Marilyn

Non bisogna farsi ingannare dalla distribuzione italiana perché, come spiega chiaramente il titolo originale, My week with Marilyn, questa non è una biografia della Monroe, ma semmai di tal Colin Clark che ebbe la fortuna di passare una settimana con lei, complice la produzione de Il principe e la ballerina.

Il punto di vista di Clark è inaspettatamente privilegiato, nel senso che si trattava della sua prima esperienza cinematografica, in un ruolo produttivo assolutamente secondario, e che questo gli ha permesso di essere relativamente oggettivo. Per quanto si possa essere oggettivi in tale situazione.

Notevole il lavoro di Adrian Hodges (sceneggiatura basata sulla autobiografia di Clark) e Simon Curtis (regia) che hanno estrapolato in cento minuti un racconto che si può prestare alle più diverse interpretazioni, a seconda dell'umore dello spettatore. Curtis ha anche il merito di aver gestito al meglio un ricco cast di ottimo livello. Adeguata la colonna sonora, da notare che Lang Lang appare nei titoli di coda come pianista solista.

La lettura più piana della vicenda credo sia quella della rievocazione del mitico incontro da due mostri sacri del cinema del secolo scorso, con Sir Laurence Olivier (piacevolmente interpretato da Kenneth Branagh) nello scomodo ruolo del contraltare.

Oppure si può seguire la formazione del giovinastro (Eddie Redmayne, in ombra, dato il cast e i personaggi fantastici con cui si deve confrontare, ma regge bene) che affronta la realtà del cinema e, se ha la fortuna di incontrare Marilyn, ha anche la sfortuna di farsi scappare quello che avrebbe forse potuto essere l'amore della sua vita (Emma Watson, primo vero ruolo post-Hermione, parte piccola, ma con un paio di buone battute).

Ci si può anche divertire a seguire i numerosissimi ruoli minori, ognuno con una sua storia, alcuni hanno solo pochi secondi per raccontarsi, ma tutti hanno qualcosa di interessante da dire. Tra gli altri ricordo Julia Ormond che impersona Vivien Leigh, Toby Jones, ufficio stampa di Marilyn, Dougray Scott nei panni di Arthur Miller, e Judi Dench come Sybil Thorndike.

Ma a rubare la scena è Marilyn Monroe (Michelle Williams, per quanto possibile rende l'idea) che è il fulcro dell'azione, anche se non fa niente, anche se non è nemmeno in scena.

Credo che il punto fondamentale sia praticamente lo stesso di The wrestler, anche se qui lo si fa con una leggerezza da commedia, che fa quasi passare inosservati i vari drammi che vengono più accennati che detti. Marilyn, come The ram, si è chiusa in una realtà parallela in cui ha un successo strepitoso, e anche se vede che tutto questo non la fa felice, non riesce ad abbandonarlo.

Da notare che il film non fa sconti a nessuno, nemmeno a Marilyn. La si mostra impietosamente incapace di recitare, costringendo a ripetere fino alla noia le scene più banali, anche se, quando riesce a spiccare il volo, non ce n'è più per nessuno. Vediamo le sue debolezze, ma ci vengono ricordati anche i lati più spigolosi del suo carattere.

2 commenti:

  1. l'ho visto una seconda volta (e l'ho discusso con gli amici)
    mi è piaciuto fino a un certo punto
    prometto una recensione entro pochi giorni

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