Amour

Una delle storie tipiche che noi umani ci raccontiamo davanti al fuoco (o allo schermo) è quella di Lui e Lei che si vedono, si piacciono, superano una qualche difficoltà (in genere rappresentata da un Altro), e poi vivono per sempre felici e contenti.

Raramente si specifica cosa voglia mai dire "per sempre", unità di tempo che a noi, miseri mortali, è negata. In Revolutionary road, ad esempio, scopriamo che anche per una coppia che sembrerebbe destinata all'eternità, "per sempre" può voler dire qualche anno, e che il fuoco originario si può trasformare rapidamente in cenere.

Michael Haneke ci narra invece un caso che "per sempre" arriva a quello che è il nostro limite naturale. Poco sappiamo del passato della coppia (gli splendidi Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant), ma per quel poco che scopriamo, hanno una bella figlia (Isabelle Huppert), sembrano brave persone, hanno buone relazioni, sembra che abbiano avuto una storia d'amore classica (e non si parla nemmeno di grandi difficoltà), e vissuto da allora "per sempre" assieme.

L'inghippo arriva quando oramai sono ultraottantenni. In brevissimo tempo passano da una normale vita da persone anziane con svariati interessi culturali, soprattutto musicali, ad una specie di inferno casalingo. Lei subisce un primo colpo che la lascia semiparalizzata, incapace di provvedere a sé stessa, anche per andare in bagno deve affidarsi a lui, e poi un secondo colpo, che rapidamente le offusca la mente.

Non è uno spoiler dire che lei morirà, perché lo scopriamo subito, alla prima scena, tutto viene narrato in un lungo flashback il cui scopo è spiegare quanto costi alla coppia arrivare al finale, come mai non troviamo lui nell'appartamento, e come mai lei giaccia nel letto con in mano un mazzolino di fiori, e circondata da tanti fiori senza gambo, solo corolle, quasi fossero tante piccole stelle.

Come accade nei suoi film, Haneke non prende posizione su quello che succede, ce lo racconta, e lascia che sia lo spettatore a tirare le sue conseguenze. Ci mostra come nella coppia, ad essere in imbarazzo è lei, che si vede costretta a dipendere da lui. Lui cerca di spiegarle che la situazione non gli pesa, non ne è ovviamente felice, ma sapeva bene che poteva accadere, e poteva essere lui ad avere bisogno delle cure di lei. Lei ammette che ci aveva pensato, ma rimarca che una cosa è immaginare, altro è vivere. Vedere narrata una situazione del genere da un regista molto realista, come Haneke è, è una via di mezzo tra immaginarselo e viverlo.

Ho letto da qualche parte che il titolo è farina del sacco di Trintignant. Haneke aveva in mente alcuni titoli, ma nessuno lo soddisfaceva. A un certo punto Trintignant gli dice che, siccome il film parla di amore, non sarebbe una cattiva idea intitolarlo semplicemente amore. Haneke ci pensa su un attimo, ammette la sensatezza del ragionamento, accetta la proposta.

4 commenti:

  1. Film molto delicato. All'inizio ho trovato le scelte registiche un po' sgradevoli (ad esempio il tenere la telecamera fissa su una stanza o su determinati personaggi), ma dopo un po' ho capito che in questo modo il film sembra più reale e arriva maggiormente al cuore dello spettatore. "Amour" è una delle più belle storie d'amore raccontate in un film.

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    1. Le lunghe sequenze con la macchina da presa fissa, o quasi, sono un tratto distintivo del cinema di Haneke. Credo che lo scopo sia proprio quello che dici tu. Dopo lo smarrimento iniziale, si finisce per vivere la vicenda con maggior coinvolgimento.

      Una storia d'amore così fa pensare. Al confronto, morire di ipotermia nel naufragio del Titanic sembra una banalità.

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  2. Il film migliore del 2012 per la sottoscritta, capace di raccontare la realtà in modo dolorosamente bello.
    Gran recensione!

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    1. Per quello che ho visto, concordo. Il confronto con gli altri film è quasi imbarazzante.

      Gran film ;)

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