Da sei anni le è alle calcagna, e ora finalmente sembra averla a portata di mano. Grazie all'appoggio degli americani, che fornisco l'occhio nel cielo (*), e ai keniani, che fanno il lavoro sporco a terra, sta per scattare l'operazione che dovrebbe concludersi con l'arresto di una mezza dozzina di persone (**). La situazione è così delicata che la Powell, oltre ad avere un esperto legale al suo fianco che le evidenzia quelli che possono essere elementi discutibili del suo operato, riferisce al suo capo, il generale Frank Benson (Alan Rickman), che a sua volta è in riunione con legali e politici inglesi, per accertarsi che l'operazione abbia tutte le coperture del caso.

Le cose diventano ancora più complicate quando i pedinati si recano in una casa in un area controllata da Al-Shabaab (***), zona in cui i keniani non hanno, di fatto, il controllo, e si mettono all'opera per preparare un attentato suicida. A questo punto lo scopo della missione della Powell cambia, l'arresto non è più possibile, e le circostanze premono per l'eliminazione fisica della cellula. A tirare il grilletto dovrà essere il pilota del drone, Steve Watts (Aaron Paul), che non ha mai sparato prima, e che si trova di fronte ad una situazione che è pure moralmente dubbia, come viene evidenziato dal fatto che, come minimo, oltre ai terroristi morirà anche una bambina che sta vendendo pane nel posto sbagliato.

Assistiamo così ad un penoso tira e molla in cui tutti cercano di fare quello che ritengono essere la cosa giusta, forse rendendosi conto che, nel vicolo cieco in cui ci si è cacciati, non c'è niente di giusto in nessuna delle possibili opzioni.

Ho letto da qualche parte che Michael Bay avrebbe diretto un film paragonabile a questo (°). Mi sono immaginato cosa potrebbe venir fuori da questa sceneggiatura (°°) se finisse nelle mani di Bayhem (°°°). Per fortuna qui la responsabilità della regia se l'è presa Gavin Hood e il risultato è molto diverso, poche esplosioni, molta sottigliezza di recitazione, in particolare grazie alla Mirren e a Rickman (§).

Il titolo italiano fa pensare che il punto di vista sia sbilanciato nei confronti delle colombe, come se i falchi si arrogassero un diritto di uccidere che non si capisce bene da dove verrebbe loro. Niente di più sbagliato. Anche se la regia si mantiene molto asciutta, si capisce bene come la Powell e Benson siano così decisi nella loro azione perché ritengano che sia la via meno dannosa. Entrambi non lasciano trasparire quasi nulla della loro tensione interiore e solo nel finale Benson si lascia sfuggire un discorsetto che dovrebbe chiarire la sua posizione anche al più tetragono degli spettatori. D'altro canto è difficile non rendersi conto come la scelta dei falchi abbia implicazioni estremamente negative.

Good kill (2014) di Andrew Niccol è un ovvio candidato al confronto con questo film. E finisce per evidenziare quelli che mi erano sembrati i difetti di quel film che, nonostante la evidente buona volontà di tutti quanti, aveva alcune debolezze strutturali che qui sono assenti. Là il racconto era centrato sui dubbi esistenziali del protagonista, la situazione era più un accidente che gli complicava il già non semplice percorso di vita. Qui invece la situazione, con tutte le sue sottigliezze morali, legali, politiche, sociali, domina la narrazione. La complessità è resa ottimamente seguendo i diversi punti di vista, lasciando quanto spazio possibile a ogni carattere in azione, ma mantenendo sempre una grande linearità narrativa.

(*) Un drone armato pilotato a distanza da un equipaggio basato a Las Vegas. Il titolo originale è, per l'appunto, Eye in the sky.
(**) Tra cui c'è anche un americano, il cui rende le cose ancor più complicate.
(***) La fazione somala di Al-Qaida.
(°) Credo si alludesse a 13 hours (2016)
(°°) Firmata da Guy Hibbert.
(°°°) Soprannome di Michelino che, giocando sul termine mayhem, lo accosta ad una situazione caotica, possibilmente con gran spargimento di sangue.
(§) Ultima sua apparizione sullo schermo, come sempre ad altissimi livelli.

Elementary 1.16: Dettagli

Forse è merito della regia (*), o forse del fatto che è uno dei pochi episodi di Elementary il cui soggetto viene dalla penna di Robert Doherty (**), fatto sta che questa puntata spicca per una serie di peculiarità.

Per la prima volta il detective Marcus Bell (Jon Michael Hill) ha il modo di occupare la scena; non è molto significativo ai fini della narrazione, ma il suo interprete sarà stato felice dell'occasione ottenuta.
Si aggiunge una componente comica che, pur essendo aliena all'universo immaginato da Conan Doyle (***), ha ottenuto il risultato di farmi fare qualche risata.
E Watson (Lucy Liu), nonostante sia sconsigliata dalla sua analista, decide di abbandonare la sua carriera per diventare l'assistente di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller). Questo terzo punto covava già da tempo, non mi convinceva prima, e continua a non convincermi adesso. Non ci vedo un valore aggiunto.

Il caso, come spesso accade, non è molto interessante. Qualcuno ce l'ha con Bell, addirittura lo prende a mitragliate, però lasciandolo illeso. Si risale ad un possibile soggetto che avrebbe ragioni per avercela con lui, ma questo trova un modo per essere escluso dalle investigazioni, per quanto forse un po' troppo radicale. Solito arrancare delle indagini finché viene fuori un punto che era stata nascosto pur essendo essenziale, con relativo spiegone d'ordinanza.

(*) Per la prima volta affidata a Sanaa Hamri, a oggi altri tre episodi della serie portano la sua firma.
(**) Che ha creato la serie ma che, fino a questo punto, aveva scritto solo il pilota e altri tre episodi.
(***) Ricorda molto di più quello dell'ispettore Clouseau di Peter Sellers e Blake Edwards, vedasi ad esempio La pantera rosa sfida l'ispettore Clouseau.

Elementary 1.15: Caricata a droga

Per misteriosi motivi il titolo è stato troncato, traducendolo dall'originale sarebbe dovuto essere qualcosa come Una gigantesca pistola caricata con droga. Altra curiosità è la partecipazione, come guest star, di John Hannah. Dalla fatica con cui la sceneggiatura ne giustifica la sua presenza mi vien da pensare che sia stata adattata all'ultimo momento quando invece la sua parte era pensata per un attore americano. D'altra parte la scrittura non è certo il punto di forza di questa serie, e potrebbe essere benissimo che la confusione sia un peccato originale anche di questo episodio.

Succede dunque che nel prologo una tipetta, tale Emily Grant (Allie Gallerani *) viene rapita, scopriamo poco dopo che si tratta della figlia di Rhys Kinlan (Hannah). Costui è un "amico" di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller), nel senso che era il suo spacciatore di fiducia quando stava a Londra, e che ha le chiavi del suo appartamento newyorkese in quanto gli ha fornito sostanze anche all'inizio del suo soggiorno americano, prima della cura disintossicante.

La convoluta storia di Rhys vuole che un quarto di secolo prima un'americana passasse da Londra, concepisse con lui, e se ne tornasse in America con il frutto della colpa. La donna viene fatta morire qualche anno prima dell'azione, così ce la togliamo dai piedi, resta però il patrigno di Emily, utile per la solita falsa pista da seguire inizialmente. Pare che Rhys fosse legato ad una banda di dominicani che opera sui due lati dell'Oceano a cui ha fregato una cifra spaventosa. Il suo boss di riferimento dovrebbe essere, per logica basato a Londra, ma per qualche motivo è a New York. Rhys, però, a New York ci torna solo quando scopre che la figlia è stata rapita, in quanto si trovava in Thailandia, dove stava scialacquando il malloppo.

Insomma, Ryhs non può chiedere aiuto alla polizia, e allora lo chiede a Sherlock. Che non è che si possa propriamente dire che risolva il caso, diciamo che lo segue mentre questo si risolve da sé.

Mentre i protagonisti si rivoltolano in questo ginepraio, c'è anche il solito risvolto extra-giallo. Holmes sembra più partecipe nel gruppo di ex-tossici, a cui all'inizio scodella una sua vecchia avventura (**) e poi medita di raccontare quello che gli succede questa volta, come storiella edificante sui rischi di una ricaduta. Già, perché, come accenna il titolo, Ryhs agisce da gran tentazione tossica, come del resto si rende conto bene sin dall'inizio Watson (Lucy Liu).

(*) Questo è praticamente il suo debutto.
(**) Ne sentiamo un accenno, ma ogni bravo sherlockiano dovrebbe riconoscere al volo che si tratta de Il caso dell'uomo deforme. Se ne può vedere la buona versione televisiva della Granada che da noi ha il criptico titolo di L'uomo difforme (1984). Da notare che in quel racconto di Conan Doyle, Holmes dice, forse per l'unica volta in tutto il corpus quell'"Elementare!" che è diventato un suo tratto distintivo nell'immaginario collettivo, al punto da essere scelto anche come titolo di questa serie.

Elementary 1.14: Il deduttore

Confondere induzione con deduzione è per Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) una tradizione che dura dai tempi di Conan Doyle e sarebbe dunque ingeneroso prendersela se anche una profiler dell'FBI (Kari Matchett) cade nell'equivoco. E così Holmes se ne ha a male solo per essere stato profilato (*) da costei.

Il caso non sarebbe neanche male, un serial killer (Terry Kinney **) usa uno strano piano per uscire di galera e attuare la sua vendetta verso la profiler che l'aveva incastrato. Holmes è combattuto tra risolvere il caso (***) e parteggiare per il cattivo, visto che entrambi hanno il dente avvelenato con la stessa persona. Purtroppo, a mio gusto, lo sviluppo non sufficientemente intrigante.

Per riempire il tempo assistiamo ad un problema di Watson (Lucy Liu), che perde il suo appartamento per averlo subaffittato ad un regista di documentari che, per sbarcare il lunario, gira proprio lì un porno. Lei usa le capacità di osservazione che ha appreso (°) da Holmes e induce (°°) un dettaglio che le permetterà di uscire meno traumaticamente dalla sua tana.

(*) Un po' come se la prenderebbe Hannibal Lecter, vedasi Il silenzio degli innocenti (1991) e seguenti.
(**) Avrei visto meglio nella parte Steve Buscemi.
(***) Non particolarmente complicato, a ben vedere.
(°) Non si spiega bene come, forse per osmosi.
(°°) E non deduce!

Elementary 1.13: La squadra rossa

In seguito a quello che è successo nella precedente puntata, il capitano Gregson (Aidan Quinn) ha deciso di fare a meno dei servigi del suo consultant detective di fiducia. A Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ovviamente non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di scusarsi, anzi, approfitta della pausa forzata per lavorare su Moriarty, ottenendo invero poco o niente.

Per distrarsi pensa di chattare con un complottista di sua conoscenza, di cui, a sua insaputa, si fa ferocemente beffe. Costui però questa volta non gli dà spago, in quanto è stato ucciso. L'omicidio è stato goffamente travestito da suicidio, ma non ci voleva un Holmes per capire come erano andate le cose. Solo il povero detective Marcus Bell (Jon Michael Hill) poteva cascarci.

Pur non potendo contare più di tanto sul supporto della polizia, Holmes arriva ben presto a scoprire che tra i millemila complotti insensati di cui si occupava la vittima ce n'era uno che avrebbe potuto avere qualcosa di reale. Potrebbe essere la pista buona.

In parallelo, Watson (Lucy Liu) ha finito il periodo pagato da Holmes senior per badare a junior. Però non riesce a staccarsi da questo cliente e, adducendo pietose scuse, continua a fare il suo lavoro, come pro bono, e senza avvertire il paziente della situazione. Il che potrebbe portare problemi in futuro.

Elementary 1.12: Il mandante

Buona puntata, che presenta più riferimenti del solito all'opera di sir Arthur Conan Doyle, un cattivo con notevole presenza scenica (Vinnie Jones *), e un risvolto oscuro che finalmente toglie l'eccesso di comicità dal personaggio di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) che in altri episodi mi sembra più ridurlo a macchietta che presentarlo con un taglio da commedia (**).

Un brutale assassino, noto solo come M. (***), arriva da Londra a New York per proseguire lì la sua serie di efferate esecuzioni. Holmes aveva già collaborato con Scotland Yard per risolvere questo caso, ma evidentemente con poco successo. Accecato dal fatto che M. sembra aver ucciso Irene Adler, il nostro sembra non accorgersi nemmeno della stranezza di un serial killer che lo segue oltreoceano. Ci deve pensare il capitano Gregson (Aidan Quinn) a fargli notare il dettaglio.

Tramite uno spericolato uso della versione americana degli irregolari di Baker Street, rappresentata sullo schermo dal solo Teddy (Bobb'e J. Thompson), Holmes riesce ad anticipare le mosse di M. arrivando ad un regolamento dei conti che riserverà qualche sorpresa.

Esternamente al caso, Watson (Lucy Liu) è arrivata alla fine del suo contratto, dovrebbe prepararsi a lasciare l'appartamento e pensare ad un altro cliente. Sembra però morbosamente attratta dal lavoro di consulting detective e la vediamo tentennare. Ufficialmente teme una ricaduta di Holmes in seguito agli accadimenti qui narrati, ufficiosamente pare diventare una piccola investigatrice. Il che non mi piace un granché, così si smussa il dualismo Watson-Holmes, diventano più amiconi che fanno lo stesso lavoro. Ma allora mi guardo Starsky & Hutch.

(*) Presente in molti dei lavori di Guy Ritchie pre-Madonna. Poi le strade dei due si sono brutalmente separate.
(**) Vedasi piuttosto Vita privata di Sherlock Holmes (1970) o Senza indizio (1988).
(***) La singola lettera puntata è anche il titolo originale dell'episodio. Il riferimento sembra essere al professor Moriarty, ma è una falsa traccia, scopriremo più avanti che il vero nome di M. è Sebastian Moran, definito dal vero SH come il secondo delinquente più pericoloso operante a Londra, sodale di Moriarty.

Elementary 1.11: Panni sporchi

Il titolo (*) allude al detto secondo cui si lavano in famiglia, ma si riferisce anche al fatto che il cadavere che dà il via all'indagine seguita da Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) viene ritrovato in una lavatrice. Incredibile a dirsi, la sceneggiatura (Liz Friedman) sembra risalire a cinquanta anni fa, piena guerra fredda, paranoia americana (**) relativa ad agenti segreti russi che si fingono americani per rubare segreti. Una serie di spiegoni che occupano metà del tempo di trasmissione rendono il tutto ancora meno digeribile.

La trama parallela riguarda prevalentemente l'addio di Watson (Lucy Liu) che sembra essere imminente. Il dottore ritiene di aver fatto il suo lavoro, e si vuole dedicare ad un'altra anima persa. O forse vuole solo che Holmes le chieda con modi meno bruschi e supponenti, come da carattere, di restare.

(*) Niente da dire sulla traduzione, Dirty laundry è l'originale.
(**) Non del tutto ingiustificata, vedasi Il ponte delle spie.

Elementary 1.10: La cassaforte inespugnabile

Dopo il breve accenno in Mentre dormivi non abbiamo più avuto il piacere di sentire Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) suonare il violino. Qui però lo vediamo al pianoforte mentre esegue il primo pezzo da le Scene infantili opera 15 di Robert Schumann (*) mentre aspetta l'arrivo del capitano Gregson (Aidan Quinn) e del detective Bell (Jon Michael Hill) su un luogo del delitto. La sua passione per la musica tedesca ci viene confermata poco più avanti quando Watson (Lucy Liu) gli spegne lo stereo che, a notte fonda, sparava senza riguardo per nessuno l'Ode alla gioia dalla nona sinfonia di Beethoven.

Altro dettaglio interessante, anche se calato in un paesaggio di improbabilità oltre al limite dello stupefacente, è il riferimento ad un buffo linguaggio di programmazione, il Malbolge (**) di Ben Olmstead. La citazione è fatta correttamente ma è praticamente impossibile che Holmes (e un "cattivo" prima di lui) abbia capito da una riga di caratteri apparentemente casuali fossero invece un programma Malbolge. Altrettanto improbabile riuscire a capire cosa facesse quel programma nel poco tempo mostrato (***). Del tutto impensabile, poi, che codice Malbolge così breve faccia quello che deve fare perché la trama regga.

Tolti questi dettagli, la puntata è piuttosto noiosa. C'è un furto, viene violata una cassaforte che dovrebbe essere inviolabile, e che per questo è chiamata Leviatano (°). Il produttore del sistema chiede a Holmes di scoprire quale sia stata la falla nel sistema. Il nostro prende una strada molto lunga, lungo la quale risolve un notevole caso accessorio, e alla fine scopre l'arcano.

La trama parallela è quasi tutta dedicata a Watson e alla sua famiglia, con Holmes che cerca, con un certo successo, pare, a far crescere la popolarità della sua companion nei confronti di sua madre e del fratello.

(*) Il celebre Da paesi e uomini stranieri - Von fremden Ländern und Menschen.
(**) Il nome è un riferimento alle Malebolge dantesche. Che poi sarebbero l'ottavo girone dell'inferno.
(***) Il nome infernale del linguaggio è dovuto alla sua diabolica incomprensibilità.
(°) Da cui il titolo originale, The leviathan.

Elementary 1.9: Fare da sé

La seconda parte di questo episodio m'è stato di una noia mortale. Roba che se poi avessero chiamato Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ad indagare sulle cause del mio decesso, questi avrebbe caldeggiato l'arresto dello sceneggiatore (Peter Blake *) per eccesso di spiegoni.

Un tale viene ucciso in un modo molto strano, due pistolettate in testa, ma non a caso, bensì dritte negli occhi. Holmes, che è influenzato, trascura il dettaglio che riprenderà solo nel finale. Segue solita disamina del caso, in cui ce la si prende con possibili colpevoli che poi risultano innocenti, per poi trovare la vera mente machiavellica che è dietro all'omicidio. La soluzione è così semplice che ci sono arrivato pure io, senza nemmeno volerlo.

Particolare raccapricciante di questa puntata, la dottoressa Watson (Lucy Liu) cura il malanno holmsiano con un misterioso infuso cinese. Alle rimostranze del consulting detective, che afferma di preferire rimedi testati scientificamente, lei afferma che quello lo è, ma glissa alla richiesta di carte che comprovino la sua affermazione. Ora, questo sarebbe del tutto ammissibile in una persona qualunque, e dopotutto è ben noto che buona parte dei rimedi che si prendono in questi casi hanno il solo scopo di tenere noi pazienti tranquilli in attesa che il nostro corpo faccia il suo lavoro e scacci l'invasore. Non è per niente bello che un medico, che si vanta pure di essere molto bravo, menta sulle sperimentazioni effettuate sulla pozione che consiglia.

Trama parallela dedicata ad un ex della Watson che mi pare del tutto irrilevante, se non nel mostrare come Holmes, in un suo modo tutto particolare, tenga molto alla sua badante di lusso.

Il titolo è più divertente in originale, You do it to yourself, giocando per variazione su DIY (do it yourself = fai da te), che diventa qualcosa come Fattelo da solo.

(*) Già responsabile di un altro episodio della serie. Caso strano sembra che molte sceneggiature sia affidate a gente che si occupa della produzione, come se scrivere la storia non fosse poi molto importante.

Star Trek Beyond

Ho la sensazione che affidare la regia a Justin Lin (*) non sia stata una idea geniale. Alcune scene sono da antologia, come la presentazione della stazione spaziale Yorktown, altre sono troppo rumorose e movimentate per non essere ricordate come una traversata in traghetto su di un mare molto mosso.

L'equipaggio della NCC 1701 è impegnato in una missione quinquennale che presenta alti e bassi. In particolare al capitano James T. Kirk (Chris Pine) viene una malinconia da assenza di scopo e ha la tentazione di cambiar carriera per dedicarsi a qualcosa di più stanziale. Giunti a Yorktown, esplicita la sua richiesta ai suoi superiori, ma senza comunicare le sue intenzioni ai suoi colleghi. Nel contempo anche Spock (Zachary Quinto) pensa di dedicarsi ad altro, in seguito alla notizia della sua morte (**).

Ad interrompere questa malinconica serie di eventi arriva una aliena, Kalara (Lydia Wilson), che chiede aiuto alla federazione per un disasatro che è successo alla sua nave in una nebulosa poco distante. L'Enterprise è la nave migliore per questo intervento, e dunque Kirk richiama tutti quanti e si parte. Ma il tutto non era che una trappola ordita dal perfido Krall (Idris Elba) che medita una vendetta contro gli umani di cui si scopriranno meglio i motivi nel finale di partita. Ad aiutare Kirk e soci arriverà una industriosa e letale aliena che risponde al nome di Jaylah (Sofia Boutella), che ha i suoi motivi per non apprezzare Krall.

Trama tutto sommato semplice ma densa di dettagli poco chiari e passaggi oscuri. Non so quanto la colpa sia attribuibile agli sceneggiatori, Simon Pegg (***) e il meno noto Doug Jung (°), che penso siano stati indirizzati dalla produzione, e probabilmente dalle idee del regista su quello che sarebbe dovuto essere il risultato, nell'impostazione da dare.

Interessanti alcuni dettagli in realtà poco importanti, come ad esempio il fatto che la Enterprise sia costruita con una filosofia modulare, al punto che si può staccare tutto il resto e mantenere solo il modulo principale, facendola diventare, a tutti gli effetti, un grosso disco volante che penso faccia la felicità degli ufologi.

Svariati i riferimenti ad altri film del genere, che potrebbero anche essere visti come furtarelli. Tipo le divise di Krall e accoliti mi hanno ricordato molto la fantasia barocca utilizzata per descrivere gli Space Jockey in Alien, vedasi in particolare Prometheus, da cui mi sembra tratta pure l'idea della cattiva che muore schiacciata da una intera astronave. Il finale ricorda molto il Mars attacks! di Tim Burton.

(*) Noto per le sue partecipazioni alla saga di Fast & furious.
(**) Cosa complicata da spiegare, il suo se stesso più anziano (Leonard Mimoy) è stato sparato nel passato, ovvero nel presente del giovane Spock, per cui i vulcaniani hanno a disposizione, almeno per qualche anno due edizioni di Spock in parallelo.
(***) Che continua ad interpretare anche Scotty, all'anagrafe Montgomery Scott.
(°) Che a sua volta ha pure un piccolo ruolo come attore.

Elementary 1.8: Miccia lunga

Delusione. Dopo Conflitto di coscienza speravo che la serie avesse svoltato, e invece qui si torna nei binari segnati dai primi sei episodi. Sarà anche perché la sceneggiatura è stata affidata a Jeffrey Paul King (*).

Nel prologo scoppia una bomba che ammazza un paio di antipatici creativi che spillano quattrini ad aziende facendo siti web che, già mi immagino, saranno stati belli da vedere ma assolutamente inutilizzabili. Gente spiacevole, ma non abbastanza da giustificare una reazione del genere, nemmeno dall'utente più insoddisfatto.

Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) capisce subito (**) che la bomba avrebbe dovuto esplodere anni primi, e che il ritardo è dovuto a qualche strana contingenza. L'indagine si sposta dunque all'azienda che occupava quegli uffici ai tempi in cui sembra sia stata piazzata la bomba. A capo di tale azienda c'è una appetitosa pollastrella, anche se non più giovanissima, Heather Vanowen (Lisa Edelstein), che avrebbe una mezza intenzione di combinare con Sherlock. Il quale, con la sua proverbiale incapacità relazionale, manda tutto all'aria.

Solito sviluppo, piste iniziali che portano a sviluppi inattesi e possibili bombaroli che riescono a dimostrare la loro estraneità, fino a che la via giusta non viene imboccata.

Nella trama parallela la Watson (Lucy Liu) cerca uno "sponsor", ovvero un tale che dovrebbe seguire Holmes nel suo cammino di sobrietà una volta che lei finisca la sua opera, scontrandosi contro la pertinacia di Holmes che preferirebbe farne a meno. Sembra che lo si trovi in Alfredo Llamosa (Ato Essandoh), indicato da Holmes forse più per indisporre Watson che per reale interesse, ma che sembra avere le qualità necessarie.

Sciocchezza dell'episodio. Si esplicita la ragione per cui Holmes guarda una decina di televisioni contemporaneamente. Sarebbe un allenamento al multitasking, e ci vogliono far credere che sarebbe possibile assorbire una tal mole di informazioni da un singolo individuo. Ma va là.

(*) Primo suo lavoro alla scrittura, dopo di questo scriverà un'altra decina di episodi. Nella serie lavora spesso come coproduttore e in uno strano ruolo definito come executive story editor. Credo che faccia qualcosa come "correggere" le sceneggiature altrui per adattarle allo spirito generale di Elementary.
(**) Ma la scientifica non stava dormendo, ci arrivano anche loro. Solo che sono svantaggiati con i tempi per dover giustificare le loro affermazioni.

Elementary 1.7: Conflitto di coscienza

Primo dei quattro episodi scritti da Christopher Silber (*) e, a mio gusto, migliore dei precedenti sei episodi, grazie ad un maggior umorismo (**). Ad esempio scopriamo qui che Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ha messo come suoneria al suo cellulare quel passaggio che tutti ricordano dell'eccellente colonna firmata da Bernard Herrmann per lo Psycho (1960) di Alfred Hitchcock, quello della doccia, solo violini, che fa rizzare i capelli al sol pensiero.

Titolo italiano inventato di sana pianta, quando l'originale era One way to get off, variamente interpretabile ma che viene più naturale da tradurre come Un modo per uscire (di galera), anche perché la trama investigativa verte per l'appunto sul diabolico tentativo di un galeotto di evitare di scontare l'ergastolo per intero.

Più interessante la vicenda parallela che segue il rapporto tra Holmes e Joan Watson (Lucy Liu). In seguito a quel che è successo nel precedente episodio, Holmes è furibondo con la dottoressa. Lui dice che è perché lei ha invaso la sua sfera personale, avendo scoperto che l'origine della sua crisi è da cercarsi in quel che è successo a Irene Adler. Noi dovremmo prendere questa dichiarazione con le pinze, anche perché vediamo come Holmes non si faccia mai problemi nel calpestare la privacy altrui. In questo episodio, ad esempio, mostra una assenza di tatto rimarchevole nei confronti del capitano Gregson (Aidan Quinn).

(*) E' anche tra i produttori, ha nel suo curriculum produzione e sceneggiature per cose tipicamente poliziottesche come CSI, Cold Case e NCIS.
(**) O forse sono io che, dopo sei episodi, ho finalmente cominciato a carburare e sono entrato in maggior sintonia con la serie.

Elementary 1.6: Sabotaggio

Ad un certo punto avrei voluto poter telefonare al capitano Gregson (Aidan Quinn) per dirgli di smetterla di menare il can per l'aia e arrestare il colpevole, che tanto l'avevano già capito tutti chi era e non c'era bisogno di aspettare le brillanti deduzioni di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) per chiudere il caso.

E dire che in genere io non faccio particolare attenzione alla trama gialla, tanto il lavoro lo fanno già loro, inutile che mi sbatta pure io. Credo dunque che chi si diverte ad arrivare alla soluzione prima dei personaggi deputati potrebbe gradire questo episodio. Se gli piace vincere facile, si intende.

In breve la storia è che Holmes si annoia, per quanto possa sembrare strano non ci sono casi a New York che richiedano la sua capacità deduttiva. Così quando capta la notizia dalla radio della polizia che un piccolo aereo da turismo è precipitato, e che Gregson è sul posto, ci si fionda con gusto. Ovviamente scopre che c'è del marcio in quello che sembra a prima vista un incidente.

Più interessante lo sviluppo parallelo, con Holmes senior che invita a cena il suo giovane virgulto a la sua badante, la dottoressa Watson (Lucy Liu). Facciamo conoscenza di una specie di amico di Holmes (*), tal Alistair Moore, interpretato da Roger Rees in uno dei suoi ultimi ruoli. Scopriamo altri dettagli sull'infanzia di Holmes, e che pare abbia una specie di fobia per il volo. Infine ci viene fatto nuovamente balenare il sospetto (**) che Irene Adler sia dietro la crisi tossica del nostro.

(*) Molto più anziano di lui. Sembra proprio che la cattiva relazione tra Holmes junior e senior abbia portato il primo a cercare in altri un succedaneo della figura paterna.
(**) Si era già accennato alla cosa nel pilot.

Elementary 1.5: L'angelo della morte

M'è piaciuta la scena iniziale, con Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) intento a strangolare un morto per motivi di studio. Che è una di quelle attività assurde che ci si può aspettare dal personaggio. Il resto dell'episodio è in linea con la produzione precedente.

Holmes & Watson (Lucy Liu) questa volta il caso se lo trovano da soli, e il capitano Gregson (Aidan Quinn) viene coinvolto solo per fornire appoggio tecnico. L'ambientazione è ospedaliera, forse perché a scrivere questa sceneggiatura è stata Liz Friedman (*) che ha spesso lavorato per il Dottor House, si scopre che nell'ospedale dove Holmes strozzava cadaveri si aggira un assassino di malati terminali. In più ivi lavora una ex amica e collega della Watson, così che abbiamo modo di sapere di più sul di lei passato.

La strana convinzione di Holmes che ci viene illustrata questa volta è che la prima impressione sia spesso quella corretta. Il che, detto così, non vuol dire niente. Dipende da quanto spesso. Una volta su due, ad esempio, a me sembra molto spesso. Eppure questo vuol dire che altrettante volte la prima impressione è sbagliata. Inoltre sarebbe più corretto dire che noi umani abbiamo la pessima abitudine di prendere per buona quella che è la prima impressione, a prescindere dalla sua correttezza. La facciamo diventare corretta perché "ce lo sentiamo". E convincerci del contrario spesso è difficile. Di conseguenza un buon consulting detective non si dovrebbe mai fidare della prima impressione, anche quando questa si dovesse rivelare corretta.

Titolo originale Lesser evils, ovvero Mali minori.

(*) Che è spesso coinvolta anche nella produzione della serie.

Elementary 1.4: Corsa al successo

Titolo originale Rat race, qualcosa come La corsa del topo. Più che una corsa al successo fa pensare ad una incessante attività che sembra portare a chissà che mentre in realtà non porta a nulla.

Il crimine di questa volta, infatti, ha come scenario una finanziaria di Wall Street specializzata in gestire speculazioni di grosso taglio. Succede che un pezzo grosso sia sparito nel nulla e che il capitano Gregson (Aidan Quinn) non potendo intervenire per tecnicalità abbia suggerito di usare i servigi di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller). Il quale, pur mostrandosi piuttosto schifato dall'ambiente, trova in un battibaleno lo scomparso, che però nel frattempo è morto.

Sembra trattarsi di morte accidentale, overdose di eroina, e la cosa destabilizza il nostro in quanto, scopriamo, quella era una delle sostanze di cui aveva abusato nel recente passato, ma ciò non basta a fargli perdere lucidità e capisce subito che si tratta di una messa in scena e che ha colpire deve essere stato uno psicopatico. Secondo della serie, il primo era mosso da sete di potere coniugata verso il sesso e violenza nei confronti di chi era più debole di lui, questo è attirato, più banalmente dai soldi. La cosa folle è che sembra uccida per fare scatti di carriera, elimini quindi colleghi per salire nell'organigramma aziendale.

La sciocchezza che fa Holmes qui è quella di prediligere gli incontri in ambienti solitari con il colpevole, o presunto tale, e di sfidarlo con veemenza, senza considerare che, se fosse davvero uno psicopatico pluriomicida, il meno che ci si può aspettare è che tenti di ammazzarlo.

In parallelo la Watson (Lucy Liu) ha un appuntamento galante con un tale che si scopre presto essere per lo meno poco raccomandabile. Lei usa il metodo investigativo su di lui, ne scopre una debolezza, e forse si pente di averlo fatto. Nel finale di puntata discuterà con Holmes quanto poco dia soddisfazione scoprire certe verità.

Una sciocchezza precedentemente compiuta da Holmes viene a galla, l'aver nascosto a Gregson la sua dipendenza, e qui scopriamo che il capitano è meno tonto di quello che Holmes pensasse, e già sapeva. Questo porta ad evidenziare un aspetto a cui non avevo fatto caso. La relazione tra i due non è tra pari, ma piuttosto mimica di quella padre figlio. Gregson, più anziano e riflessivo, ha un atteggiamento protettivo nei confronti di Holmes, il quale lo ricambia con un rispetto decisamente superiore a quello mostrato dal nostro per ogni altro personaggio che abbiamo fin ora incontrato.

Come consulting detective Jonny Lee Miller continua a non convincermi. Molto più convincente come (ex) tossico. E forse l'hanno preso proprio per questo. Dopotutto l'attore è noto in particolare per essere stato Sick boy in Trainspotting (1996).

Elementary 1.3: L'uomo dei palloncini

Sono riusciti a resistere solo due puntate prima di presentare un caso basato sul solito psicopatico. Forse la realtà dei fatti fornisce una attenuante a questa predilezione degli sceneggiatori, anche se ho il sospetto che il motivo principale sia trovare una facile via di uscita dai vicoli ciechi della trama. Perché il tale si è comportato in un modo così insensato? Beh, è matto ...

Solito serial killer, dunque. Questo predilige i bambini, li porta via e lascia al loro posto un mazzetto di festosi palloncini. Il caso viene assegnato al solito capitano Gregson (Aidan Quinn) che chiama immediatamente Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) il quale, grazie ad una serie di indicibili colpi di fortuna, arriva rapidamente alla soluzione. Ma qui c'è un impiccio, invece di arrivare all'uomo dei palloncini si arriva alla sua prima vittima che, via sindrome di Stoccolma, sembra essere diventato molto vicino al suo antico rapitore, che ora sarebbe per lui come un padre. Un supplemento di indagine porterà al vero finale.

M'è sembrato che questa puntata, più che narrare un caso ben poco holmsiano, avesse come punto chiave quello di rivelare dettagli sul protagonista, che scopriamo aver avuto una pessima infanzia e aver tuttora una pessima opinione del proprio padre. Già dal pilot sappiamo che Sherlock non è in buoni rapporti col genitore, a cui aveva rinfacciato (*) di avergli lasciato in uso il più scarso dei suoi cinque appartamenti a Manhattan, e solo a patto che rimanesse sobrio. Se qualcuno facesse lo stesso per me, avrebbe la mia eterna riconoscenza. E credo che non sia un problema mio ma della strana personalità che hanno affibbiato a questo SH. L'originale semplicemente non avrebbe accettato nessun accordo, troppo orgoglioso.

La bislacca teoria propalata questa volta verte sulla cattiva abitudine di passare un numero eccessivo di ore leggendo materiale. Pessima idea. Il cervello non è fatto per funzionare in questo modo. C'è bisogno di staccare, altrimenti tutto diventa un magma indistinguibile. Stranamente questa volta Watson non mostra di pensare che Holmes sia un babbeo, ma lo asseconda, dicendo che anche lei passava notti insonni a studiare per preparare i suoi esami. E, nonostante questo, era considerata tra le migliori studenti del suo corso. Meh.

(*) Non direttamente, che non sappiamo ancora che sembianze abbia Holmes Sr., ma via lagnanza che si è dovuta sorbire la dottoressa Watson (Lucy Liu).

Elementary 1.2: Mentre dormivi

Pochi cambiamenti rispetto al pilot, il più importante dei quali è l'attore che interpreta il detective del NYPD alle dipendenze del capitano Gregson (Aidan Quinn). Senza dar spiegazioni sulla scomparsa dell'ispanico Abreu, viene rapidamente introdotto l'afroamericano Marcus Bell (Jon Michael Hill), che comunque mantiene le caratteristiche del suo predecessore.

L'impostazione dell'indagine ricalca quella del pilot. Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) vede subito un sacco di indizi che Bell e Gregson avevano trascurato, e fornisce immediatamente la soluzione, che viene accettata solo parzialmente, e del resto nemmeno lui riesce a chiarire alcuni dettagli. Lo sviluppo porta ad uno spiegone finale dove si portano alla luce alcuni particolari che ci erano stati nascosti.

Succede che un tipo viene ucciso con una pistolettata in fronte. A confondere le acque c'è un furto che fa pensare ad un ladro che ha ucciso per errore, ma Holmes scopre subito che si tratta di due reati scorrelati, grazie anche al supporto investigativo fornito dalla dottoressa Watson (Lucy Liu). Avviene poi un secondo omicidio, che Holmes capisce essere legato al primo, e che lo porta alla sospettata numero uno, che però è in coma all'ospedale.

Sembrerebbe un vicolo cieco, ma costei ha una sorella gemella (!), che fortunatamente non è monozigote. Holmes fa un paio di ipotesi sballate, però alla fine capisce il senso della storia.

Rimangono le mie perplessità sulla serie. In particolare Holmes mi pare più caratterizzato come una specie di idiot savant invece di un tale dalle enormi capacità logico-deduttive. Questa volta scopriamo che si figura che la sua memoria abbia capacità limitate, e che per questo si rifiuta di prestare attenzione a cose che reputa poco interessanti. Un qualunque studioso contemporaneo dei meccanismi della memoria si farebbe beffe di questa ipotesi, ma alla debole contrapposizione di Watson, lui risponde, in modo immensamente antiscientifico, che nel suo caso funziona così.

Anche se c'è da dire che, quando più avanti scopre un controesempio alla sua vetusta teoria, ne usa il risultato per risolvere il caso, e forse cambia idea (*).

Ci viene accennata anche un'altra sciocchezza holmesiana, ha mentito a Gregson sui tempi del suo arrivo a New York, ufficialmente perché si vergognava di essere stato in una clinica per superare le sue dipendenze da droghe e alcol. Strano che Gregson non se ne sia già accorto, essendo un legal alien (**) i suoi passaggi di confine son tutti registrati.

(*) Come si capisce dalla sua decisione di riprendere a suonare il violino.
(**) Cit. Sting: Englishman in New York.

Elementary 1.1: Arma impropria

Giorni nostri, Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ha lasciato Londra causa qualcosa di molto brutto che gli è successo (*). Il facoltoso babbo gli ha pagato la disintossicazione in una clinica di New York e, una volta uscito, gli ha concesso in uso uno dei suoi cinque appartamenti a Manhattan (!), a patto che rimanga "pulito". Per accertarsi che non bari, gli mette a fianco la dottoressa Joan Watson (Lucy Liu), un ex chirurgo che ha commesso un grave errore nel suo passato, e da allora non opera più, e si dedica piuttosto a seguire ex tossici sulla via del ravvedimento.

Se si è vista almeno una puntata dello Sherlock della BBC, e non si è legati alla CBS che ha prodotto questa serie, è difficile non considerare questa serie una specie di spin-off non autorizzato d'oltreoceano. Evito di fare ulteriori paragoni per non buttar troppo giù la serie in oggetto, che dopotutto qualcosa di non male pure ce l'ha.

Noi arriviamo seguendo la prospettiva della Watson, che trova Holmes già pronto a collaborare con il NYPD, e in particolare con il capitano Thomas Gregson, con il quale esiste un rapporto di reciproco rispetto. Ci tuffiamo dunque nel primo caso, che ha ben poco di sherlockiano e sembra più un incrocio tra un caso di Colombo, con il colpevole che si fa gioco delle investigazioni (**), e uno di Ellery Queen. Niente da dire su di entrambi, ma sono cose diverse.

Succede che una tipa viene uccisa. Holmes, come suo solito, vede un sacco di indizi che la polizia trascura, e scopre che il cadavere è nascosto nella panic room (***) di cui il marito (Dallas Roberts) dice che non sapeva nemmeno esistesse. Per motivi che non ci saranno rivelati, Holmes crede al novello vedovo, e dà più peso ai numerosi indizi che indicano un'altra direzione. Segue un caso che presenta alcune lacune logiche, ma che arriva fortunosamente alla soluzione corretta.

Come si capisce meglio dal titolo originale (°) è un vero e proprio episodio pilota, in cui ci vengono presentati i personaggi principali, ci viene raccontata sinteticamente la loro storia, e ci viene mostrato il modus operandi di ciascuno. Come forse si è capito, io ho le mie perplessità. Su Holmes, in particolare. Più che far paura per il suo distacco che a tratti lo rende disumano, in questa versione oscilla spesso tra far tenerezza ed essere il comic relief di se stesso. Lo vedo anche un po' troppo ossequioso nei confronti di Gregson, quando tipicamente i rapporti tra consulting investigator e investigatori sono tesi, o per lo meno ambivalenti. La dottoressa Watson gioca un po' troppo a fare l'assistente investigativa, mettendo un po' in ombra la sua natura intrinseca di bilanciamento umano alla tendenza iper-razionalista di Holmes.

Nel finale di episodio, Holmes fa sfoggio della sua capacità deduttiva mostrando a Watson di essere capace di calcolare il risultato di un incontro di baseball guardando la disposizione in campo dei giocatori. Trattasi di evidente bufala, vedasi Moneyball se si è interessati all'argomento. In questo caso lo sceneggiatore segue un idea meccanicistica della realtà di stampo ottocentesco. Uno Sherlock d'oggidì non cadrebbe mai nella trappola di azzardare una previsione in uno scenario così complesso. Potrebbe piuttosto indicare le due, tre vie di sviluppo più probabili.

(*) Una donna, pare. E se si tratta di una donna non dovrebbe essere altri che Irene Adler.
(**) Ma vedi anche Il caso Thomas Crawford come possibile parziale fonte di ispirazione per lo sceneggiatore, che poi è Robert Doherty, che ha la responsabilità della intera serie.
(***) Vedasi il film omonimo di David Fincher per dettagli.
(°) Un poco fantasioso ma molto sul pezzo Pilot.

Suburra

Basato sul romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, che hanno pure curato la versione cinematografica ma affiancati dalla premiata coppia Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Le differenze sono sostanziali, in particolare nelle atmosfere, qui molto più cupe. Il tono del film è determinato anche dalle scelte registiche di Stefano Sollima, vedasi l'infinita pioggia che cade per tutto la settimana coperta dall'azione, e l'uso della colonna sonora, firmata dagli M83.

Da quel che ho leggiucchiato in giro, il film è piaciuto più all'estero che da noi. Sarà forse che noi percepiamo un certo manierismo nell'operazione, giungendo come ennesimo capitolo in una serie di film che raccontano l'intreccio tra malavita e politica. In positivo, Netflix (*) ha partecipato alla produzione, dando l'ok ad una serie associata, e Sollima è stato scelto per dirigere Soldado, sequel di Sicario.

La vicenda, ambientata sul finire del 2011 in un mondo parallelo molto simile al nostro, segue il punto di vista prevalente di Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), un esponente di sottogoverno pesantemente intrallazzato con la malavita romana. Costui sente il bisogno di completare le sue giornate con festino a base di sesso e droga, e ha come sua fornitrice Sabrina (Giulia Elettra Gorietti). L'inghippo che scatena la catastrofe narrata a seguire è la morte di una prostituta minorenne nel corso di uno di questi dopocena eleganti.

L'equilibrio era già molto precario perchè il Samurai (Claudio Amendola), residuo della vecchia criminalità romana (**), sta tessendo una complicata rete finalizzata alla creazione di una speculazione sul litorale di Ostia, sponsorizzata da non meglio precisate famiglie di una qualche mafia (forse calabrese?), facendo uso di soldi e influenza di origine vaticana, via un cardinale (Jean-Hugues Anglade) con pochi scrupoli. Il mosaico si completa con la partecipazione di Numero 8 (Alessandro Borghi), delinquente che gestisce la zona di Ostia che è molto vicino ad un deputato a sua volta vicino al Malgradi, e della famiglia "zingara" degli Anacleti, in origine usurai e allargatisi ad attività malavitose più generiche. Ah, c'è anche pure un povero disgraziato che passava di lì per caso, Sebastiano (Elio Germano), che si sarebbe accontentato di campare raccogliendo le briciole che cadono dal piatto dei potenti, fornendo supporto logistico ai loro divertimenti (***).

Sollima m'è sembrato bravo a gestire le scene d'azione, meno quelle in cui si parla, dove i dialoghi mi sono sembrati più da carta stampata che cinematografici. In confronto a Jeeg robot ho qui apprezzato la scelta di ammorbidire la parlata dei personaggi, rendendola comprensibile ai non romani, mentre ho letto di alcuni nativi che l'hanno contestata, non rendendosi conto che ci sono anche non romanofoni che vorrebbero capire cosa succede.

Avrei preferito una maggior sottigliezza nella costruzione dei caratteri, qui sono tutti odiosi e qualunque cosa succeda loro non me ne può importare di meno, ma capisco che si tratta di una precisa scelta stilistica. Ho trovato eccessivi alcuni passaggi, tipo quando Viola (Greta Scarano) abbandona temporaneamente le sue svariate tossicodipendenze per diventare una assassina che sembra nascere dalla fantasia di Luc Besson (°) incrociata ad un videogioco alla Lara Croft o Resident evil.

(*) A proposito, un cambiamento di tono tra libro e pellicola è stato quello dell'eliminazione di ogni personaggio che non fosse completamente negativo. E questo mi ha fatto pensare a House of cards.
(**) Vedi banda della Magliana.
(***) Insomma, un magnaccia ripulito e adattato a tempi e luoghi.
(°) Vedasi Nikita, la Mathilda di Léon, Lucy, eccetera.