McFarland

La storia narrata è una specie di frullato di svariati stereotipi. M'è capitato così, durante la visione, di pensare a La scuola della violenza (1966) con Sidney Poitier, Moneyball (2011), Professore per amore (2014), Mosse vincenti (2011) e chissà quanta altra roba. Troppi spunti, mi sono detto. Per tenerli assieme ci sarebbe voluta una sceneggiatura di ferro, mano ferma alla regia, una produzione convinta.

Purtroppo mi sembra che la Walt Disney abbia solo instillato in tutti quanti un desiderio di edulcorare la materia, cosa che deve aver guidato Christopher Cleveland e Bettina Gilois nella rielaborazione la storia di partenza (*) inventando quanto serviva allo scopo. La regia di Niki Caro non mi è parsa né memorabile né incisiva e mi domando come mai abbiano deciso di affidarle ora due cose come il film sulla Callas e il live action di Mulan. Forse è stata apprezzata la sua disponibilità a seguire le direttive e la capacità dimostrata nel gestire il cast, costruito attorno ad una stella un po' appannata ma che comunque mantiene una sua notevole presenza scenica, Kevin Costner, e una stellina mai completamente esplosa, Maria Bello.

Sul finire degli anni ottanta, Jim White (**) sembra indirizzato verso una tragica uscita di scena lavorativa. Nessuno se ne sarebbe accorto, se non la moglie Cheryl (la Bello) e le loro due figlie, dato che costui è un insegnante californiano delle superiori. Cosa per noi strana, insegna contemporaneamente ginnastica e scienze, e forse pure qualcos'altro di altrettanto scorrelato. Tralasciate le scienze, lo vediamo all'opera come insegnante di ginnastica e scopriamo che, pur avendo principi tutto sommato condivisibili, ha un brutto carattere e una certa dose di sfortuna. Questo lo porta a perdere il posto (***) e ad accettare un'offerta non propriamente dorata. Trattasi infatti di insegnare in una scuola superiore dalla nomea piuttosto scarsa, la McFarland, dove la quasi totalità degli alunni è di origine ispanica.

Il trasferimento della famiglia mi ha ricordato quello dipinto in From Prada to nada, con meno autoironia, però. Mi è sembrato che l'intenzione della Caro fosse buona ma il risultato m'è parso paternalistico e inconsapevolmente razzista. Una cosa da capanna dello zio Tom, per intendersi.

Assistiamo così lo shock culturale di White che non sa bene come nuotare nel suo nuovo ambiente, e finisce per rischiare subito un altro licenziamento, anche se per una causa che, questa volta, direi sia condivisibile. Trova comunque il suo equilibrio che sembra consistere in un depresso galleggiare rischiando il meno possibile in attesa di escogitare un modo per tornare nel mondo dei bianchi.

Poi viene l'idea, che è quella di metter su, dal niente, una squadra di corsa campestre. Cosa decisamente non semplice, visto che lui non sa nulla di quello sport, e che non è facile trovare ragazzi con quel talento e con la voglia e la possibilità di impegnarsi.

Facile immaginarsi come andrà a finire, eppure, e nonostante tutte le riserve sopra esposte, il film non mi è dispiaciuto. Però è un peccato, perché sicuramente avrebbe potuto essere meglio.

Nota di demerito per le sequenze dedicate alla gara, vedasi Un ragazzo di Calabria (Comencini, 1987) se si vuole avere un'idea di quale possa essere lo spirito di una tale corsa. Nota di merito per non aver nascosto quanto al pseudo-White non importi nulla della scuola, degli alunni, di tutto il vicinato fino ad una fase molto avanzata della storia.

(*) Basata su cose successe davvero, adattate senza andare troppo per il sottile.
(**) O meglio, la versione di costui interpretata da Costner, che assomiglia vagamente al prototipo originale.
(***) E scopriremo che non si tratta della prima volta. Potrebbe semmai essere una delle ultime.

Cattivissimo me 3

Terzo (*) episodio della saga del cattivissimo Gru che già nella prima puntata (2010) passava dalla parte del bene grazie all'intervento di tre provvidenziali orfanelle e nella seconda (2013) diventava addirittura membro di una specie di anti-spectre volta a tenere a bada i cattivi di tutto il mondo.

La trama qui diventa complicatissima. Gru (**) e la sua bella Lucy (***) vengono cacciati dal lavoro per i loro scarsi risultati, e questo causa pure una insurrezione dei minion che speravano di poter tornare alle loro abituali cattiverie.
Nel contempo Gru scopre di avere un fratello gemello, Dru (°), identico ma dotato di folta capigliatura bionda. Il supercattivo Balthazar Bratt minaccia sfracelli, la più grande delle ex-orfanelle rischia di fidanzarsi a sua insaputa, mentre la più piccola cede il suo unicorno di peluche per aiutare la famiglia e poi ne cerca uno vero. I minion finiscono in galera per essere penetrati illegalmente in uno studio televisivo (°°) e qui spadroneggiano finché non decidono di evadere. Eccetera.

Manca, purtroppo, il dottor Nefario che si è cristallizzato nel corso di uno dei suoi sballati esperimenti.

(*) O quarto, considerando il prequel Minions (2015).
(**) In originale Steve Carell, in italiano uno spiacevole Max Giusti.
(***) Kirsten Wiig maltrattata al doppiaggio da una improbabile e inascoltabile Arisa.
(°) Le voci sono le stesse di Gru, ma qui Giusti m'è sembrato più accettabile.
(°°) Ma non prima di aver eseguito una delirante versione de La canzone del maggior generale, ovvero I am the very model of a modern major-general di Gilbert & Sullivan, che, per conto mio, basta da sola a giustificare il biglietto.