Remake di Quella sporca ultima meta, però in toni da commedia inglese. Cambia di conseguenza anche lo sport giocato dai galeotti contro le guardie, che da football americano diventa europeo.
Regia molto scarsa di Barry Skolnick che segue lo stile del Guy Ritchie (tra i produttori) prima maniera (Lock Stock, The snatch, pre-Madonna, insomma) ma buttandola più sul videoclip.
Protagonista Vinnie Jones, particina per Jason Statham (entrambi già nei succitati titoli di Ritchie).
Innocenti bugie
Una non particolarmente riuscita commedia romantica d'azione, simpatica nella prima parte, più parodistica e commedia degli equivoci, mentre poi si assesta sul solito tran tran noiosetto con botti, esplosioni, sparatorie, tori a San Firmino che travolgono i cattivi e risparmiano i buoni.
Regia anonima (James Mangold) che bada a gestire il cast e gli effetti speciali senza metterci molto di personale, sceneggiatura strampalata che regge solo parzialmente, e grazie ai notevoli mezzi messi a disposizione dalla produzione.
Tom Cruise è un agente segreto americano (tipo Mission Impossible, ma prendendosi esplicitamente poco sul serio) che ha alle calcagna i suoi colleghi (particolarmente inefficaci) e una banda di trafficanti di armi spagnoli (capaci di scatenare il finimondo a Brooklyn sotto il naso di suddetti servizi americani).
Incontra una dama dal bel sorriso (Cameron Diaz) che inizialmente usa per i suoi turpi scopi, ma di cui poi si innamora. La trascina quindi in una improbabile avventura in cui hanno una particina anche Peter Sarsgaard (un suo collega) e una strepitosa rossa che risponde al nome di Ducati Hypermotard.
Regia anonima (James Mangold) che bada a gestire il cast e gli effetti speciali senza metterci molto di personale, sceneggiatura strampalata che regge solo parzialmente, e grazie ai notevoli mezzi messi a disposizione dalla produzione.
Tom Cruise è un agente segreto americano (tipo Mission Impossible, ma prendendosi esplicitamente poco sul serio) che ha alle calcagna i suoi colleghi (particolarmente inefficaci) e una banda di trafficanti di armi spagnoli (capaci di scatenare il finimondo a Brooklyn sotto il naso di suddetti servizi americani).
Incontra una dama dal bel sorriso (Cameron Diaz) che inizialmente usa per i suoi turpi scopi, ma di cui poi si innamora. La trascina quindi in una improbabile avventura in cui hanno una particina anche Peter Sarsgaard (un suo collega) e una strepitosa rossa che risponde al nome di Ducati Hypermotard.
Antichrist
Non sono un estimatore dell'horror, ma se questo fosse lo standard del genere cambierei volentieri bandiera.
Tecnicamente abbiamo un signor regista (Lars von Trier) che non si fa problemi di alternare scene al rallentatore girate con macchine da presa iperveloci con riprese con la camera a mano, e che usa effetti speciali, o titoli scritti a mano, come meglio gli sembra per rendere nel modo opportuno la storia (scritta da lui medesimo).
Incantevole l'uso della colonna sonora, praticamente un rumore di fondo che accompagna la discesa agli inferi dei protagonisti, delimitata da una bella aria di Georg Friedrich Händel.
Cast artistico ridotto all'osso: lui (Willem Dafoe), lei (Charlotte Gainsbourg) e una fuggevole apparizione del figlio della coppia. Le due star sono da ammirare sia per come sono riusciti a rendere i due non semplici personaggi sia per il coraggio con cui hanno accettato di imbarcarsi in un impresa capitanata da un regista generalmente considerato insopportabile.
La storia è decisamente esile: mentre i genitori si divertono, il piccolo salta dalla finestra e si schianta al suolo. Segue (?) depressione di lei, lui cerca di aiutarla (è uno strizza, e sa bene che non sarebbe possibile, ma è anche scontento di come viene trattata la moglie, troppe pillole e poca comprensione, e probabilmente si sopravvaluta) ma finisce per ingabolarsi in un percorso che li porta alla catastrofe.
Forse Lei non era già del tutto a posto con la testa anche prima della tragedia, ma a dire il vero più procede lo sviluppo e più le cose diventano meno chiare e, per dirla tutta, non ci possiamo fidare di quello che vediamo.
Data l'ambiguità intrinseca della vicenda, le chiavi di lettura sono praticamente infinite. Ognuno può applicare la sua e dedurne quello che preferisce sul film, ottenendone pareri dei più discordi.
Mi verrebbe da dire che la visione del film è sconsigliata ai minori, anzi mi spingerei ben più in là, perché sarebbe opportuna una maturità di carattere che i vent'anni in genere non aiutano ad avere, ma ci ha pensato von Trier da solo a porre una solida barriera di ingresso, per cui gran parte degli spettatori non idonei finiranno per assopirsi o abbandonare ben presto la visione.
Tecnicamente abbiamo un signor regista (Lars von Trier) che non si fa problemi di alternare scene al rallentatore girate con macchine da presa iperveloci con riprese con la camera a mano, e che usa effetti speciali, o titoli scritti a mano, come meglio gli sembra per rendere nel modo opportuno la storia (scritta da lui medesimo).
Incantevole l'uso della colonna sonora, praticamente un rumore di fondo che accompagna la discesa agli inferi dei protagonisti, delimitata da una bella aria di Georg Friedrich Händel.
Cast artistico ridotto all'osso: lui (Willem Dafoe), lei (Charlotte Gainsbourg) e una fuggevole apparizione del figlio della coppia. Le due star sono da ammirare sia per come sono riusciti a rendere i due non semplici personaggi sia per il coraggio con cui hanno accettato di imbarcarsi in un impresa capitanata da un regista generalmente considerato insopportabile.
La storia è decisamente esile: mentre i genitori si divertono, il piccolo salta dalla finestra e si schianta al suolo. Segue (?) depressione di lei, lui cerca di aiutarla (è uno strizza, e sa bene che non sarebbe possibile, ma è anche scontento di come viene trattata la moglie, troppe pillole e poca comprensione, e probabilmente si sopravvaluta) ma finisce per ingabolarsi in un percorso che li porta alla catastrofe.
Forse Lei non era già del tutto a posto con la testa anche prima della tragedia, ma a dire il vero più procede lo sviluppo e più le cose diventano meno chiare e, per dirla tutta, non ci possiamo fidare di quello che vediamo.
Data l'ambiguità intrinseca della vicenda, le chiavi di lettura sono praticamente infinite. Ognuno può applicare la sua e dedurne quello che preferisce sul film, ottenendone pareri dei più discordi.
Mi verrebbe da dire che la visione del film è sconsigliata ai minori, anzi mi spingerei ben più in là, perché sarebbe opportuna una maturità di carattere che i vent'anni in genere non aiutano ad avere, ma ci ha pensato von Trier da solo a porre una solida barriera di ingresso, per cui gran parte degli spettatori non idonei finiranno per assopirsi o abbandonare ben presto la visione.
Voglio la testa di Garcia
Storia bislacca (scritta e diretta da Sam Peckinpah) a cui manca un tocco di black humor per essere perfetta. Il protagonista della vicenda, l'Alfredo Garcia del titolo, per dirne una, muore prima dell'inizio del film per cause completamente estranee allo sviluppo della storia (ubriaco fradicio si schianta in automobile). Lo vediamo in faccia solo in foto e abbiamo solo qualche fugace apparizione di parti del suo cadavere.
A volere la sua testa è un ricco messicano di cui il nostro ha sedotto e abbandonato la figlia, lasciandola pure incinta. Costui non bada a spese e stanzia un milione di dollari, mica bruscolini, causando una mobilitazione delle forze del male che sembra non aspettassero altro.
Un gringo ridotto a fare il pianista fallito (Warren Oates) fiuta la possibilità di fare qualche dollaro, scopre che il Garcia ha preso il cuore (e altro) anche della sua bella, che di mestiere si prostituisce, che costei sa che lui è morto e dove è seppellito. Inizia dunque un percorso alla ricerca del cadavere, per potergli staccare la testa e intascare il bottino.
Le cose però si complicano in modo assurdo - ad esempio arriva Kris Kristofferson in motocicletta e, per motivi poco chiari, tenta di violentare la prostituta innamorata - così che gran parte del cast artistico viene preso a schioppettate (muore tra l'altro l'intera famiglia Garcia, tranne il nonno), il pianista fa amicizia con la testa del morto e assieme cercano di scoprire cosa c'è sotto, il che porta naturalmente ad una altra strage e poi alla ecatombe finale.
Troppi luoghi comuni (messicani che cantano e suonano la chitarra - cielito lindo inclusa - senza requie), e qualche dettaglio involontariamente ridicolo (il machete usato per tagliare la testa di Garcia è smisurato), mi hanno lasciato perplesso, ma tutto sommato non è male.
A volere la sua testa è un ricco messicano di cui il nostro ha sedotto e abbandonato la figlia, lasciandola pure incinta. Costui non bada a spese e stanzia un milione di dollari, mica bruscolini, causando una mobilitazione delle forze del male che sembra non aspettassero altro.
Un gringo ridotto a fare il pianista fallito (Warren Oates) fiuta la possibilità di fare qualche dollaro, scopre che il Garcia ha preso il cuore (e altro) anche della sua bella, che di mestiere si prostituisce, che costei sa che lui è morto e dove è seppellito. Inizia dunque un percorso alla ricerca del cadavere, per potergli staccare la testa e intascare il bottino.
Le cose però si complicano in modo assurdo - ad esempio arriva Kris Kristofferson in motocicletta e, per motivi poco chiari, tenta di violentare la prostituta innamorata - così che gran parte del cast artistico viene preso a schioppettate (muore tra l'altro l'intera famiglia Garcia, tranne il nonno), il pianista fa amicizia con la testa del morto e assieme cercano di scoprire cosa c'è sotto, il che porta naturalmente ad una altra strage e poi alla ecatombe finale.
Troppi luoghi comuni (messicani che cantano e suonano la chitarra - cielito lindo inclusa - senza requie), e qualche dettaglio involontariamente ridicolo (il machete usato per tagliare la testa di Garcia è smisurato), mi hanno lasciato perplesso, ma tutto sommato non è male.
Il cattivo tenente
Il fatto più incredibile è che ne è stato fatto recentemente un remake, firmato niente di meno che da Werner Herzog e interpetato da Nicolas Cage. Evidentemente dell'idea originale deve essere rimasto ben poco e, se non mi stupisce che Cage sia nel cast, mi chiedo che sia passato mai nella testa di Herzog quando ha firmato.
L'originale è co-scritto e diretto da Abel Ferrara, è una produzione evidentemente a basso costo, al punto da sembrare a tratti un prodotto amatoriale quasi documentaristico, che rappresenta New York come città brutta sporca e cattiva (utile vederlo in abbinamento a una puntata di Sex and the City).
La storia gira tutta attorno ad un poliziotto (un Harvey Keitel che non si risparmia) sminuito dal titolo che lo definisce semplicemente cattivo. Tossico all'ultimo stadio, alcolizzato, guardone, violento, abusa del suo ruolo per farne di tutti i colori, è in combutta con spacciatori, e trascura la famiglia per una amante tossica (che trascura per andare con prostitute).
Per rendere la sua vita più interessante, si ficca in un idiota schema di scommesse clandestine sull'epico scontro nei playoff del 1988 tra New York Mets e Los Angeles Dodgers.
Per sua (di lui) fortuna, una suorina viene violentata da un paio di balordi, lui partecipa alle indagini e scopre che lei in realtà sa chi sono i colpevoli, ma non li denuncia perché preferisce perdonarli. Pur essendo lui (almeno teoricamente) cattolico non riesce inizialmente a capire il senso di tutto ciò ma, attraverso una allucinata rielaborazione, ottiene una nuova consapevolezza che lo porterà, beh, a morire solo come un cane.
Non male, a patto di non lasciarsi impressionare troppo dall'uso e abuso di una varietà di sostanze stupefacenti, da Keitel nudo e piangente, o che si masturba mentre violenta verbalmente un paio di ragazzotte di campagna in visita alla grande città. Troppo lunga però la fase di costruzione del personaggio, un alleggerimento di una mezz'oretta ci sarebbe stato bene.
L'originale è co-scritto e diretto da Abel Ferrara, è una produzione evidentemente a basso costo, al punto da sembrare a tratti un prodotto amatoriale quasi documentaristico, che rappresenta New York come città brutta sporca e cattiva (utile vederlo in abbinamento a una puntata di Sex and the City).
La storia gira tutta attorno ad un poliziotto (un Harvey Keitel che non si risparmia) sminuito dal titolo che lo definisce semplicemente cattivo. Tossico all'ultimo stadio, alcolizzato, guardone, violento, abusa del suo ruolo per farne di tutti i colori, è in combutta con spacciatori, e trascura la famiglia per una amante tossica (che trascura per andare con prostitute).
Per rendere la sua vita più interessante, si ficca in un idiota schema di scommesse clandestine sull'epico scontro nei playoff del 1988 tra New York Mets e Los Angeles Dodgers.
Per sua (di lui) fortuna, una suorina viene violentata da un paio di balordi, lui partecipa alle indagini e scopre che lei in realtà sa chi sono i colpevoli, ma non li denuncia perché preferisce perdonarli. Pur essendo lui (almeno teoricamente) cattolico non riesce inizialmente a capire il senso di tutto ciò ma, attraverso una allucinata rielaborazione, ottiene una nuova consapevolezza che lo porterà, beh, a morire solo come un cane.
Non male, a patto di non lasciarsi impressionare troppo dall'uso e abuso di una varietà di sostanze stupefacenti, da Keitel nudo e piangente, o che si masturba mentre violenta verbalmente un paio di ragazzotte di campagna in visita alla grande città. Troppo lunga però la fase di costruzione del personaggio, un alleggerimento di una mezz'oretta ci sarebbe stato bene.
Wild target
Piacevole remake inglese di una commedia molto francese con equivoci, furti, omicidi, relazioni familiari e sentimentali.
Non avendo visto l'originale immagino che il contributo di Lucinda Coxon (sceneggiatura) si sia limitato a trasporre la vicenda a Londra, aggiungendo magari un pizzico di umorismo alla Monty Python, che traspare ad esempio nella breve sottotrama dedicata ad un pappagallo, e caratterizzando come tipica famiglia upper class molto british quella del protagonista.
Regia non particolarmente brillante di Jonathan Lynn ma che comunque gestisce in modo accettabile il buon cast che include Bill Nighy (il killer), Emily Blunt (la ladra), Rupert Grint (passava per caso), Rupert Everett (il truffato), Eileen Atkins (la madre del killer).
Il killer ammazza per tradizione di famiglia, spronato da una terribile madre, ma non è particolarmente soddisfatto del suo lavoro. E' il più bravo, ma non ne trae soddisfazione. Gli viene assegnata l'eliminazione della ladra, di cui però si innamora, probabilmente perché vede in lei l'opposto di quello che lui, malvolentieri, è diventato. Così invece di eliminarla, finisce per difenderla da chi la vuole uccidere, nascondendo a lei, e a un ragazzotto di passaggio che si trova invischiato nella vicenda, la sua attività. Dopo svariati accidenti, tra cui l'intervento del killer inglese numero due, cordialmente disprezzato dal numero uno, tutto finisce per il meglio.
Non avendo visto l'originale immagino che il contributo di Lucinda Coxon (sceneggiatura) si sia limitato a trasporre la vicenda a Londra, aggiungendo magari un pizzico di umorismo alla Monty Python, che traspare ad esempio nella breve sottotrama dedicata ad un pappagallo, e caratterizzando come tipica famiglia upper class molto british quella del protagonista.
Regia non particolarmente brillante di Jonathan Lynn ma che comunque gestisce in modo accettabile il buon cast che include Bill Nighy (il killer), Emily Blunt (la ladra), Rupert Grint (passava per caso), Rupert Everett (il truffato), Eileen Atkins (la madre del killer).
Il killer ammazza per tradizione di famiglia, spronato da una terribile madre, ma non è particolarmente soddisfatto del suo lavoro. E' il più bravo, ma non ne trae soddisfazione. Gli viene assegnata l'eliminazione della ladra, di cui però si innamora, probabilmente perché vede in lei l'opposto di quello che lui, malvolentieri, è diventato. Così invece di eliminarla, finisce per difenderla da chi la vuole uccidere, nascondendo a lei, e a un ragazzotto di passaggio che si trova invischiato nella vicenda, la sua attività. Dopo svariati accidenti, tra cui l'intervento del killer inglese numero due, cordialmente disprezzato dal numero uno, tutto finisce per il meglio.
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