Lo chiamavano Jeeg Robot

Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è uno scarsissimo piccolo delinquente romano a cui sembrano andare tutte storte. Inseguito da ingenti forze di polizia per aver rubato un orologio, per evitare l'arresto si tuffa nel Tevere e finisce dritto in un bidone di una qualche porcheria marchiata come radioattiva. Più morto che vivo torna nel suo squallido appartamento di Tor Bella Monaca, si fa una bella dormita e si risveglia quasi a posto. Va dal suo ricettatore di fiducia, il massiccio Sergio (Stefano Ambrogi), e aspetta mentre costui è impegnato in una riunione con gli altri membri della sua banda, capitanata dallo Zingaro (Luca Marinelli), un tipaccio completamente fuori di testa, che anni prima aveva avuto una piccola notorietà televisiva che gli fa sembrare la sua attuale condizione di balordo di periferia ancor peggio di quello che è.

Sergio si tira dietro Enzo per fare il solito lavoretto semplice che si rivela più complicato di quel che si pensava. Risultato, Sergio esce di scena ed Enzo si trova a doversi gestire la figlia di quello, Alessia (Ilenia Pastorelli), una povera disgraziata che ne deve aver passate di tutti i colori nella sua breve vita, e si comporta come se avesse dodici anni. L'unica cosa che pare le interessi sono le avventure di Jeeg robot d'acciaio, e associa tutto quello che succede a quella serie, al punto di vedere in Enzo Hiroshi Shiba. Anche perché lui, nel frattempo, ha scoperto che il bagno mefitico gli ha dato una forza sovrumana e alcune capacità aggiuntive da supereroe.

Il lavoretto malriuscito mette nei guai lo Zingaro, che deve un mucchio di soldi ai camorristi di Nunzia Lo Cosimo (Antonia Truppo). Che prima cerca Alessia pensando così di risalire al padre, poi si interessa del Ceccotti e dei suoi superpoteri, che vorrebbe per sé. I camorristi di Nunzia, a loro volta, da un lato premono sullo Zingaro per riavere i loro soldi, dall'altro mettono bombe in giro per Roma, non si sa bene perché.

Dopo Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores (2014), ecco qua un'altro film che cerca di portare le tematiche da fumetto supereroico dalle nostre parti. Il risultato è divertente, ed è stato premiato sia ai David di Donatello sia al botteghino.

Ho condiviso con buona parte del pubblico in sala le perplessità sulla parlata di alcuni attori, che sarà aderente alla realtà (*), ma che era a tratti poco comprensibile a noi poveri nordici. Tra i personaggi principali, premio per la minore intelligibilità alla Pastorelli. Meno problemi ha dato il dialetto campano dei camorristi, anche perché mostravano chiaramente con l'azione il significato delle loro parole.

La parte che mi è piaciuta meno è il pistolotto finale in cui si inneggia al supereroe come portatore di speranza per le masse oppresse. Roba che in un Paese come il nostro, da sempre in cerca dell'uomo solo al comando che risolva magicamente i nostri problemi, mi fa venire i brividi. Non potevano Nicola Guaglianone (sceneggiatura) e Gabriele Mainetti (regia) evitarcela?

(*) Epperò in un film di questo genere, dove l'aderenza alla realtà non è certo un requisito fondamentale, si poteva mantenere un accento più pulito, come del resto hanno fatto il Santamaria, l'Ambrogi, il Marinelli.

6 commenti:

  1. La critica sul finale l'ho letta in molti in questi giorni.
    Quando l'ho vista al cinema non l'ho percepita. Nel fumettino promozionale rivoltano tutto quel concetto finale.
    In ogni caso: mi è davvero piaciuto per svariati motivi, sopratutto emotivi. E' stata una grande visione!

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    1. La morale nel finale è scodellata in una modalità quasi subliminale, in sottofondo alle immagini che rivelano il Ceccotti completare la sua evoluzione in Jeeg, in modo peraltro simpaticamente in bilico tra patetico (in senso positivo) e comico. E questo me l'ha resa ancor più antipatica. Del fumetto non sapevo niente, fortuna che su Gioco Magazzino se ne trova una esauriente recensione. Alla luce della quale sembrerebbe che l'idea fosse quella di accennare una critica alla strumentalizzazione operata dai media sulla realtà. Se davvero quello era lo scopo, non mi pare che la realizzazione sia stata delle migliori. Bah, vedremo nel seguito, se ci sarà.

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  2. sostengo da sempre la necessità, in caso di film con parlate dialettali o con forti accenti regionali, di sottotitoli.
    Nel caso della sottoscritta non ci sono stati particolari problemi a capire i dialoghi (poi io il romano lo capisco bene, fosse stato il veneto sarebbero stati dolori).

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    1. A me in questo film i sottotitoli sarebbero sembrati eccessivi. Avrebbero senso in un documentario o in un film dalla forte impostazione verista. Qui, a mio parere, sarebbe bastato un corso di recitazione per la Pastorelli.

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  3. Anch'io sono rimasta perplessa su alcune cose, ma l'unica rilevante è il fatto di aver portato all'estremo quel personaggio femminile, problematica, figlia di delinquente e ci hanno ficcato anche l'abuso... bho quello l'ho trovato un po' troppo nel contesto.
    Ma in generale il film l'ho apprezzato molto. Ho adorato luca marinelli.
    :)

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    1. Anche secondo me il dualismo Ceccotti - Zingaro è ben riuscito grazie anche all'interpretazione intenzionalmente eccessiva di Marinelli.
      Invece la disgraziatissima storia di Alessia mi è sembrata coerente con il quadro del racconto. Devi considerare il bassissimo livello delle persone coinvolte. Capisco che possa colpire allo stomaco, ma direi che era proprio l'idea di base del film incrociare una storia di supereroi ad una situazione da banda della Magliana.

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