Luci della città

Scritto (sia la sceneggiatura sia la colonna sonora), diretto, prodotto, interpretato da Charlie Chaplin, è una delle ultime avventure del suo eterno vagabondo alter-ego, nato per il mondo delle comiche mute e che con fatica ha cercato di adattarsi al mondo del lungometraggio sonorizzato.

In effetti la scena iniziale del film ci mostra cosa Chaplin ne pensasse del far parlare i personaggi del film: totalmente inutile. Vediamo infatti le autorità locali (di una non ben specificata città, che un po' sembra New York, ma potrebbe essere una qualunque metropoli anglofona) impegnate in un discorso per l'inaugurazione di un monumento. Parlano, e il sonoro riporta una sorta di strombazzamento vagamente umanoide. Avrebbe aggiunto qualcosa alla scena sentire le vere parole? No, anzi l'effetto comico ne sarebbe uscito forse persino sminuito.

Il secondo problema, dare alle avventure di Charlot una impostazione tale da reggere un'ora e mezza di proiezione, viene risolto dando una inquadratura drammatica (amore pressoché impossibile tra un vagabondo e una fioraia cieca che lo crede ricco) che si sviluppa per tutta la durata del film, facendo da cornice ad una serie di vere e proprie comiche che potrebbero vivere autonomamente.

Brillante, ad esempio, la sezione in cui Charlot partecipa ad una serata pugilistica. Il suo inserimento nel contesto è un po' faticoso - la scusa è che sta cercando di raccogliere soldi necessari alla sua bella - ma lo sviluppo è eccellente, trasformando la danza dei pugili - e dell'arbitro - sul ring in un pezzo di teatro dell'assurdo.

Un po' troppo forzata, invece, m'è sembrata la vicenda parallela del ricco che si ricorda quanto sia affezionato a Charlot solo quando è ubriaco. Il cambio di atteggiamento spiazza la prima volta, ma dalla seconda volta in poi non c'è più effetto sorpresa.

Per quanto riguarda il lato drammatico della vicenda, connotare la protagonista femminile come una bella fioraia cieca, poverissima, con nonna a carico è forse calcare un po' troppo la mano, però il finale è di una bellezza tale da far perdonare questo e altro.

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