House of cards 1 - Primi due episodi

Budget e cast come si trattasse di una produzione per il grande schermo, risultato che non mi ha coinvolto poi molto. Interessante l'aspetto produttivo. A metterci i soldi è stata infatti Netflix (flick, col ci-cappa, è il termine gergale che si usa per definire un film commerciale), azienda nata per distribuire DVD a noleggio, poi passata alla diffusione in streaming, e infine arrivata alla produzione di contenuti.

Dietro al prodotto ci sono David Fincher (produttore esecutivo e regista di questi primi due episodi) e Kevin Spacey (produttore esecutivo e protagonista) che devono essersi innamorati dell'omonima miniserie inglese. Beau Willimon (che è dietro a Le idi di marzo) la ha adattata alla realtà americana, trasformandola da una indagine romanzata nei meandri della struttura del partito conservatore inglese ad una del democratico americano. E visto i toni utilizzati, non direi che è stato per ragioni di affetto nei confronti di quest'ultimo.

Lo scopo della prima puntata mi pare sia quello di illustrare i personaggi principali e dar ragione dei loro comportamenti. In breve, tutta brutta gente che ha come unico scopo della vita accumulare potere, in una forma o quell'altra.

Protagonista/narratore (non disdegna di parlarci direttamente in camera) è Francis Underwood (Spacey), a cui era stato promesso il ruolo di segretario di stato in cambio del suo supporto per l'elezione del nuovo presidente della repubblica. E invece ciccia. Per vendicarsi crea un qualche complotto che ci viene fatto capire che farebbe rabbrividire il conte di Montecristo. E per mettere subito in chiaro di che pasta sia fatto, lo vediamo uccidere un cane a mani nude, per risparmiargli sofferenze (dice lui). Nota che in realtà il cane lo sentiamo solo uggiolare, ma resta sempre fuori quadro. Da comparare con quanto si dice in 7 psicopatici, accurata meditazione sull'uso della violenza nel cinema americano.

Se Francis ti pare una persona brutale è perché non ti hanno presentato sua moglie Claire (Robin Wright), che si occupa di una organizzazione non governativa con un cipiglio militaresco.

Ampio spazio in questa puntata è dato anche a Zoe Barnes (Kate Mara), giornalista principiante disposta a tutto per sfondare, e Peter Russo (Corey Stoll), un deputato che mi pare di poco conto (da noi lo si chiamerebbe peone) con notevoli problemi di dipendenza da sesso, droga e chissà che altro (ma escluderei il rock and roll). I due saranno evidentemente pedine del machiavellico piano di Francis.

Nel secondo episodio si tirano le prime immediate conseguenze del diabolico piano che Frank Underwood (Kevin Spacey) ha concepito nel primo capitolo. In parallelo seguiamo anche Claire (Robin Wright), sua perfida moglie, nella sua strategia di ristrutturazione della organizzazione non governativa che dirige.

Dunque il sangue, seppur metaforico, inizia a scorrere copioso. Grazie agli scagnozzi che ha reclutato, facendo persino credere a loro di aver fatto un piacere, riesce a far diventare improponibile quella che doveva essere la candidatura a segretario di Stato ufficiale, e a far sì che una sua protetta diventi l'alternativa naturale.

All'inizio della puntata Frank ci dice, parlando direttamente in camera, quello che anche i sassi dovrebbero aver già capito, ovvero che ciò che muove i personaggi principali è la sete di potere. Tutto il resto è un sottoprodotto. Questa iterazione esplicita, che sarebbe ridondante al cinema, viene naturale in un prodotto pensato espressamente per la televisione.

Entrambi gli Underwood in questa puntata mostrano un aperto disprezzo non solo per i loro avversari diretti, ma anche per chi si trova incidentalmente sul loro percorso.

Pur essendo indiscutibilmente un prodotto di gran classe, non riesco a pensare di immedesimarmi in nessuno dei personaggi principali. Tutti drogati dalla sete potere fine a se stesso. Non vedo una reale contrapposizione tra gli schieramenti in campo, e in effetti, se avessero dato subito a Frank quello che voleva lui se ne sarebbe stato buonino con quelli che adesso invece vede come suoi nemici mortali.

A ben vedere, vengono presentati alcuni personaggi minori che non seguono le logiche prevalenti, però sono dipinti tutti come irrilevanti. C'è ad esempio un liberal anti-sistema, ma ha uno spessore minimo, è in pratica una macchietta animata da confuse idee complottiste, che cambia opinione su chi ha davanti per una bottiglia e droghe assortite.

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