Ricapitolando, siamo all'inizio della quarta stagione della nuova serie di Doctor Who, giunto ormai alla sua decima incarnazione (David Tennant). La sua prima compagna di viaggio, Rose Tyler (Billie Piper), ha resistito per due stagioni, sopportando persino un cambio di sembiante (era partita col nono, Christopher Eccleston), ma è poi finita in un universo parallelo, che pare irraggiungibile. C'è poco da dire, tra i due è scoccato l'amore. Il Dottore non è più farfallino come nelle prime puntate, al punto che la nuova compagna della terza stagione, Martha Jones (Freema Agyeman), stufa di essere trattata con distacco e di sentirsi dire di continuo quanto Rose fosse eccezionale, lo molla alla fine dell'annata. Lo speciale natalizio aveva quasi fatto pensare che una umanoide dal pianeta Sto, tale Astrid Peth (Kylie Minogue!), avrebbe potuto lenire i dolori del Signore del Tempo, ma purtroppo la povera Astrid ha un altro destino.
Il Dottore è piuttosto giù, considerando anche che nel finale della stagione precedente aveva pure incontrato un altro Signore del Tempo, il Master (John Simm), che però è andato completamente fuori di testa, e preferisce la morte alla possibilità di passare il resto del tempo con il suo unico simile rimasto nell'universo (fino a prova contraria, almeno).
Partners in crime - Adipose Industries
Nella puntata di natale tra la seconda e la terza stagione, subito dopo la sparizione di Rose, avevamo fatto la conoscenza di Donna Noble (Catherine Tate), una tipetta dal carattere molto marcato. Il Dottore gli aveva proposto di fare qualche viaggetto, ma Donna l'aveva mandato a stendere. Nel frattempo ci ha ripensato, ma non tanto per il fascino del personaggio, quanto per il desiderio di avventura che, come ben sappiamo, dalle parti del Dottore non manca mai.
Il Dottore cerca di dissuaderla, dicendole che sta cercando solo un "mate" (amico, compagno d'avventura), lei capisce invece che lui stia cercando "to mate" (di accoppiarsi), e lo rimanda a quel paese. Chiarito l'equivoco, i due partono verso sul TARDIS.
Anche la storia principale di questa puntata ha un equivoco al suo fondo. Una strana razza aliena, gli Adipose, hanno bisogno del grasso umano per creare una nuova loro generazione. Tutto potrebbe filare con gran gioia da entrambe le parti, ma un errore di comunicazione fa rischiare una catastrofe.
I piccoli alieni, buffe palle di lardo (umano) animate con la grafica al computer, hanno un loro spazio abbastanza riuscito che include una marcia per le vie di Londra e una levitazione di massa verso la loro astronave.
Nel finale c'è pure una fugace apparizione di Rose, che fa pensare che la separazione tra i due universi non sia poi così definitiva.
The fires of Pompeii - Le fiamme di Pompei
Primo viaggio nel tempo della nuova coppia. Il TARDIS, come gli accade spesso, fa un piccolo errore nello spazio e nel tempo, e invece di portarli nella Roma imperiale, li porta a Pompei, proprio il giorno prima dell'eruzione. I due finiscono a casa di un commerciante di marmi, tale Lucius Caecilius Iucundus che è interpretato da niente meno che Peter Capaldi, ovvero colui che sarà il dodicesimo dottore.
Il Dottore sa, ovviamente, che Pompei è destinata ad essere distrutta dal vulcano, e sa anche che non può impedirlo senza causare un disastroso paradosso temporale, e deve faticare per convincere Donna all'ineluttabilità dell'evento. Solo che scopre che una bizzarra razza aliena, i Pirofili, hanno altri piani, e stanno brigando per usare l'energia del vulcano per conquistare il mondo. In mezzo, poi, si mettono oracoli e sibille che, come spesso accade, per una briciola di potere non si accorgono che rischiano di perdere tutto quanto.
Planet of the Ood - La canzone degli Ood
Avevamo già incontrato gli Ood in passato, quando il Dottore, in un succoso doppio episodio, aveva dovuto confrontarsi addirittura col demonio, o almeno con un alieno che si spacciava per tale. Al tempo gli Ood sembravano solo strani, troppo servizievoli per sembrare veri. E in effetti qui ci viene spiegato che c'è del marcio sul pianeta degli Ood.
Scopriamo infatti che i poveri Ood, esseri molto gentili, sono ridotti in schiavitù da umani privi di scrupoli che ne hanno danneggiato l'essenza, per renderli commerciabili.
Nel finale di episodio al Dottore viene vaticinata vita breve. L'undicesimo dottore non è lontano, dunque.
Doctor Who - Stagione 4 / Speciale di Natale
Tradizione vuole che nel periodo di interregno tra una stagione del Doctor Who e la successiva, gli appassionati vengano rabboniti con un episodio più lungo del normale che ha luogo invariabilmente a Londra e a Natale. Tradizione vuole anche che sia pure trasmesso per Natale, così che lo spettatore della prima, in un qual modo, assista in diretta alla narrazione.
E' pure tradizione che l'episodio non venga considerato parte della stagione precedente (in questo caso, la terza) ma della successiva (ovvero la quarta). Abbiamo così la stranezza temporale che l'episodio di Natale 2007 viene considerato parte della stagione 2008. Sono cose che ci si può aspettare quando c'è di mezzo un Signore del Tempo. Questo sfasamento si sposa bene anche con i cambiamenti di cast, nel senso che questa volta, ad esempio, Martha ha deciso di lasciar solo il Dottore nel TARDIS nel finale dell'ultimo episodio e qui lo vediamo, per l'appunto, in cerca di una nuova compagna.
Meno consueto è che lo speciale sia preceduto da un breve episodio:
Time crash
Per quel che ne so inedito in Italia, ma lo si può vedere in originale anche su YouTube:
E' più che altro l'omaggio del decimo dottore (David Tennant) al quinto (Peter Davison), i due si incontrano nel TARDIS a causa di una bizzarra sovrapposizione che crea un paradosso temporale destinato a causare (chissà perché) un buco nero. Catastrofe evitata grazie al fatto che il decimo dottore ricorda quello che il quinto dottore aveva fatto in questo caso (generare chissà come una supernova che, chissà come mai, annulla il potere distruttivo del buco nero). Ovviamente il quinto non ha idea di cosa sta capitando, evidentemente lo elaborerà in seguito, creando il ricordo che il decimo userà a tempo debito.
Il viaggio dei dannati - Voyage of the Damned
Il TARDIS si scontra con il Titanic. Non la nave originale, ma una replica costruita da una compagnia del pianeta Sto dedita al turismo interstellare. Il nome dell'astronave sembra mal scelto, ma scopriamo in breve che il perfido Max Capricorn l'ha scelto con ragion debita.
Dall'inevitabile catastrofe si salverà inizialmente un piccolo gruppo, destinato però ad assottigliarsi ancor di più, con gran sconforto del Dottore. A questo si sommi il rischio della distruzione dell'intero pianeta Terra, a partire da Buckingham Palace completo di Regina (appositamente restata per sfidare la maledizione dell'attacco natalizio extraterrestre). Tra le perdite dell'ultimo momento va segnalata quella di Astrid Peth, semplice cameriera, ma con cui si era creato un ottimo feeling col Dottore, e che è interpretata da Kylie Minogue.
E' pure tradizione che l'episodio non venga considerato parte della stagione precedente (in questo caso, la terza) ma della successiva (ovvero la quarta). Abbiamo così la stranezza temporale che l'episodio di Natale 2007 viene considerato parte della stagione 2008. Sono cose che ci si può aspettare quando c'è di mezzo un Signore del Tempo. Questo sfasamento si sposa bene anche con i cambiamenti di cast, nel senso che questa volta, ad esempio, Martha ha deciso di lasciar solo il Dottore nel TARDIS nel finale dell'ultimo episodio e qui lo vediamo, per l'appunto, in cerca di una nuova compagna.
Meno consueto è che lo speciale sia preceduto da un breve episodio:
Time crash
Per quel che ne so inedito in Italia, ma lo si può vedere in originale anche su YouTube:
E' più che altro l'omaggio del decimo dottore (David Tennant) al quinto (Peter Davison), i due si incontrano nel TARDIS a causa di una bizzarra sovrapposizione che crea un paradosso temporale destinato a causare (chissà perché) un buco nero. Catastrofe evitata grazie al fatto che il decimo dottore ricorda quello che il quinto dottore aveva fatto in questo caso (generare chissà come una supernova che, chissà come mai, annulla il potere distruttivo del buco nero). Ovviamente il quinto non ha idea di cosa sta capitando, evidentemente lo elaborerà in seguito, creando il ricordo che il decimo userà a tempo debito.
Il viaggio dei dannati - Voyage of the Damned
Il TARDIS si scontra con il Titanic. Non la nave originale, ma una replica costruita da una compagnia del pianeta Sto dedita al turismo interstellare. Il nome dell'astronave sembra mal scelto, ma scopriamo in breve che il perfido Max Capricorn l'ha scelto con ragion debita.
Dall'inevitabile catastrofe si salverà inizialmente un piccolo gruppo, destinato però ad assottigliarsi ancor di più, con gran sconforto del Dottore. A questo si sommi il rischio della distruzione dell'intero pianeta Terra, a partire da Buckingham Palace completo di Regina (appositamente restata per sfidare la maledizione dell'attacco natalizio extraterrestre). Tra le perdite dell'ultimo momento va segnalata quella di Astrid Peth, semplice cameriera, ma con cui si era creato un ottimo feeling col Dottore, e che è interpretata da Kylie Minogue.
Greta
Visto su suggerimento di collega che, essendo molto più giovane del sottoscritto, conosceva la protagonista, Hilary Duff, a me ignota per questioni anagrafiche. Infatti credo che la Duff debba la sua fama alla serie televisiva Lizzie McGuire, produzione Walt Disney trasmessa dal 2001, quando Hilary era una ragazzina non ancora quattordicenne. Il passaggio dalla serie al grande schermo è stato breve, via Lizzie McGuire - Da liceale a popstar, del 2003, che non ha entusiasmato la critica ma ha fatto felici gli azionisti della Disney.
Greta sembra un tentativo di mostrare come la Duff possa affrontare personaggi di maggior spessore. Da notare che si tratta di una produzione indipendente, a bassissimo costo (per gli standard americani, da noi sarebbe un medio budget), che deve essere riuscita ad arrivare in porto perché la Duff stessa ci ha creduto al punto da farsi coinvolgere nella produzione.
Nonostante i limiti di portafoglio, il cast comprende anche un non-sconosciuto, Michael Murphy (nonno), una passata premio Oscar (su sei nomination), Ellen Burstyn (nonna - la migliore interpretazione del lotto, come era lecito aspettarsi), e pure Melissa Leo (madre - poco più che un cameo) che si guadagnerà il suo Oscar nel 2011. Più debole la parte creativa, con la sceneggiatura affidata a Michael Gilvary e la regia a Nancy Bardawil. Per entrambi si tratta di un debutto.
Non sono sicuro se Greta sia il titolo italiano, visto che il film è sbarcato da noi direttamente in televisione, saltando il grande schermo e pure la distribuzione su DVD. Chi fosse interessato, lo trova però facilmente (magia del mercato unico europeo) e a prezzi risibilmente bassi nei soliti canali distributivi - anche se in lingua originale.
Per la serie mal comune mezzo gaudio, anche gli anglofoni hanno vita complicata nell'identificare il film, visto che la prima uscita l'ha fatta come Greta, ma poi il titolo è stato cambiato in According to Greta (come dire, La versione di Greta, o Secondo Greta) per poi essere distribuito in alcuni Paesi con ancora un altro titolo, Surviving summer (Sopravvivere all'estate).
La storia è per l'appunto quella di Greta (la Duff), una immatura sedicenne newyorkese che pensa di essere la persona più disgraziata al mondo, pur avendo nel contempo un'altissima stima di sé stessa. Qualche motivo di lagnarsi della sua esistenza ce l'ha, a dire il vero, mancandogli il padre ed essendo emotivamente molto distante dalla madre. Però, che diamine, il suo essere adolescente di famiglia benestante a New York dovrebbe farle mettere le cose in prospettiva.
L'azione inizia con lei in viaggio verso il New Jersey, da lei descritto come un incrocio tra la Siberia e l'inferno, in direzione dei nonni materni, mandata (non certo come premio) dalla madre che sta cercando di salvare il suo terzo matrimonio (scopriremo più avanti che la sua pestifera figlia, che vede il patrigno come rivale, tra l'altro ha dato fuoco alla sua ventiquattrore). Da notare che la destinazione è Ocean Grove, paesino molto tranquillo e ignoto ai più che però confina con la turbolenta Ashbury Park, che è invece nota in tutto il mondo grazie a Bruce Springsteen.
L'incontro/scontro tra Greta e la vita reale porterà, dopo alcune vicissitudini, ad una crescita del suo carattere. Interessante che il cambiamento non sarà solo suo, ma la sua inquietudine avrà l'effetto positivo di risolvere antiche ruggini all'interno dell'intera famiglia della protagonista.
Greta sembra un tentativo di mostrare come la Duff possa affrontare personaggi di maggior spessore. Da notare che si tratta di una produzione indipendente, a bassissimo costo (per gli standard americani, da noi sarebbe un medio budget), che deve essere riuscita ad arrivare in porto perché la Duff stessa ci ha creduto al punto da farsi coinvolgere nella produzione.
Nonostante i limiti di portafoglio, il cast comprende anche un non-sconosciuto, Michael Murphy (nonno), una passata premio Oscar (su sei nomination), Ellen Burstyn (nonna - la migliore interpretazione del lotto, come era lecito aspettarsi), e pure Melissa Leo (madre - poco più che un cameo) che si guadagnerà il suo Oscar nel 2011. Più debole la parte creativa, con la sceneggiatura affidata a Michael Gilvary e la regia a Nancy Bardawil. Per entrambi si tratta di un debutto.
Non sono sicuro se Greta sia il titolo italiano, visto che il film è sbarcato da noi direttamente in televisione, saltando il grande schermo e pure la distribuzione su DVD. Chi fosse interessato, lo trova però facilmente (magia del mercato unico europeo) e a prezzi risibilmente bassi nei soliti canali distributivi - anche se in lingua originale.
Per la serie mal comune mezzo gaudio, anche gli anglofoni hanno vita complicata nell'identificare il film, visto che la prima uscita l'ha fatta come Greta, ma poi il titolo è stato cambiato in According to Greta (come dire, La versione di Greta, o Secondo Greta) per poi essere distribuito in alcuni Paesi con ancora un altro titolo, Surviving summer (Sopravvivere all'estate).
La storia è per l'appunto quella di Greta (la Duff), una immatura sedicenne newyorkese che pensa di essere la persona più disgraziata al mondo, pur avendo nel contempo un'altissima stima di sé stessa. Qualche motivo di lagnarsi della sua esistenza ce l'ha, a dire il vero, mancandogli il padre ed essendo emotivamente molto distante dalla madre. Però, che diamine, il suo essere adolescente di famiglia benestante a New York dovrebbe farle mettere le cose in prospettiva.
L'azione inizia con lei in viaggio verso il New Jersey, da lei descritto come un incrocio tra la Siberia e l'inferno, in direzione dei nonni materni, mandata (non certo come premio) dalla madre che sta cercando di salvare il suo terzo matrimonio (scopriremo più avanti che la sua pestifera figlia, che vede il patrigno come rivale, tra l'altro ha dato fuoco alla sua ventiquattrore). Da notare che la destinazione è Ocean Grove, paesino molto tranquillo e ignoto ai più che però confina con la turbolenta Ashbury Park, che è invece nota in tutto il mondo grazie a Bruce Springsteen.
L'incontro/scontro tra Greta e la vita reale porterà, dopo alcune vicissitudini, ad una crescita del suo carattere. Interessante che il cambiamento non sarà solo suo, ma la sua inquietudine avrà l'effetto positivo di risolvere antiche ruggini all'interno dell'intera famiglia della protagonista.
La parte degli angeli
Se non mi sbaglio, il precedente film firmato Ken Loach che ho visto è Terra e libertà, l'ultimo prima dell'inizio di una lunga collaborazione con Paul Laverty. Mi viene dunque il dubbio che l'ammorbidimento di Loach che ho riscontrato qui non sia roba proprio recentissima.
Se la prima parte sembra un suo classico film di vent'anni fa, anche se permeato da un maggior umoristico disincanto, la parte centrale mette in ombra la critica sociale per dedicarsi a qualcosa che assomiglia ad un heist movie alla Ocean's eleven incrociato con i film d'occasione turistica, tipo Il cammino per Santiago, finale pure a doppio filo, combattuto com'è tra la redenzione agiografica del protagonista e la gioiosa autodistruttività dei comprimari.
La storia è quella di un teppistello scozzese che dopo essersi fatto alcuni anni di meritata galera vorrebbe mettere la testa a posto, grazie anche all'influsso positivo della sua donna, da cui aspetta il figlio. Lo stato di lei, proprio all'inizio del film, lo salva dal ritorno in gattabuia, ma è l'ultimo avviso, è ben chiaro anche a lui.
L'influsso dell'ambiente però è troppo forte, e sembra che solo un miracolo lo possa salvare. Ci penseranno gli angeli, quegli stessi che, come vuole tradizione, si sbevazzano metaforicamente la loro fetta della produzione del whisky locale a salvarlo dal degrado della periferia di Glasgow.
Se la prima parte sembra un suo classico film di vent'anni fa, anche se permeato da un maggior umoristico disincanto, la parte centrale mette in ombra la critica sociale per dedicarsi a qualcosa che assomiglia ad un heist movie alla Ocean's eleven incrociato con i film d'occasione turistica, tipo Il cammino per Santiago, finale pure a doppio filo, combattuto com'è tra la redenzione agiografica del protagonista e la gioiosa autodistruttività dei comprimari.
La storia è quella di un teppistello scozzese che dopo essersi fatto alcuni anni di meritata galera vorrebbe mettere la testa a posto, grazie anche all'influsso positivo della sua donna, da cui aspetta il figlio. Lo stato di lei, proprio all'inizio del film, lo salva dal ritorno in gattabuia, ma è l'ultimo avviso, è ben chiaro anche a lui.
L'influsso dell'ambiente però è troppo forte, e sembra che solo un miracolo lo possa salvare. Ci penseranno gli angeli, quegli stessi che, come vuole tradizione, si sbevazzano metaforicamente la loro fetta della produzione del whisky locale a salvarlo dal degrado della periferia di Glasgow.
Doctor Who - Stagione 3 / Finale
Finale di stagione con un giga episodio in ben tre parti che però non è che mi abbia entusiasmato. Si chiudono alcuni fili che erano rimasti pendenti, Martha (Freema Agyeman), la compagna di viaggio del decimo Dottore (David Tennant) di questa stagione perde definitivamente la pazienza e decide di chiudere qua la sua avventura (ma prima, incidentalmente, salva il mondo, se non addirittura la galassia), riappare il Capitano Jack Harkness (John Barrowman) che aiuta anche a rafforzare il legame tra questa serie e lo spin-off Torchwood, si compie la profezia della Faccia di Boe, e altre cosettine.
Utopia
Il trattamento a cui Rose (Billie Piper) ai tempi in cui era ancora compagna di viaggio del nono dottore (Christopher Eccleston) ha sottoposto il Capitano, episodio finale della prima stagione Padroni dell'universo, ha avuto l'effetto di renderlo immortale, o per lo meno di creargli un complicato rapporto con la morte. Questa sua caratteristica lo rende sgradevole ai Signori del Tempo e pure al TARDIS, e dunque succede che quando il Capitano cerca di acchiappare il Dottore, dopo averlo inseguito per qualche secolo (del suo tempo, per noi sono stati solo pochi anni) causa la fuga del TARDIS ad equipaggio completo fino ai limiti del tempo (almeno secondo quella che è l'idea degli sceneggiatori del Doctor Who, in particolare Russell T. Davies).
Curiosamente, anche qui esistono umani, e stanno cercando di abbandonare il corrente pianeta, condiviso con una razza poco socievole, i Futurekind (che sembrano una devoluzione degli umani), in uno scenario che ricorda quello di Mad Max. A guidare l'improbabile migrazione (si presume che l'universo stia tendendo alla morte tiepida dovuta al tendere a zero dell'entropia) c'è il professor Yana (Derek Jacobi), un benevolo scienziato con tracce di follia che sembrano poco pericolose, assistito da una simpatica insettona umanoide (Chipo Chung) caratterizzata da un buffo modo di parlare.
Il professore, però, avrebbe dovuto ricordare al Dottore le ultime parole della Faccia di Boe, episodio L'ingorgo, "You are not alone", di cui il suo nome, YANA, è l'acronimo. E infatti, usando il medesimo trucco che il Dottore aveva sperimentato nell'episodio doppio Natura umana, un suo temibile compare, il Maestro (in originale Master, che è forse meglio traducibile come Padrone) si è nascosto nel professor Yana per lunghissimi anni.
The sound of drums - Il suono dei tamburi
Per tutta la serie si è accennato ad un tal Saxon che stava facendo carriera politica, scopriamo qui che costui non era altri che il Maestro (John Simm) che è andato definitivamente fuori di testa e che ha congegnato un diabolico piano per impadronirsi prima del Regno Unito, poi del mondo, e infine dell'universo. Dottore, Martha e Capitano sono troppo in ritardo per impedirgli il primo passo, cercano di impedire il secondo, ma falliscono brutalmente. Il Maestro, spalleggiato da misteriosi esseri che lui chiama Toclafane (ma il Dottore contesta il nome, dichiarando che è inventato di sana pianta), ammazza il presidente degli USA, un decimo della popolazione mondiale, e il Capitano (ma tanto quello torna in vita di continuo). Il Dottore viene invecchiato di un centinaio d'anni, e ridotto in prigionia, in attesa di decidere cosa farne. Scampa solo Martha.
Last of the Time Lords - L'ultimo signore del tempo
Quasi come in un film sulla resistenza nella seconda guerra mondiale, Martha lavora nell'ombra per organizzare il riscatto, colpi di scena e controcolpi di scena, per arrivare al finale, con la resa dei conti tra il Maestro e il Dottore, che nel frattempo ha subito un secondo feroce invecchiamento che l'ha reso simile a Gollum del Signore degli Anelli.
Numerosi, fin troppi per il mio gusto, temi e spunti presentati. E' un po' il limite dei finali di stagione del Doctor Who. Questo continuo puntare a situazioni sempre più ingarbugliate mi pare eccessivo.
Sono comunque interessanti gli scorci di vita passata del Dottore, presentati per spiegare il personaggio del Maestro, considerando quanto lui sia normalmente restio a parlare del suo bel tempo andato. Da cui scopriamo, fra l'altro, che anche i Signori del Tempo non è che vivessero in una società perfetta, nonostante tutto il loro evolversi.
Utopia
Il trattamento a cui Rose (Billie Piper) ai tempi in cui era ancora compagna di viaggio del nono dottore (Christopher Eccleston) ha sottoposto il Capitano, episodio finale della prima stagione Padroni dell'universo, ha avuto l'effetto di renderlo immortale, o per lo meno di creargli un complicato rapporto con la morte. Questa sua caratteristica lo rende sgradevole ai Signori del Tempo e pure al TARDIS, e dunque succede che quando il Capitano cerca di acchiappare il Dottore, dopo averlo inseguito per qualche secolo (del suo tempo, per noi sono stati solo pochi anni) causa la fuga del TARDIS ad equipaggio completo fino ai limiti del tempo (almeno secondo quella che è l'idea degli sceneggiatori del Doctor Who, in particolare Russell T. Davies).
Curiosamente, anche qui esistono umani, e stanno cercando di abbandonare il corrente pianeta, condiviso con una razza poco socievole, i Futurekind (che sembrano una devoluzione degli umani), in uno scenario che ricorda quello di Mad Max. A guidare l'improbabile migrazione (si presume che l'universo stia tendendo alla morte tiepida dovuta al tendere a zero dell'entropia) c'è il professor Yana (Derek Jacobi), un benevolo scienziato con tracce di follia che sembrano poco pericolose, assistito da una simpatica insettona umanoide (Chipo Chung) caratterizzata da un buffo modo di parlare.
Il professore, però, avrebbe dovuto ricordare al Dottore le ultime parole della Faccia di Boe, episodio L'ingorgo, "You are not alone", di cui il suo nome, YANA, è l'acronimo. E infatti, usando il medesimo trucco che il Dottore aveva sperimentato nell'episodio doppio Natura umana, un suo temibile compare, il Maestro (in originale Master, che è forse meglio traducibile come Padrone) si è nascosto nel professor Yana per lunghissimi anni.
The sound of drums - Il suono dei tamburi
Per tutta la serie si è accennato ad un tal Saxon che stava facendo carriera politica, scopriamo qui che costui non era altri che il Maestro (John Simm) che è andato definitivamente fuori di testa e che ha congegnato un diabolico piano per impadronirsi prima del Regno Unito, poi del mondo, e infine dell'universo. Dottore, Martha e Capitano sono troppo in ritardo per impedirgli il primo passo, cercano di impedire il secondo, ma falliscono brutalmente. Il Maestro, spalleggiato da misteriosi esseri che lui chiama Toclafane (ma il Dottore contesta il nome, dichiarando che è inventato di sana pianta), ammazza il presidente degli USA, un decimo della popolazione mondiale, e il Capitano (ma tanto quello torna in vita di continuo). Il Dottore viene invecchiato di un centinaio d'anni, e ridotto in prigionia, in attesa di decidere cosa farne. Scampa solo Martha.
Last of the Time Lords - L'ultimo signore del tempo
Quasi come in un film sulla resistenza nella seconda guerra mondiale, Martha lavora nell'ombra per organizzare il riscatto, colpi di scena e controcolpi di scena, per arrivare al finale, con la resa dei conti tra il Maestro e il Dottore, che nel frattempo ha subito un secondo feroce invecchiamento che l'ha reso simile a Gollum del Signore degli Anelli.
Numerosi, fin troppi per il mio gusto, temi e spunti presentati. E' un po' il limite dei finali di stagione del Doctor Who. Questo continuo puntare a situazioni sempre più ingarbugliate mi pare eccessivo.
Sono comunque interessanti gli scorci di vita passata del Dottore, presentati per spiegare il personaggio del Maestro, considerando quanto lui sia normalmente restio a parlare del suo bel tempo andato. Da cui scopriamo, fra l'altro, che anche i Signori del Tempo non è che vivessero in una società perfetta, nonostante tutto il loro evolversi.
Il mio piede sinistro
"Chi più di me?", soleva chiedersi (e chiederci) un mio amico che riteneva aver subito una tal cosmica ingiustizia da renderlo unico al mondo. In realtà era stato semplicemente mollato da quella che lui riteneva essere la sua metà mancante di platonica memoria. Esperienza estremamente dolorosa, non c'è che dire, ma che buona parte dell'umanità ha avuto modo di sperimentare. Sarebbe stato inutile, ma gli si sarebbe potuto rispondere Christy Brown, personaggio di cui il film in questione racconta la storia.
Il povero diavolo nacque negli anni trenta in un sobborgo di Dublino con una paralisi cerebrale. Senza andar troppo per il sottile, i medici pensavano che l'attività mentale di Christy fosse completamente compromessa e non lasciarono alcuna speranza ai genitori, i quali però decisero di non rinchiuderlo in un istituto ma di portarlo comunque a casa. Fatto è che Christy capiva, solo che non riusciva ad esprimersi, sia perché l'unico arto che riusciva a comandare era il suo piede sinistro, sia perché nessuno si era sognato di insegnargli alcunché, ritenendola fatica sprecata.
Capita quindi che una sua eroica ricerca di aiuto per la madre in pericolo non venga compresa (la madre si salverà, ma penseranno che sia stato per puro caso), e le sue capacità matematiche non vengano comprese.
Con grandissima pazienza, e grazie anche a qualche incontro fortunato, Christy riesce a trovare una sua via, prima nella pittura, e poi nella scrittura. Il film, che è raccontato tutto in flash-back, si concluderà con il suo incontro che una donna che finirà per sposare. Ci sarebbe da aggiungere che il matrimonio non durerà moltissimo, causa morte prematura di lui, ma si può capire come gli sceneggiatori (Shane Connaughton e Jim Sheridan, che ha anche curato la regia) abbiano preferito glissare sul finale.
Storia ad alto tenore emotivo, non gestita al meglio da Sheridan, che era al suo primo lavoro, ma che può contare sulla superba interpretazione dei due protagonisti, Brenda Fricker nel ruolo della madre e soprattutto Daniel Day-Lewis alla sua definitiva consacrazione come grande attore, entrambi premiati con l'Oscar.
Colonna sonora non particolarmente interessante, nonostante sia firmata da Elmer Bernstein, ma rallegrata da pezzi di repertorio, in particolare da una esecuzione solo strumentale per il lied Die Forelle di Schubert (brano molto usato, vedi anche il secondo episodio dello Sherlock Holmes di Guy Ritchy), a sottolineare proprio un tentativo di "pesca" da parte del protagonista.
Il povero diavolo nacque negli anni trenta in un sobborgo di Dublino con una paralisi cerebrale. Senza andar troppo per il sottile, i medici pensavano che l'attività mentale di Christy fosse completamente compromessa e non lasciarono alcuna speranza ai genitori, i quali però decisero di non rinchiuderlo in un istituto ma di portarlo comunque a casa. Fatto è che Christy capiva, solo che non riusciva ad esprimersi, sia perché l'unico arto che riusciva a comandare era il suo piede sinistro, sia perché nessuno si era sognato di insegnargli alcunché, ritenendola fatica sprecata.
Capita quindi che una sua eroica ricerca di aiuto per la madre in pericolo non venga compresa (la madre si salverà, ma penseranno che sia stato per puro caso), e le sue capacità matematiche non vengano comprese.
Con grandissima pazienza, e grazie anche a qualche incontro fortunato, Christy riesce a trovare una sua via, prima nella pittura, e poi nella scrittura. Il film, che è raccontato tutto in flash-back, si concluderà con il suo incontro che una donna che finirà per sposare. Ci sarebbe da aggiungere che il matrimonio non durerà moltissimo, causa morte prematura di lui, ma si può capire come gli sceneggiatori (Shane Connaughton e Jim Sheridan, che ha anche curato la regia) abbiano preferito glissare sul finale.
Storia ad alto tenore emotivo, non gestita al meglio da Sheridan, che era al suo primo lavoro, ma che può contare sulla superba interpretazione dei due protagonisti, Brenda Fricker nel ruolo della madre e soprattutto Daniel Day-Lewis alla sua definitiva consacrazione come grande attore, entrambi premiati con l'Oscar.
Colonna sonora non particolarmente interessante, nonostante sia firmata da Elmer Bernstein, ma rallegrata da pezzi di repertorio, in particolare da una esecuzione solo strumentale per il lied Die Forelle di Schubert (brano molto usato, vedi anche il secondo episodio dello Sherlock Holmes di Guy Ritchy), a sottolineare proprio un tentativo di "pesca" da parte del protagonista.
Domenica, maledetta domenica
In originale, Sunday bloody sunday. Ma non ha nulla a che fare con l'omonima canzone-simbolo degli U2. Non ha ovviamente nemmeno niente a che fare con la fonte di ispirazione di Bono, la strage domenicale avvenuta a Derry (o Londonderry) il 30 gennaio 1972, visto che il film è uscito prima dei fatti.
Si tratta invece del resoconto delle esistenze piuttosto noiose dei tre personaggi principali che si trovano in un momento di stasi delle rispettive vite. I tre danno vita ad un anomalo triangolo amoroso, con uno swinger che si concede a fasi alterne all'uno o all'altro vertice. L'anomalia sta nel fatto che costui, Bob, un potenziale artista (Murray Head) sotto i trenta, passa con nonchalance da Alex, irrequieta consulente del lavoro (Glenda Jackson) a Daniel, posato medico generico (Peter Finch).
Bob, più o meno inconsciamente, si burla di entrambi, tenendoli in sospeso senza che mostri un reale interesse per l'uno o per l'altro. Al punto che nel finale molla entrambi (ma lasciandosi aperta una porticina per un possibile rientro) per andare negli USA, probabilmente New York, a cercar fortuna.
Probabilmente gli altri due poli sanno già da tempo che le cose finiranno così, Alex affronta la situazione con più cipiglio, aiutata anche dalla più giovane età (trentina abbondante), Daniel invece sembra più sul quietamente depresso, probabilmente rassegnato dopo una vita non propriamente felice (dovrebbe essere un over cinquanta), e forse ha una specie di riavvicinamento alla fede perduta (lo vediamo partecipare al Bar mitzvah del nipote, che ricollega al suo).
Regia misurata di John Schlesinger (che ci ha lasciato ormai dieci anni fa) che mi sembra attingere alla sceneggiatura (firmata da Penelope Gilliatt) per distribuire tra i personaggi i suoi ricordi personali. Gran parte dell'(in)azione è assorbita dall'attesa di Alex e Daniel per il sempre assente Bob, e resa da telefoni che suonano a lungo liberi senza che nessuno risponda.
Questo titolo rappresenta anche il debutto attoriale di Daniel Day-Lewis, pochi secondi nei panni di un giovanissimo vandalo che riga con un coccio le auto fuori da una chiesa.
Si tratta invece del resoconto delle esistenze piuttosto noiose dei tre personaggi principali che si trovano in un momento di stasi delle rispettive vite. I tre danno vita ad un anomalo triangolo amoroso, con uno swinger che si concede a fasi alterne all'uno o all'altro vertice. L'anomalia sta nel fatto che costui, Bob, un potenziale artista (Murray Head) sotto i trenta, passa con nonchalance da Alex, irrequieta consulente del lavoro (Glenda Jackson) a Daniel, posato medico generico (Peter Finch).
Bob, più o meno inconsciamente, si burla di entrambi, tenendoli in sospeso senza che mostri un reale interesse per l'uno o per l'altro. Al punto che nel finale molla entrambi (ma lasciandosi aperta una porticina per un possibile rientro) per andare negli USA, probabilmente New York, a cercar fortuna.
Probabilmente gli altri due poli sanno già da tempo che le cose finiranno così, Alex affronta la situazione con più cipiglio, aiutata anche dalla più giovane età (trentina abbondante), Daniel invece sembra più sul quietamente depresso, probabilmente rassegnato dopo una vita non propriamente felice (dovrebbe essere un over cinquanta), e forse ha una specie di riavvicinamento alla fede perduta (lo vediamo partecipare al Bar mitzvah del nipote, che ricollega al suo).
Regia misurata di John Schlesinger (che ci ha lasciato ormai dieci anni fa) che mi sembra attingere alla sceneggiatura (firmata da Penelope Gilliatt) per distribuire tra i personaggi i suoi ricordi personali. Gran parte dell'(in)azione è assorbita dall'attesa di Alex e Daniel per il sempre assente Bob, e resa da telefoni che suonano a lungo liberi senza che nessuno risponda.
Questo titolo rappresenta anche il debutto attoriale di Daniel Day-Lewis, pochi secondi nei panni di un giovanissimo vandalo che riga con un coccio le auto fuori da una chiesa.
Glory to the filmmaker!
Se qualcuno pensasse che questo film sia discontinuo, confuso, a tratti semplicemente brutto, non mi sentirei di dargli torto. La sua importanza credo stia nell'aver contribuito ad evitare il suicidio di un importante uomo di cinema, Takeshi Kitano, in attesa che si decida a produrre il capolavoro della sua vita (supponendo non l'abbia già fatto).
Credo di aver capito dalla lettura di un trafiletto sul New York Times (purtroppo non ho trovato niente di attinente sulLa Prealpina) che Kitano avrebbe descritto questo film come parte di un tentativo di distruggere creativamente la sua carriera cinematografica. Ha dedicato una intera trilogia allo scopo (il precedente Takeshis' e il successivo Achille e la tartaruga) senza per fortuna riuscire nello scopo, grazie soprattutto all'Europa (cfr. il finale di Hollywood ending di Woody Allen), e adesso sembra aver superato la fase critica, buttandosi in un'altra trilogia (Outrage, Outrage Beyond, e l'atteso capitolo finale) in cui torna a fare quello che è più nelle sue corde.
Nel caso specifico, il film inizia come una specie di rilettura di 8½, dove il dualismo tra regista reale e personaggio che lo rappresenta non è tra Federico Fellini e Guido Anselmi (a sua volta interpretato da Marcello Mastroianni), ma tra Takeshi Kitano e un regista di cui non sappiamo bene il nome, interpretato da Beat Takeshi (che è sempre Kitano). Il doppio Takeshi si sdoppia ancora, e sullo schermo quando Beat è in difficoltà si fa sostituire da un pupazzone vagamente somigliante.
Abbiamo dunque un regista che vorrebbe fare un film, invece di traccheggiare come Fellini, e di navigare nel profondo, Beat decide di abbandonare gli indugi e partire deciso con una serie di progetti, che si riveleranno uno più fallimentare dell'altro. Una rapida e spassosa carrellata tra diversi generi cinematografici, tutti interpretati alla Kitano, e tutti che finiscono con un gran punto di domanda e il suicidio-omicidio del pupazzone alias di Beat.
Infine il regista ha un colpo di genio, realizzare un film fantascientifico dove la grafica computerizzata spadroneggia. Un kolossal destinato a invadere gli schermi di tutto il mondo. Almeno questo in teoria. In pratica la sceneggiatura è bislacca (gli interpreti stessi a tratti si chiedono perplessi che diamine stia succedendo), gli effetti risibili, la continuità assente.
All'inizio di questo film nel film vediamo un meteorite che si sta avvicinando alla Terra (o alla simil-Terra a noi lontanissima), viene avvistata da alcuni astronomi che sembrano moderatamente preoccupati. Si apre quindi una lunga parentesi con vicende più o meno insensate di personaggi bislacchi che vengono chiuse con l'arrivo del meteorite che distrugge il pianeta, e dà una fine anche alle vicende dei film possibili che erano stati accennati all'inizio ma abbandonati.
Dalla Terra dolente emerge il titolo del film, in puro stile Monty Python, e c'è spazio solo per i titoli di coda.
Credo di aver capito dalla lettura di un trafiletto sul New York Times (purtroppo non ho trovato niente di attinente sulLa Prealpina) che Kitano avrebbe descritto questo film come parte di un tentativo di distruggere creativamente la sua carriera cinematografica. Ha dedicato una intera trilogia allo scopo (il precedente Takeshis' e il successivo Achille e la tartaruga) senza per fortuna riuscire nello scopo, grazie soprattutto all'Europa (cfr. il finale di Hollywood ending di Woody Allen), e adesso sembra aver superato la fase critica, buttandosi in un'altra trilogia (Outrage, Outrage Beyond, e l'atteso capitolo finale) in cui torna a fare quello che è più nelle sue corde.
Nel caso specifico, il film inizia come una specie di rilettura di 8½, dove il dualismo tra regista reale e personaggio che lo rappresenta non è tra Federico Fellini e Guido Anselmi (a sua volta interpretato da Marcello Mastroianni), ma tra Takeshi Kitano e un regista di cui non sappiamo bene il nome, interpretato da Beat Takeshi (che è sempre Kitano). Il doppio Takeshi si sdoppia ancora, e sullo schermo quando Beat è in difficoltà si fa sostituire da un pupazzone vagamente somigliante.
Abbiamo dunque un regista che vorrebbe fare un film, invece di traccheggiare come Fellini, e di navigare nel profondo, Beat decide di abbandonare gli indugi e partire deciso con una serie di progetti, che si riveleranno uno più fallimentare dell'altro. Una rapida e spassosa carrellata tra diversi generi cinematografici, tutti interpretati alla Kitano, e tutti che finiscono con un gran punto di domanda e il suicidio-omicidio del pupazzone alias di Beat.
Infine il regista ha un colpo di genio, realizzare un film fantascientifico dove la grafica computerizzata spadroneggia. Un kolossal destinato a invadere gli schermi di tutto il mondo. Almeno questo in teoria. In pratica la sceneggiatura è bislacca (gli interpreti stessi a tratti si chiedono perplessi che diamine stia succedendo), gli effetti risibili, la continuità assente.
All'inizio di questo film nel film vediamo un meteorite che si sta avvicinando alla Terra (o alla simil-Terra a noi lontanissima), viene avvistata da alcuni astronomi che sembrano moderatamente preoccupati. Si apre quindi una lunga parentesi con vicende più o meno insensate di personaggi bislacchi che vengono chiuse con l'arrivo del meteorite che distrugge il pianeta, e dà una fine anche alle vicende dei film possibili che erano stati accennati all'inizio ma abbandonati.
Dalla Terra dolente emerge il titolo del film, in puro stile Monty Python, e c'è spazio solo per i titoli di coda.
Doctor Who - Stagione 3 / 3
Se una crudele serie di eventi mi costringesse a disfarmi di tutti i DVD con le avventure del Dottore che ho già visto, permettendomi di salvarne solo uno, questo sarebbe il prescelto.
Due storie che sono completamente slegate dal filo conduttore della stagione, entrambe sono infatti basate su racconti precedentemente scritti, e adattati per l'occasione. La prima (che occupa due episodi) è basata su un romanzo scritto un decennio prima da Paul Cornell e che lo stesso ha adattato alla serie corrente. La seconda porta la firma di Steven Moffat, ed era una storia breve che lo stesso aveva scritto un anno prima.
Human nature, The family of blood - Natura umana
Per gran parte del tempo, il Dottore (David Tennant) non è un Signore del Tempo, ma un umano. Braccato nello spazio e nel tempo da una famiglia di esseri incorporei, che lo vogliono assimilare per diventare immortali, escogita il folle trucchetto di mutarsi cellula per cellula in un umano, e di immagazzinare temporaneamente la sua vera essenza in un sofisticato macchinario che sembra, in tutto e per tutto, un orologio da tasca. Diventa dunque (a tutti gli effetti, ha persino un solo cuore) uno svagato professore inglese di una scuola di provincia negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. Peggio va a Martha (Freema Agyeman), che si trova a dover recitare la parte della servetta di colore, in un periodo in cui essere donna, non bianca, e di casta bassa non era certo una passeggiata.
L'idea del Dottore era restare in questo stato pochi mesi, attendendo la morte naturale degli strani alieni che lo pedinano, istruendo Martha su come farlo ritornare in sé (basta aprire l'orologio). Ma, ovviamente, un paio di cose vanno storte. La Famiglia è più astuta (o disperata) di quanto il Dottore pensasse, e riescono a rintracciarlo nonostante il cambio di forma. L'orologio, che era protetto da un campo di forza che mi ha fatto pensare al "non è affar mio" della Guida Galattica di Douglas Adams, non sfugge alle attenzioni di uno studente, che pare dotato di una speciale capacità di percezione. Ma, peggio di tutto, il Dottore si è dimenticato di considerare il caso in cui il professore si innamorasse, cosa che puntualmente capita.
Il professore innamorato, dunque, non crede a Martha che gli dice che lui in realtà è quell'avventuriero galattico che gli appare in sogno di tanto in tanto, e non vuole nemmeno crederci, perché questo vorrebbe dire abbandonare la sua amata crocerossina (Jessica Hynes).
Alcune sottotrame di questa storia, debitamente sviluppate, sarebbero bastate da sole a giustificare un intero episodio. La storia del ragazzetto che ruba l'orologio, ad esempio, lo vediamo sul campo di battaglia della prima guerra mondiale (episodio che mi ha fatto pensare a Espiazione, avesse incontrato anche il Dottore!) e poi, vecchissimo ad una celebrazione della fine della guerra, vedere di lontano il Dottore e Martha venuti a salutarlo un ultima volta.
Blink - Colpo d'occhio
Un po' come nell'episodio Sulle tracce del mito - Love & monsters della seconda stagione, anche qui il Dottore e la sua compagna (là era Rose/Billie Piper) appaiono quasi di sfuggita. I cattivi qui sono gli Angeli Piangenti, raccapriccianti alieni che se li guardi assumono la forma e la sostanza di una statua di pietra ma, come chiudi gli occhi o ti volti, si muovono con mortale rapidità. Scopo di costoro è scaraventare esseri viventi nel passato, usando in questo modo la loro energia vitale. Tra le loro vittime c'è anche il Dottore e Martha, che vengono separati dal TARDIS, e non possono dunque più viaggiare nel tempo. Con un curioso (e autocontraddittorio, ma meglio non approfondire) trucco, e grazie alla collaborazione di un poliziotto che subisce il loro stesso destino, i nostri viaggiatori riescono ad imbastire una bizzarra discussione a distanza nel tempo con la vera protagonista dell'episodio (niente meno che Carey Mulligan, che già era apparsa in Orgoglio e pregiudizio, dove era Kitty Bennet, ma poco altro aveva fatto).
Incredibile come la tensione venga raggiunta con effetti speciali quasi risibili, notevole lo spessore emotivo ottenuto anche grazie alla Mulligan, che con i suoi occhioni sarebbe capace di sbriciolare anche un angelo di pietra.
Due storie che sono completamente slegate dal filo conduttore della stagione, entrambe sono infatti basate su racconti precedentemente scritti, e adattati per l'occasione. La prima (che occupa due episodi) è basata su un romanzo scritto un decennio prima da Paul Cornell e che lo stesso ha adattato alla serie corrente. La seconda porta la firma di Steven Moffat, ed era una storia breve che lo stesso aveva scritto un anno prima.
Human nature, The family of blood - Natura umana
Per gran parte del tempo, il Dottore (David Tennant) non è un Signore del Tempo, ma un umano. Braccato nello spazio e nel tempo da una famiglia di esseri incorporei, che lo vogliono assimilare per diventare immortali, escogita il folle trucchetto di mutarsi cellula per cellula in un umano, e di immagazzinare temporaneamente la sua vera essenza in un sofisticato macchinario che sembra, in tutto e per tutto, un orologio da tasca. Diventa dunque (a tutti gli effetti, ha persino un solo cuore) uno svagato professore inglese di una scuola di provincia negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. Peggio va a Martha (Freema Agyeman), che si trova a dover recitare la parte della servetta di colore, in un periodo in cui essere donna, non bianca, e di casta bassa non era certo una passeggiata.
L'idea del Dottore era restare in questo stato pochi mesi, attendendo la morte naturale degli strani alieni che lo pedinano, istruendo Martha su come farlo ritornare in sé (basta aprire l'orologio). Ma, ovviamente, un paio di cose vanno storte. La Famiglia è più astuta (o disperata) di quanto il Dottore pensasse, e riescono a rintracciarlo nonostante il cambio di forma. L'orologio, che era protetto da un campo di forza che mi ha fatto pensare al "non è affar mio" della Guida Galattica di Douglas Adams, non sfugge alle attenzioni di uno studente, che pare dotato di una speciale capacità di percezione. Ma, peggio di tutto, il Dottore si è dimenticato di considerare il caso in cui il professore si innamorasse, cosa che puntualmente capita.
Il professore innamorato, dunque, non crede a Martha che gli dice che lui in realtà è quell'avventuriero galattico che gli appare in sogno di tanto in tanto, e non vuole nemmeno crederci, perché questo vorrebbe dire abbandonare la sua amata crocerossina (Jessica Hynes).
Alcune sottotrame di questa storia, debitamente sviluppate, sarebbero bastate da sole a giustificare un intero episodio. La storia del ragazzetto che ruba l'orologio, ad esempio, lo vediamo sul campo di battaglia della prima guerra mondiale (episodio che mi ha fatto pensare a Espiazione, avesse incontrato anche il Dottore!) e poi, vecchissimo ad una celebrazione della fine della guerra, vedere di lontano il Dottore e Martha venuti a salutarlo un ultima volta.
Blink - Colpo d'occhio
Un po' come nell'episodio Sulle tracce del mito - Love & monsters della seconda stagione, anche qui il Dottore e la sua compagna (là era Rose/Billie Piper) appaiono quasi di sfuggita. I cattivi qui sono gli Angeli Piangenti, raccapriccianti alieni che se li guardi assumono la forma e la sostanza di una statua di pietra ma, come chiudi gli occhi o ti volti, si muovono con mortale rapidità. Scopo di costoro è scaraventare esseri viventi nel passato, usando in questo modo la loro energia vitale. Tra le loro vittime c'è anche il Dottore e Martha, che vengono separati dal TARDIS, e non possono dunque più viaggiare nel tempo. Con un curioso (e autocontraddittorio, ma meglio non approfondire) trucco, e grazie alla collaborazione di un poliziotto che subisce il loro stesso destino, i nostri viaggiatori riescono ad imbastire una bizzarra discussione a distanza nel tempo con la vera protagonista dell'episodio (niente meno che Carey Mulligan, che già era apparsa in Orgoglio e pregiudizio, dove era Kitty Bennet, ma poco altro aveva fatto).
Incredibile come la tensione venga raggiunta con effetti speciali quasi risibili, notevole lo spessore emotivo ottenuto anche grazie alla Mulligan, che con i suoi occhioni sarebbe capace di sbriciolare anche un angelo di pietra.
Doctor Who - Stagione 3 / 2
Il terzo DVD della terza annata delle nuove avventure del (presunto) unico superstite della stirpe dei Signori del Tempo presenta ben quattro puntate, organizzate in un imperdibile doppio episodio in cui prosegue lo scontro con i Dalek, un buon episodio in cui emerge un nuovo avversario del Dottore (tale Saxon, nome che già s'è fatto sentire nei precedenti episodi), e un episodio adrenalinico da cui però mi sarei aspettato qualcosa di diverso, colpa del titolo, probabilmente.
Daleks in Manhattan, Evolution of the Daleks - L'evoluzione dei Daleks
Il Dottore (decima reincarnazione - David Tennant) aveva promesso a Martha (Freema Agyeman) un solo viaggio sul TARDIS, come sorta di premio per il suo contributo alla soluzione di un delicato impiccio. Concluso il viaggio ai tempi di Shakespeare, ridefinisce il senso di viaggio, includendo una puntata nella New New (new new new ...) York del futuro remoto che già conoscevamo. Ma evidentemente gli risulta difficile staccarsi da Martha, in quanto bara di nuovo, approfittando del fatto che la gentil fanciulla avrebbe voluto vedere la vera New York facciamo un salto nella Big apple degli anni '30. In piena recessione, e nelle giornate in cui si stava completando la costruzione dell'Empire State Building. Stridente quanto mai il rapporto tra immensa disponibilità economica di pochi e miseria assoluta di molti. Ma non siamo qui per far sociologia o politica, bensì fantascienza. Capita infatti che la banda dei quattro Dalek che avevamo visto in azione nell'episodio natalizio ha trovato riparo in questa epoca, e ne stanno pensando una nuova per stabilire il loro dominio sul mondo prima, e poi sull'universo.
Il povero Dottore dovrà nuovamente affrontare lo stress psicologico di vedere una intera razza, fra l'altro in qualche modo a lui imparentata, distrutta dai Dalek. Tre dei quattro Dalek termineranno la loro travagliata esistenza, uno di loro dopo aver tentato di evolversi in forma umanoide.
Da notare la presenza, in un ruolo minore, di Andrew Garfield agli inizi di carriera, immediatamente prima del suo debutto sul grande schermo in Leoni per agnelli (è lo studente che Redford cerca di salvare da una vita di plastica).
The Lazarus Experiment - L'esperimento Lazarus
Finalmente il Dottore riporta a casa Martha. Si stanno per separare, anche se entrambi non sembrano realmente convinti che sia la cosa giusta da fare, quando scoprono che un tal dottor Lazarus sta per testare un procedimento (sponsorizzato dal Saxon sopra accennato) volto a ringiovanire sostanzialmente che vi si sottoponga. L'esperimento (compiuto sullo stesso Lazarus, come dottor Jekyll insegna) funziona, ma con un piccolo inciampo, con conseguente scia di morte, distruzione e desolazione.
Una serie di buffi fatterelli:
La sorella di Martha dice che il dottore è un "nerd". Dall'imbarazzo con cui Martha spiega il senso della parola dedurrei che ai tempi il termine aveva una valenza prevalentemente negativa (adesso non è più così, o forse è quello che mi dicono per consolarmi).
Il dottore si becca uno schiaffone dalla "suocera" che, come al solito, almeno inizialmente lo trova insopportabile.
Per sconfiggere il mostro del momento, una specie di gigantesco scorpione umanizzato, il dottore decide che deve suonare un organo di chiesa a piena potenza o, come dice lui, al livello 11. E' una evidente citazione da This is Spinal Tap di Rob Reiner, mockumentary che segue una balorda e inesistente rock band inglese che amano suonare al massimo livello. Anzi una tacca sopra il massimo livello.
Finita l'avventura, il Dottore propone a Martha un altro viaggio premio. Lei lo mette alle strette, o diventano compagni di viaggio, o lei se ne sta a casa.
42 - Impatto solare
Il titolo originale non può che far pensare alla Guida galattica per autostoppisti, ma è una falsa pista. Sono infatti i minuti che l'equipaggio dell'astronave su cui il Dottore e Martha sono stati portati dal TARDIS hanno a disposizione per evitare di finire di schiantarsi in una stella.
Checché ne dica il titolo italiano, non si tratta del nostro sole (il Dottore specifica che siamo a mezza galassia di distanza, e il tipo di motori della nave suggeriscono che non si tratta di un futuro troppo lontano), e dunque sarebbe più appropriato parlare di un generico impatto stellare.
Il Dottore conferma di essere un nerd, riconosce infatti al volo alcuni numeri come appartenenti alla famiglia dei numeri felici, roba da matematica ricreativa, chiosa lui stesso.
Ha invece dei dubbi se siano stati i Beatles o Elvis Presley a vendere più dischi prima della pubblicazione, e per trovare la risposta Martha deve telefonare alla madre, che continua a brontolare sulle amicizie della figlia.
Daleks in Manhattan, Evolution of the Daleks - L'evoluzione dei Daleks
Il Dottore (decima reincarnazione - David Tennant) aveva promesso a Martha (Freema Agyeman) un solo viaggio sul TARDIS, come sorta di premio per il suo contributo alla soluzione di un delicato impiccio. Concluso il viaggio ai tempi di Shakespeare, ridefinisce il senso di viaggio, includendo una puntata nella New New (new new new ...) York del futuro remoto che già conoscevamo. Ma evidentemente gli risulta difficile staccarsi da Martha, in quanto bara di nuovo, approfittando del fatto che la gentil fanciulla avrebbe voluto vedere la vera New York facciamo un salto nella Big apple degli anni '30. In piena recessione, e nelle giornate in cui si stava completando la costruzione dell'Empire State Building. Stridente quanto mai il rapporto tra immensa disponibilità economica di pochi e miseria assoluta di molti. Ma non siamo qui per far sociologia o politica, bensì fantascienza. Capita infatti che la banda dei quattro Dalek che avevamo visto in azione nell'episodio natalizio ha trovato riparo in questa epoca, e ne stanno pensando una nuova per stabilire il loro dominio sul mondo prima, e poi sull'universo.
Il povero Dottore dovrà nuovamente affrontare lo stress psicologico di vedere una intera razza, fra l'altro in qualche modo a lui imparentata, distrutta dai Dalek. Tre dei quattro Dalek termineranno la loro travagliata esistenza, uno di loro dopo aver tentato di evolversi in forma umanoide.
Da notare la presenza, in un ruolo minore, di Andrew Garfield agli inizi di carriera, immediatamente prima del suo debutto sul grande schermo in Leoni per agnelli (è lo studente che Redford cerca di salvare da una vita di plastica).
The Lazarus Experiment - L'esperimento Lazarus
Finalmente il Dottore riporta a casa Martha. Si stanno per separare, anche se entrambi non sembrano realmente convinti che sia la cosa giusta da fare, quando scoprono che un tal dottor Lazarus sta per testare un procedimento (sponsorizzato dal Saxon sopra accennato) volto a ringiovanire sostanzialmente che vi si sottoponga. L'esperimento (compiuto sullo stesso Lazarus, come dottor Jekyll insegna) funziona, ma con un piccolo inciampo, con conseguente scia di morte, distruzione e desolazione.
Una serie di buffi fatterelli:
La sorella di Martha dice che il dottore è un "nerd". Dall'imbarazzo con cui Martha spiega il senso della parola dedurrei che ai tempi il termine aveva una valenza prevalentemente negativa (adesso non è più così, o forse è quello che mi dicono per consolarmi).
Il dottore si becca uno schiaffone dalla "suocera" che, come al solito, almeno inizialmente lo trova insopportabile.
Per sconfiggere il mostro del momento, una specie di gigantesco scorpione umanizzato, il dottore decide che deve suonare un organo di chiesa a piena potenza o, come dice lui, al livello 11. E' una evidente citazione da This is Spinal Tap di Rob Reiner, mockumentary che segue una balorda e inesistente rock band inglese che amano suonare al massimo livello. Anzi una tacca sopra il massimo livello.
Finita l'avventura, il Dottore propone a Martha un altro viaggio premio. Lei lo mette alle strette, o diventano compagni di viaggio, o lei se ne sta a casa.
42 - Impatto solare
Il titolo originale non può che far pensare alla Guida galattica per autostoppisti, ma è una falsa pista. Sono infatti i minuti che l'equipaggio dell'astronave su cui il Dottore e Martha sono stati portati dal TARDIS hanno a disposizione per evitare di finire di schiantarsi in una stella.
Checché ne dica il titolo italiano, non si tratta del nostro sole (il Dottore specifica che siamo a mezza galassia di distanza, e il tipo di motori della nave suggeriscono che non si tratta di un futuro troppo lontano), e dunque sarebbe più appropriato parlare di un generico impatto stellare.
Il Dottore conferma di essere un nerd, riconosce infatti al volo alcuni numeri come appartenenti alla famiglia dei numeri felici, roba da matematica ricreativa, chiosa lui stesso.
Ha invece dei dubbi se siano stati i Beatles o Elvis Presley a vendere più dischi prima della pubblicazione, e per trovare la risposta Martha deve telefonare alla madre, che continua a brontolare sulle amicizie della figlia.
Ernest & Celestine
Lui, Ernest, è scontroso, disordinato, caotico, confusionario. Dotato di gran forza e non altrettanto intelletto, preferisce usare la prima per risolvere le sue difficoltà. La famiglia lo avrebbe voluto magistrato, come il padre, lo zio, e chissà quanti altri in famiglia. Lui preferisce la musica e la vita del saltimbanco. E visto che è difficile raggranellare abbastanza per soddisfare il suo formidabile appetito, non disdegna nemmeno qualche furtarello.
Lei, Celestine, è una orfanella. Linda, precisina, agile, con una buona capacità analitica. Ama disegnare, ma sfortunatamente ci si aspetta che diventi una dentista, professione per la quale non ha alcuna capacità o interesse.
Ci si può ben immaginare che i due siano destinati ad incontrarsi e a far comunella, devono però superare una difficoltà che appare quasi insormontabile. Lui appartiene al Popolo Di Sopra (che a noi appaiono orsi umanoidi), e lei al Popolo Di Sotto (topini umanizzati). Pur essendo specie con una sorta di simbiosi (la fatina del dentino degli orsi è un topo che procura la materia prima ai topo-dentisti) hanno una pessima relazione. O meglio, entrambi hanno un profondo e ingiustificato terrore gli uni degli altri.
Se i due protagonisti superano la barriera senza grossi problemi, almeno dopo il tentativo del famelico Ernest di mangiarsi la topina in un sol boccone, più difficile far andar giù la relazione interrazziale ai due popoli, che la osteggiano con irrazionale veemenza.
Il tutto è narrato in forma di animazione basata su disegni che fanno pensare a quegli album di racconti per i più piccini con acquarelli dalle sfumate tinte pastello.
La storia è di Daniel Pennac (niente meno).
Lei, Celestine, è una orfanella. Linda, precisina, agile, con una buona capacità analitica. Ama disegnare, ma sfortunatamente ci si aspetta che diventi una dentista, professione per la quale non ha alcuna capacità o interesse.
Ci si può ben immaginare che i due siano destinati ad incontrarsi e a far comunella, devono però superare una difficoltà che appare quasi insormontabile. Lui appartiene al Popolo Di Sopra (che a noi appaiono orsi umanoidi), e lei al Popolo Di Sotto (topini umanizzati). Pur essendo specie con una sorta di simbiosi (la fatina del dentino degli orsi è un topo che procura la materia prima ai topo-dentisti) hanno una pessima relazione. O meglio, entrambi hanno un profondo e ingiustificato terrore gli uni degli altri.
Se i due protagonisti superano la barriera senza grossi problemi, almeno dopo il tentativo del famelico Ernest di mangiarsi la topina in un sol boccone, più difficile far andar giù la relazione interrazziale ai due popoli, che la osteggiano con irrazionale veemenza.
Il tutto è narrato in forma di animazione basata su disegni che fanno pensare a quegli album di racconti per i più piccini con acquarelli dalle sfumate tinte pastello.
La storia è di Daniel Pennac (niente meno).
Swimming pool
E' uno di quei film di cui bisogna aspettare con pazienza la fine, altrimenti è ben difficile trovare una chiave interpretativa che permetta di aprire porte che sembrano non aprirsi, o farlo con fatica.
Un altro fattore di interesse è che si tratta di un film molto francese, ma la cui lingua principale è l'inglese. La sceneggiatura, infatti, è scritta François Ozon (anche regista) con il supporto di Emmanuèle Bernheim, ma è stata rivista e adattata da Sionann O'Neill. Direi che questo mostri quanto il cinema francese sia capace di adattarsi alle richieste commerciali moderne, senza perdere la propria specificità.
L'azione si svolge in tre tempi. Inizio a Londra, blocco centrale nella provincia francese, finale nuovamente a Londra. Quel che succede in Inghilterra sembra essere solidamente ancorato nella realtà, fra l'altro la prima scena, ambientata nella metropolitana londinese, è girata in uno stile quasi documentaristico. Mentre su quello che succede in Francia pesa una grande incertezza. Realtà e fantasia si mescolano senza che la regia dica esplicitamente cosa sia avvenuto per davvero e cosa no. Dobbiamo essere noi, una volta finita la pellicola, a ragionare su quel che abbiamo visto e trarre le nostre conclusioni.
La protagonista è Sarah (Charlotte Rampling) una scrittrice di polizieschi di successo che però si è stufata della serialità e vorrebbe passare ad altro. Il suo editore (Charles Dance), con cui pare avere qualcosa di più profondo che una relazione d'affari, le consiglia di staccare, e le dà le chiavi della sua casa in Francia. Il cambio di clima e atmosfera sembra fare il miracolo, e Sarah riprende rapidamente a produrre pagine su pagine.
L'impiccio è rappresentato da Julie (Ludivine Sagnier), figlia dell'editore, giovane e con un corpo da far girare la testa - e per di più messo in mostra senza risparmio - che ha una girandola di uomini attorno. Sarah si mostra subito molto ostile nei suoi confronti, ammorbidendosi solo quando scopre il diario segreto della giovinetta (cosa ci sia scritto non ci è dato saperlo). Non si capisce bene se perché matura una simpatia, o perché voglia utilizzare quel materiale per tirarci fuori un libro.
Julie scopre di essere spiata e, all'insaputa di Sarah, organizza una feroce rappresaglia, che finirà drammaticamente per il solito povero disgraziato estraneo ai fatti. Contro colpo di scena, questo finisce per cementare l'amicizia tra le due, con ritorno alla pace.
Raccontato così sembra un giallo, e nemmeno dei migliori. Però non ho detto del finale londinese, che ribalta quello che sapevamo (credevamo di sapere) su Julie, rendendo molto più problematica la comprensione dei fatti raccontati.
Buona la colonna sonora di Philippe Rombi che veicola un senso di inquietudine dietro una apparente levità.
Un altro fattore di interesse è che si tratta di un film molto francese, ma la cui lingua principale è l'inglese. La sceneggiatura, infatti, è scritta François Ozon (anche regista) con il supporto di Emmanuèle Bernheim, ma è stata rivista e adattata da Sionann O'Neill. Direi che questo mostri quanto il cinema francese sia capace di adattarsi alle richieste commerciali moderne, senza perdere la propria specificità.
L'azione si svolge in tre tempi. Inizio a Londra, blocco centrale nella provincia francese, finale nuovamente a Londra. Quel che succede in Inghilterra sembra essere solidamente ancorato nella realtà, fra l'altro la prima scena, ambientata nella metropolitana londinese, è girata in uno stile quasi documentaristico. Mentre su quello che succede in Francia pesa una grande incertezza. Realtà e fantasia si mescolano senza che la regia dica esplicitamente cosa sia avvenuto per davvero e cosa no. Dobbiamo essere noi, una volta finita la pellicola, a ragionare su quel che abbiamo visto e trarre le nostre conclusioni.
La protagonista è Sarah (Charlotte Rampling) una scrittrice di polizieschi di successo che però si è stufata della serialità e vorrebbe passare ad altro. Il suo editore (Charles Dance), con cui pare avere qualcosa di più profondo che una relazione d'affari, le consiglia di staccare, e le dà le chiavi della sua casa in Francia. Il cambio di clima e atmosfera sembra fare il miracolo, e Sarah riprende rapidamente a produrre pagine su pagine.
L'impiccio è rappresentato da Julie (Ludivine Sagnier), figlia dell'editore, giovane e con un corpo da far girare la testa - e per di più messo in mostra senza risparmio - che ha una girandola di uomini attorno. Sarah si mostra subito molto ostile nei suoi confronti, ammorbidendosi solo quando scopre il diario segreto della giovinetta (cosa ci sia scritto non ci è dato saperlo). Non si capisce bene se perché matura una simpatia, o perché voglia utilizzare quel materiale per tirarci fuori un libro.
Julie scopre di essere spiata e, all'insaputa di Sarah, organizza una feroce rappresaglia, che finirà drammaticamente per il solito povero disgraziato estraneo ai fatti. Contro colpo di scena, questo finisce per cementare l'amicizia tra le due, con ritorno alla pace.
Raccontato così sembra un giallo, e nemmeno dei migliori. Però non ho detto del finale londinese, che ribalta quello che sapevamo (credevamo di sapere) su Julie, rendendo molto più problematica la comprensione dei fatti raccontati.
Buona la colonna sonora di Philippe Rombi che veicola un senso di inquietudine dietro una apparente levità.
Four rooms
L'animazione dei titoli di testa m'è parsa un chiaro omaggio a quelle de La pantera rosa di Blake Edwards. Ho visto poi che si tratta di una realizzazione del Bob Kurtz che animerà il (disdicevole) reboot della pantera nel 2006. Non mi ha convinto. Ma leggo che Kurtz ne lamenta un vigoroso taglio che avrebbe rovinato l'effetto.
Non ho capito bene l'origine del taglio. In un punto Kurtz l'attribuisce a uno tra gli altri tre registi, mentre Quentin Tarantino, che aveva richiesto i suoi servigi, era assente. Altrove, lo stesso Kurtz sostiene che Tarantino ne abbia scaricato la responsabilità su Harvey Weinstein, noto produttore molto vicino a Tarantino (ha prodotto anche Pulp fiction), che però, almeno ufficialmente, non ha partecipato a questo film. Sempre secondo Kurtz, il vero problema della sua animazione era che era troppo divertente, e dunque finiva per offuscare il primo episodio del film, considerato troppo debole.
Già, perché di film ad episodi si tratta. Quattro registi, coordinati da Quentin Tarantino che, oltre a dirigere la chiusa, è anche tra i produttori. La cornice è offerta da un decadente albergo di Los Angeles (che ricorda molto l'inquietante albergo di Barton Fink dei Coen) il cui fattorino (Tim Roth, in un ruolo che ricorda così tanto quello di Steve Buscemi sempre in Barton Fink, che Buscemi rifiutò la parte che era stata scritta pensando a lui), vive una serie di avventure in quattro diverse stanze, nella notte di un ultimo dell'anno.
Ogni storia ha venti minuti di tempo per essere narrata, ogni regista ha il suo stile, la sua sceneggiatura, il suo cast. Il risultato non può che essere discontinuo, ed è difficile tirar fuori un senso compiuto dal film.
La presenza scenica del personaggio principale, il fattorino di Roth, mi ha fatto pensare al Daffy Duck dei Looney Tunes, e ho pensato dunque a questo film come una versione per adulti che si vergonino di guardare ancora cartoni animati. Ma il film non regge al confronto, meglio gli originali. L'estrema varietà di quanto presentato rende plausibile che chiunque ci trovi almeno una scena divertente, d'altro canto difficilmente si riuscirà ad apprezzare tutta la pellicola.
Il primo episodio, Strano intruglio (o meglio, L'ingrediente mancante - The missing ingredient), scritto e diretto da Allison Anders, racconta di una congrega di streghe che si riuniscono in una stanza per riportare in vita tale Diana, trasformata in pietra da oscuro maleficio. Ognuna di esse porta un ingrediente necessario al rito, ma ne manca uno, in quanto chi doveva procurarlo se l'è inghiottito. Sarà Ted il fattorino a dover mettere del suo, ma non gli va poi male, visto che si tratta di sperma, e ad estrarre l'ingrediente dovrà essere Ione Skye. Il cast include Valeria Golino e Madonna, che però non fanno quasi niente.
Segue L'uomo sbagliato (di Alexandre Rockwell) in cui Ted entra per errore in una stanza dove una coppia, David Proval e Jennifer Beals (ai tempi sposata a Rockwell), litiga, o finge di litigare, a proposito di un presunto tradimento di lei con il fattorino, che mai li aveva visti prima. Rapidamente dimenticabile.
Meglio va con I maleducati, firmato da Robert Rodriguez. Antonio Banderas, un macho che sprizza testosterone da ogni poro, decide di lasciare i due figlioletti da soli in camera sotto la supervisione di Ted, per andare a ballare con la moglie. I due piccoli ne combineranno di ogni colore (in particolare il maschietto sembra molto interessato ad un programma televisivo dove balla Salma Hayek).
Gran finale con L'uomo di Hollywood di Quentin Tarantino. La penthouse dell'albergo è occupata da Chester Rush (Tarantino), regista di successo, in compagnia di un paio di suoi amici (tra cui Bruce Willis) e la moglie del secondo episodio (la Beals) in vena di socialità. Ted deve fare da giudice ad una bizzarra scommessa e, nel caso, tagliare il mignolo del partecipante dietro ricca ricompensa. L'azione vera e propria di questo segmento dura pochi secondi, ma tutti i venti minuti precedenti sono necessari per caricare di tensione lo svolgimento.
Non ho capito bene l'origine del taglio. In un punto Kurtz l'attribuisce a uno tra gli altri tre registi, mentre Quentin Tarantino, che aveva richiesto i suoi servigi, era assente. Altrove, lo stesso Kurtz sostiene che Tarantino ne abbia scaricato la responsabilità su Harvey Weinstein, noto produttore molto vicino a Tarantino (ha prodotto anche Pulp fiction), che però, almeno ufficialmente, non ha partecipato a questo film. Sempre secondo Kurtz, il vero problema della sua animazione era che era troppo divertente, e dunque finiva per offuscare il primo episodio del film, considerato troppo debole.
Già, perché di film ad episodi si tratta. Quattro registi, coordinati da Quentin Tarantino che, oltre a dirigere la chiusa, è anche tra i produttori. La cornice è offerta da un decadente albergo di Los Angeles (che ricorda molto l'inquietante albergo di Barton Fink dei Coen) il cui fattorino (Tim Roth, in un ruolo che ricorda così tanto quello di Steve Buscemi sempre in Barton Fink, che Buscemi rifiutò la parte che era stata scritta pensando a lui), vive una serie di avventure in quattro diverse stanze, nella notte di un ultimo dell'anno.
Ogni storia ha venti minuti di tempo per essere narrata, ogni regista ha il suo stile, la sua sceneggiatura, il suo cast. Il risultato non può che essere discontinuo, ed è difficile tirar fuori un senso compiuto dal film.
La presenza scenica del personaggio principale, il fattorino di Roth, mi ha fatto pensare al Daffy Duck dei Looney Tunes, e ho pensato dunque a questo film come una versione per adulti che si vergonino di guardare ancora cartoni animati. Ma il film non regge al confronto, meglio gli originali. L'estrema varietà di quanto presentato rende plausibile che chiunque ci trovi almeno una scena divertente, d'altro canto difficilmente si riuscirà ad apprezzare tutta la pellicola.
Il primo episodio, Strano intruglio (o meglio, L'ingrediente mancante - The missing ingredient), scritto e diretto da Allison Anders, racconta di una congrega di streghe che si riuniscono in una stanza per riportare in vita tale Diana, trasformata in pietra da oscuro maleficio. Ognuna di esse porta un ingrediente necessario al rito, ma ne manca uno, in quanto chi doveva procurarlo se l'è inghiottito. Sarà Ted il fattorino a dover mettere del suo, ma non gli va poi male, visto che si tratta di sperma, e ad estrarre l'ingrediente dovrà essere Ione Skye. Il cast include Valeria Golino e Madonna, che però non fanno quasi niente.
Segue L'uomo sbagliato (di Alexandre Rockwell) in cui Ted entra per errore in una stanza dove una coppia, David Proval e Jennifer Beals (ai tempi sposata a Rockwell), litiga, o finge di litigare, a proposito di un presunto tradimento di lei con il fattorino, che mai li aveva visti prima. Rapidamente dimenticabile.
Meglio va con I maleducati, firmato da Robert Rodriguez. Antonio Banderas, un macho che sprizza testosterone da ogni poro, decide di lasciare i due figlioletti da soli in camera sotto la supervisione di Ted, per andare a ballare con la moglie. I due piccoli ne combineranno di ogni colore (in particolare il maschietto sembra molto interessato ad un programma televisivo dove balla Salma Hayek).
Gran finale con L'uomo di Hollywood di Quentin Tarantino. La penthouse dell'albergo è occupata da Chester Rush (Tarantino), regista di successo, in compagnia di un paio di suoi amici (tra cui Bruce Willis) e la moglie del secondo episodio (la Beals) in vena di socialità. Ted deve fare da giudice ad una bizzarra scommessa e, nel caso, tagliare il mignolo del partecipante dietro ricca ricompensa. L'azione vera e propria di questo segmento dura pochi secondi, ma tutti i venti minuti precedenti sono necessari per caricare di tensione lo svolgimento.
Demoni e dei
Si tratterebbe del racconto degli ultimi giorni della vita di James Whale, regista di cose come Frankenstein e La moglie di Frankenstein con Boris Karloff (a cui tanto deve, tra gli altri, Frankenstein Junior), e de L'uomo invisibile (dal romanzo di H.G.Wells). Solo che lo sceneggiatore-regista (Bill Condon) si è basato più sul romanzo Father of Frankenstein (di Christopher Bram) che sulla realtà dei fatti, finendo per centrare la storia sulla inesistente relazione tra Whale (Ian McKellen) e il suo giardiniere (Brendan Fraser), mediata dalla domestica tuttofare (Lynn Redgrave).
Il film regge soprattutto sulle intense prove attoriali di McKellen e della Redgrave (credibilissima come bigotta donnetta dell'Est-Europa che si trova a giustificare quello che per lei sarebbe ingiustificabile). Il povero Fraser fa del suo meglio, ma non riesce ad evitare il destino del vaso di coccio.
Sconsigliabile la visione ad un pubblico omofobo, dato che Whale era gay e non si faceva alcun problema in ciò, probabilmente aiutato dal fatto di essere uno straniero (il solito regista europeo trasferitosi a Hollywood dopo la prima guerra mondiale).
Piacevole la colonna sonora di Carter Burwell.
Il film regge soprattutto sulle intense prove attoriali di McKellen e della Redgrave (credibilissima come bigotta donnetta dell'Est-Europa che si trova a giustificare quello che per lei sarebbe ingiustificabile). Il povero Fraser fa del suo meglio, ma non riesce ad evitare il destino del vaso di coccio.
Sconsigliabile la visione ad un pubblico omofobo, dato che Whale era gay e non si faceva alcun problema in ciò, probabilmente aiutato dal fatto di essere uno straniero (il solito regista europeo trasferitosi a Hollywood dopo la prima guerra mondiale).
Piacevole la colonna sonora di Carter Burwell.
Doctor Who - Stagione 3 / 1
Bando agli indugi, rappresentati dall'episodio natalizio in cui già non c'è più Rose ma manca ancora la nuova compagna del Dottore (sempre il decimo, David Tennant), il primo episodio di questo terzetto introduce rapidamente Martha Jones (Freema Agyeman), così che i due possano avere un'avventura nel presente di lei, poi facciamo un salto nel passato (millecinque, quasi millesei) e infine saltiamo in avanti di qualche miliardo d'anni.
Smith and Jones - Alieni sulla Luna
Martha sta facendo pratica al Royal Hope Hospital, un inesistente ospedale londinese sulla riva del Tamigi, a due passi del London Eye. Tra gli strani pazienti in cui incappa c'è pure un tizio svitato con due cuori, il Dottore, ovviamente, che se è lì vuol dire che sta succedendo qualcosa di interessante. Infatti capita che dei bizzarri rinoceronti antropomorfi strappino l'intero edificio dalle fondamenta e lo trasportino in un attimo sulla Luna. Si tratta di Judoon, esseri molto burocratizzati che agiscono come polizia spaziale mercenaria. Stanno cercando un alieno dalle costumanze poco civili, succhia tutto il sangue da chi gli capita a tiro, da cui il nome di plasmivoro, che ha prosciugato chi non doveva.
La parentela tra Judoon e Vogon della Guida galattica mi pare evidente, anche se i Judoon sono meno idioti e crudeli.
Il Dottore, come sempre molto abbottonato sulla sua vita precedente, si lascia scappare di aver avuto (almeno) un fratello. Lo vediamo anche combattuto tra l'evidente amore per Rose, e la incapacità di stare da solo. Non che ami le compagnie numerose, ma se non ha una donna vicino diventa inquieto. Lo vediamo dunque esibire un comportamento a fasi alterne con Martha, la bacia (con la scusa di creare un diversivo genetico per gli ottusi Judoon) ma le dice esplicitamente che non ha alcuna mira su di lei. Le offre un viaggio premio in TARDIS (spiegandole che l'acronimo sta per Time and Relative Dimension in Space), ma sarà una sola corsa.
The Shakespeare Code - Il codice shakespeariano
Dunque il Dottore porta Martha nella Londra del 1599. Siamo al tempo di Elisabetta I e William Shakespeare. Ai due interessa di più il secondo, e dunque vanno al Globe, dove assistono alla rappresentazione di Pene d'amore perdute. Sugli applausi a fine rappresentazione, Shakespeare annuncia che il giorno sarà il turno del sequel, Pene d'amore vinte, opera che non è giunta fino a noi. A spingere il Bardo alla dichiarazione è Lilith (Christina Cole) una bella strega (ma che sappiamo in realtà essere orrida) che di concerto con le sue madri (che non si peritano di nascondere la loro orridezza) hanno oscure mire sull'opera, che dovrà nascondere una chiave che permetterà loro di compiere nefandezze immani.
Il titolo originale è un evidente calco su The Da Vinci Code di Dan Brown, che però è sfuggito a chi ha fatto il titolo italiano - Il codice Shakespeare avrebbe funzionato meglio.
La lotta contro le tre streghe (che ispireranno a Shakespeare il Macbeth) finirà per prendere un andazzo molto potteriano, al punto che il buon dottore (che ammetterà di essere un lettore accanito dell'opera, al punto di aver fatto un salto nel futuro per leggere l'ultimo libro, non ancora uscito nel presente di Martha) ringrazierà J. K. (ovvero la Rowling) per aver fornito la parola adatta per vincere la tenzone.
A proposito, le streghe non sono veramente tali, ma alieni di razza Carrionite.
Continua il comportamento ondivago del Dottore nei confronti di Martha. Ne è attratto ma, quando lei sembrerebbe disposta a passare alle vie di fatto, lui si mette a dire quanto intelligente era Rose, che sicuramente avrebbe trovato una soluzione al loro problema corrente, bla bla bla.
Nel finale appare la Regina, il Dottore vorrebbe scambiare qualche parola con lei, ma come Elisabetta lo vede, gli manda incontro le guardie, in modalità ben poco amichevole. Nel futuro del Dottore, e nel passato della Regina, deve essere successo qualcosa di spiacevole.
Gridlock - L'ingorgo
Il Dottore smentisce se stesso. Aveva attirato Martha sul TARDIS promettendole un unico viaggio, ma non riesce a resistere alla tentazione di tenerla con sé, almeno ancora per un po'. Secondo viaggio temporale della coppia, dunque. Destinazione New New (new new new ...) York, nell'anno cinque miliardi e poco più, sulla Nuova Terra che il Dottore aveva visitato con Rose qualche (loro) decennio prima, in seguito ad una precedente avventura vissuta in contemporanea con la morte del Sole. Questa trilogia non ha una forza coesiva molto forte, ci sono legami tra il primo (La fine del mondo) e il secondo (La vendetta di Cassandra) capitolo, come ce ne sono tra il secondo e il terzo. Tra il primo e il terzo l'unica connessione è la presenza della misteriosa e inquietante Faccia di Boe (che non è un insulto, ma un inesplicabile alieno tutta faccia e niente arrosto, che ha vissuto miliardi di anni e che è ormai vicino alla sua fine).
I cattivi dell'episodio sono una popolazione di giganteschi granchi (i Macra) un tempo molto intelligenti, ora ridotti a bruti che si pasciono dei gas di scarico delle vetture volanti della popolazione (che mi hanno ricordato quelle de Il quinto elemento di Besson, ambientato quello a New York, in un futuro meno remoto), oltre a non disdegnare di papparsi qualche vettura, quando capita.
Ma il vero motore dei fatti è un virus, che ha sterminato gran parte dell'umanità, e l'eccessiva automatizzazione della società, che ha portato ad uno stallo risolvibile solo dall'intervento di qualcuno dotato di inventiva e capacità di agire fuori dagli schemi. Il Dottore, per l'appunto.
Il quale in questo episodio afferma che il giaccone che usa gli è stato donato da niente meno che Janis Joplin, e scopre di non essere l'ultimo Time Lord, come aveva sempre creduto. "You are not alone", gli dice infatti il sibillino Faccia di Boe, non sei solo. A dire il vero, Martha cerca di convincerlo che il senso sia che ora c'è lei assieme a lui, ma il dottore non aggancia.
Smith and Jones - Alieni sulla Luna
Martha sta facendo pratica al Royal Hope Hospital, un inesistente ospedale londinese sulla riva del Tamigi, a due passi del London Eye. Tra gli strani pazienti in cui incappa c'è pure un tizio svitato con due cuori, il Dottore, ovviamente, che se è lì vuol dire che sta succedendo qualcosa di interessante. Infatti capita che dei bizzarri rinoceronti antropomorfi strappino l'intero edificio dalle fondamenta e lo trasportino in un attimo sulla Luna. Si tratta di Judoon, esseri molto burocratizzati che agiscono come polizia spaziale mercenaria. Stanno cercando un alieno dalle costumanze poco civili, succhia tutto il sangue da chi gli capita a tiro, da cui il nome di plasmivoro, che ha prosciugato chi non doveva.
La parentela tra Judoon e Vogon della Guida galattica mi pare evidente, anche se i Judoon sono meno idioti e crudeli.
Il Dottore, come sempre molto abbottonato sulla sua vita precedente, si lascia scappare di aver avuto (almeno) un fratello. Lo vediamo anche combattuto tra l'evidente amore per Rose, e la incapacità di stare da solo. Non che ami le compagnie numerose, ma se non ha una donna vicino diventa inquieto. Lo vediamo dunque esibire un comportamento a fasi alterne con Martha, la bacia (con la scusa di creare un diversivo genetico per gli ottusi Judoon) ma le dice esplicitamente che non ha alcuna mira su di lei. Le offre un viaggio premio in TARDIS (spiegandole che l'acronimo sta per Time and Relative Dimension in Space), ma sarà una sola corsa.
The Shakespeare Code - Il codice shakespeariano
Dunque il Dottore porta Martha nella Londra del 1599. Siamo al tempo di Elisabetta I e William Shakespeare. Ai due interessa di più il secondo, e dunque vanno al Globe, dove assistono alla rappresentazione di Pene d'amore perdute. Sugli applausi a fine rappresentazione, Shakespeare annuncia che il giorno sarà il turno del sequel, Pene d'amore vinte, opera che non è giunta fino a noi. A spingere il Bardo alla dichiarazione è Lilith (Christina Cole) una bella strega (ma che sappiamo in realtà essere orrida) che di concerto con le sue madri (che non si peritano di nascondere la loro orridezza) hanno oscure mire sull'opera, che dovrà nascondere una chiave che permetterà loro di compiere nefandezze immani.
Il titolo originale è un evidente calco su The Da Vinci Code di Dan Brown, che però è sfuggito a chi ha fatto il titolo italiano - Il codice Shakespeare avrebbe funzionato meglio.
La lotta contro le tre streghe (che ispireranno a Shakespeare il Macbeth) finirà per prendere un andazzo molto potteriano, al punto che il buon dottore (che ammetterà di essere un lettore accanito dell'opera, al punto di aver fatto un salto nel futuro per leggere l'ultimo libro, non ancora uscito nel presente di Martha) ringrazierà J. K. (ovvero la Rowling) per aver fornito la parola adatta per vincere la tenzone.
A proposito, le streghe non sono veramente tali, ma alieni di razza Carrionite.
Continua il comportamento ondivago del Dottore nei confronti di Martha. Ne è attratto ma, quando lei sembrerebbe disposta a passare alle vie di fatto, lui si mette a dire quanto intelligente era Rose, che sicuramente avrebbe trovato una soluzione al loro problema corrente, bla bla bla.
Nel finale appare la Regina, il Dottore vorrebbe scambiare qualche parola con lei, ma come Elisabetta lo vede, gli manda incontro le guardie, in modalità ben poco amichevole. Nel futuro del Dottore, e nel passato della Regina, deve essere successo qualcosa di spiacevole.
Gridlock - L'ingorgo
Il Dottore smentisce se stesso. Aveva attirato Martha sul TARDIS promettendole un unico viaggio, ma non riesce a resistere alla tentazione di tenerla con sé, almeno ancora per un po'. Secondo viaggio temporale della coppia, dunque. Destinazione New New (new new new ...) York, nell'anno cinque miliardi e poco più, sulla Nuova Terra che il Dottore aveva visitato con Rose qualche (loro) decennio prima, in seguito ad una precedente avventura vissuta in contemporanea con la morte del Sole. Questa trilogia non ha una forza coesiva molto forte, ci sono legami tra il primo (La fine del mondo) e il secondo (La vendetta di Cassandra) capitolo, come ce ne sono tra il secondo e il terzo. Tra il primo e il terzo l'unica connessione è la presenza della misteriosa e inquietante Faccia di Boe (che non è un insulto, ma un inesplicabile alieno tutta faccia e niente arrosto, che ha vissuto miliardi di anni e che è ormai vicino alla sua fine).
I cattivi dell'episodio sono una popolazione di giganteschi granchi (i Macra) un tempo molto intelligenti, ora ridotti a bruti che si pasciono dei gas di scarico delle vetture volanti della popolazione (che mi hanno ricordato quelle de Il quinto elemento di Besson, ambientato quello a New York, in un futuro meno remoto), oltre a non disdegnare di papparsi qualche vettura, quando capita.
Ma il vero motore dei fatti è un virus, che ha sterminato gran parte dell'umanità, e l'eccessiva automatizzazione della società, che ha portato ad uno stallo risolvibile solo dall'intervento di qualcuno dotato di inventiva e capacità di agire fuori dagli schemi. Il Dottore, per l'appunto.
Il quale in questo episodio afferma che il giaccone che usa gli è stato donato da niente meno che Janis Joplin, e scopre di non essere l'ultimo Time Lord, come aveva sempre creduto. "You are not alone", gli dice infatti il sibillino Faccia di Boe, non sei solo. A dire il vero, Martha cerca di convincerlo che il senso sia che ora c'è lei assieme a lui, ma il dottore non aggancia.
Titeuf - Il film
Buon successo in Francia, risultato marginale in Italia dove, tra l'altro, è stato distribuito con un paio di anni di ritardo.
Le avventure di Titeuf sono disegnata da Zep, ovvero Philippe Chappuis, sin dal lontano 1993. Nonostante ciò, non lo conoscevo, e questo mi ha forse ridotto il piacere della visione del film. Sicuramente l'appassionato avrà ritrovato tematiche che a lui avranno fatto scattare associazione a me precluse.
Per intenderci, siamo dalle parti del Diario di una schiappa, anche se la vulcanica fantasia del protagonista mi pare più riconducibile all'immaginario del Bill Watterson di Calvin & Hobbes.
Il tratto del disegno non mi ha particolarmente impressionato, mentre ho trovato affascinante l'uso dei colori pastello dalle morbide tonalità.
Bella anche la storia, che affronta dal punto di vista infantile un momento delicato della vita di una famiglia. La mamma di Titeuf non sopporta più il tran tran familiare, se ne va dunque da sua madre con la piccola figlioletta lasciando Titeuf (che deve finire la scuola) in città col padre. Nel contempo Titeuf ha pure lui il suo problema affettivo, con Nadia, oggetto della sua passione, che lo snobba. Uno dei problemi principali di Titeuf è di prendere eccessivamente alla lettera quello che gli viene detto, con effetti che spesso sono molto divertenti.
Simpatica anche la colonna sonora, impreziosita dalla partecipazione di Johnny Hallyday che appare (in versione fumetto, naturalmente) in sogno a Titeuf aiutandolo ad affrontare questo suo difficile momento.
Le avventure di Titeuf sono disegnata da Zep, ovvero Philippe Chappuis, sin dal lontano 1993. Nonostante ciò, non lo conoscevo, e questo mi ha forse ridotto il piacere della visione del film. Sicuramente l'appassionato avrà ritrovato tematiche che a lui avranno fatto scattare associazione a me precluse.
Per intenderci, siamo dalle parti del Diario di una schiappa, anche se la vulcanica fantasia del protagonista mi pare più riconducibile all'immaginario del Bill Watterson di Calvin & Hobbes.
Il tratto del disegno non mi ha particolarmente impressionato, mentre ho trovato affascinante l'uso dei colori pastello dalle morbide tonalità.
Bella anche la storia, che affronta dal punto di vista infantile un momento delicato della vita di una famiglia. La mamma di Titeuf non sopporta più il tran tran familiare, se ne va dunque da sua madre con la piccola figlioletta lasciando Titeuf (che deve finire la scuola) in città col padre. Nel contempo Titeuf ha pure lui il suo problema affettivo, con Nadia, oggetto della sua passione, che lo snobba. Uno dei problemi principali di Titeuf è di prendere eccessivamente alla lettera quello che gli viene detto, con effetti che spesso sono molto divertenti.
Simpatica anche la colonna sonora, impreziosita dalla partecipazione di Johnny Hallyday che appare (in versione fumetto, naturalmente) in sogno a Titeuf aiutandolo ad affrontare questo suo difficile momento.
Iscriviti a:
Post (Atom)