Qualcuno deve aver detto a Darren Aronofsky che il suo precedente L'albero della vita era fin troppo cerebrale, e che avrebbe dovuto fare qualcosa meno involuto.
Detto fatto. Ecco qua il capitolo finale della vita di un wrestler (Mickey Rourke), raccontata come se fosse un documentario con una telecamera a mano che lo segue, così che gran parte del tempo lo vediamo solo di spalle. Colori stinti, luci fredde, atmosfere desolanti, potrebbe far pensare ad un mockumentary, se da ridere non ci fosse molto poco, praticamente niente, se non i fantasiosi nomi di battaglia dei colleghi sul ring.
A me il wrestling non è mai piaciuto, e non tanto per il suo essere completamente finto (cosa c'è di più finto del cinema?) ma per la truculenta banalità del racconto inscenato sul ring. Qui però lo si osserva non dal punto di vista dello spettatore, ma degli attori/atleti, ormai ridotti ad esibirsi su palcoscenici di uno squallore da brivido. E ad emergere non sono solo i meccanismi di questa strana disciplina, quanto il parallelo tra questa attività e il funzionamento della nostra società.
Quello che è successo è infatti che Randy the ram si è a tal punto immedesimato nel suo ruolo di wrestler, da non avere più niente nella sua vita all'infuori di quello. Ha una figlia (Evan Rachel Wood) di cui non sa praticamente nulla, e pensa di avere una possibile relazione con una prostituta (Marisa Tomei).
Può cambiare? Può dimenticare il suo passato e pensare ad un futuro? Potrebbe. Ma sarebbe molto difficile, molto più difficile che combattere su un ring (e non che sia una cosa alla portata di tutti, come ci viene mostrato con dovizia di particolari raccapriccianti).
Gran parte dell'azione se la mangia Rourke, la Tomei ha modo di farsi vedere (ehm, non solo nel senso più esplicito del termine), ma la Wood ha una particina proprio piccola.
Dato lo stile simil-documentaristico del film, c'è poco da dire sulla colonna sonora, basata sulla musica che gira intorno all'azione. Notevole eccezione, sui titoli di coda va The wrestler di Bruce Springsteen, evidentemente scritta proprio per il film.
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