La prima cosa bella

Bruno (Valerio Mastandrea) insegna alle superiori con poca passione, convive con altrettanta poca passione con una bella e paziente donna che lui tenta inutilmente di mollare, e con lo stesso impegno consuma stupefacenti. Intuiamo che butti via la sua vita per qualche motivo legato alla sua famiglia, abbiamo appena visto un flash back in cui la madre, una quarantina di anni prima (Micaela Ramazzotti), vince (quasi controvoglia) un concorso da spiaggia, e questo causa i malumori dei maschi di famiglia.

Il film non sembrerebbe promettere niente di buono, ma per fortuna Paolo Virzì (regia e, affiancato dal fido Francesco Bruni, sceneggiatura), più che puntare sul desolante presente del protagonista, mira a raccontare la storia della madre, ormai in punto di morte (Stefania Sandrelli), tendenzialmente svampita ma non cattiva. Nel corso del racconto scopriremo come di "cattivi" ce ne siano pochi, e il male sia piuttosto all'interno dei singoli personaggi, che non sanno accettare, non sanno parlare, non riescono ad ascoltare.

Pur avendo qualche tono drammatico, l'atmosfera prevalente è quella della commedia, e dunque il finale è fondamentalmente positivo.

In un alternanza tra azione ai giorni nostri e ricordi degli anni settanta (sottolineati dalla colonna sonora che include anche la canzone del titolo, quasi ad omaggiare i musicarelli del tempo andato), seguiamo Bruno che non riesce ad evitare che la sorella (Claudia Pandolfi) lo venga a prendere a forza a Milano e lo riporti a Livorno, per riconciliarlo con la madre e tutta la vita di provincia che aveva voluto cancellare. Poco a poco scopriamo come la madre era sì sciocchina, ma che la gelosia paterna era priva di fondamento; che la zia, che inizialmente sembra inesplicabilmente odiosa, ha i suoi motivi, e che pure non è nemmeno lei contenta del ruolo in cui è finita per ficcarsi; che il padre, che sembrerebbe così duro con la madre, agiva così forse più perché non sapeva come gestire le voci di paese che altro.

L'intreccio è davvero complesso, ma gestito bene, al punto che le due ore di durata mi sono filate via lisce senza problema. Tra i personaggi minori c'è pure Marco Messeri.

8 commenti:

  1. come giustamente hai detto, il tono è prevalentemente comedien
    MA NON E' PROPRIAMENTE UNA COMMEDIA (la morte non ci sta bene nel finale di una commedia, a meno che non sia buffa): diciamo che Virzì è bravissimo a dosare il dolce e l'amaro della vita umana
    bagno finale nel Tirreno (succede in quasi tutti i film di questo regista) stante a significare che LA VITA CONTINUA

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    1. Già. Da notare che inoltre il bagno a mare viene consigliato al protagonista sia dal medico sia dalla madre come alternativa al suo malessere, e lui decide finalmente di farselo quando avrebbe finalmente accesso a della droga. Non credo che basti una nuotatina per chiudere un percorso di tossicodipendenza, ma almeno è una prospettiva che si apre.

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  2. Bellissimo, uno dei miei film preferiti in assoluto.
    Ho trovato che sia stato trattato molto bene il tema del distacco dei figli dalla mamma morente e l'attesa della morte dalla stessa.
    Ma un buuuuu alla Pandolfi per aver mollat in quel modo quelpovero marito il cui unico torto era quello-forse- di essere un po' logorroico.

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    1. Della storia del personaggio della Pandolfi se ne parla tra le righe, credo perché il film sarebbe diventato troppo lungo se si fosse approfondito. Ma direi che il suo problema era che si è sposata giovane, più per necessità che per amore (rinfaccia al fratello di averla abbandonata). Col passare degli anni è rimasta solo consuetudine tra i due, da notare che lui sapeva, o almeno immaginava, qualcosa del legame della moglie con il suo datore di lavoro (non lo vuole fare entrare al matrimonio della madre). All'interno della storia complessiva, direi che è una scelta positiva, la figlia decide di fare quello che sente giusto, fregandosene delle chiacchiere della gente, che invece avevano bloccato il padre, rovinando la vita di tutta la famiglia.

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  3. a me invece non era piaciuto molto, e il protagonista metteva molto più impegno a fumare canne "occasionali" che non a vivere. Tutta la vita davanti mi era sembrato con diverse marce in più.

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    1. E' proprio quello il punto di partenza. E se almeno avesse tratto piacere dall'assunzione di droghe! Invece niente, è in un vicolo cieco e non riesce a vedere che buio. Ma fortuna vuole che la morte della madre, e il percorso connesso, gli fanno capire alcune cosette che gli erano sfuggite. Il finale sembra indicare che il suo futuro sarà migliore, speriamo bene per lui.

      Difficile il paragone con Tutta la vita davanti, quello è più un film sulla folle realtà lavorativa italiana, questo è centrato sulle relazioni familiari e tra individui, e magari anche sul cambiamento di mentalità in Italia negli ultimi quarant'anni. Forse sarebbe più interessante il parallelo con Caterina va in città.

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  4. Non so se ho visto un dramma, del resto Virzì non ci può regalare cose alla Ozpetek, ma Valerio Mastrandrea era perfetto (la Sandrelli ancora di più) per il ruolo, ed io, nato in quel periodo, ho potuto assaggiare i '70 in alcune cose, anche a livello personale, mentre la parte attuale porterebbe ad una immedesimazione, se non fosse per la faccia dell'attore protagonista, contemporaneamente da schiaffi e da compassione. L'avevo conservato, non si sa mai che la prossima volta io ne faccia un bellissimo.

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    1. Direi che, a ben vedere, quasi tutti i personaggi hanno due aspetti, uno più gradevole, l'altro meno. Lo metterei tra gli aspetti positivi del film. Lo scopo non è indicare un "cattivo", ma far capire come la mancanza di comprensione, un certo insensato orgoglio, forse la paura di scoprirsi, finiscano per far gran danni.

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