Ballerina

Un nuovo studio entra nel giro dei lungometraggi di animazione, i canadesi de L'Atelier Animation. Questo primo loro progetto è relativamente a basso costo, si parla di una trentina di milioni, mostra qualche incertezza quando si tratta di gestire il movimento dei personaggi, ma anche molto cuore. Al punto da farmi pensare che la storia della protagonista Félicie è un po' anche la loro.

Si narra infatti di un'orfanella che ha una gran passione per la danza, sin da prima che se ne possa ricordare. Anzi, una delle scene principali del film è quando ha una intuizione e riesce ad associare una immagine che le appare spesso in sogno con quella che è la radice di un suo lontanissimo ricordo.
Così motivata, riuscirà a superare una serie di difficoltà e giungere nel finale ad una soluzione soddisfacente.

Buono il doppiaggio italiano, almeno nelle parti principali, ad esclusione di Odette, personaggio importante, che aiuta Félicie a superare alcune tra le principali barriere che le si parano davanti. La scelta di usare la voce di Eleonora Abbagnato deve avere avuto un motivo più commerciale (*) che artistico. Non mi pare che abbia funzionato in nessuno dei due ambiti. Spiacevole anche il doppiaggio del giovane ballerino di origine russa, Rudolph, che nella nostra versione ha un pesante accento romano. Cosa che non ho notato in Sabrina Ferilli, che qui dà la voce alla supercattiva della storia.

Fra l'altro, a parte Régine, non ci sono veri cattivi, al massimo cattivelli, e l'evoluzione del carattere con cambiamenti inattesi è piacevolmente distribuita tra diverse parti.

Se le citazioni e riferimenti ad altri film, di animazione e no, si sprecano, sono tutte fatte con molto garbo, e risolte con simpatiche variazioni sul tema. Bravi dunque i due Eric alla regia, Summer, che ha anche co-scritto la sceneggiatura (**), e Warin, noto per il suo lavoro in Appuntamento a Belleville. Ho notato una certa confusione sui tempi in cui si sarebbe svolta la storia, la costruzione della Tour Eiffel, la statua della libertà, la presenza di motociclette, la notorietà di Sherlock Holmes, si intrecciano malamente. Ma non mi è parso un problema.

(*) Credo si sia trattata di un esca lanciata al pubblico di riferimento - bambine appassionate di danza.
(**) Da notare che la storia parte in Bretagna, dove è nato lui, e finisce a Parigi.

Schindler's list - La lista di Schindler

Un imbroglioncello di piccolo calibro, tale Oskar Schindler (Liam Neeson), scopre qual'è il motivo per cui tutta la sua vita fino a quel momento è stata un percorso di denso di fallimenti. Non c'era stata la guerra. Ora che la guerra c'è, e può finalmente mettere a frutto i suoi dubbi talenti per fare successo.

Piomba così a Cracovia, nella Polonia appena sconfitta dall'esercito nazista, e in breve compra una fabbrica fallita per impossibilità dei precedenti proprietari a procedere nel loro lavoro, in quanto schedati come ebrei, usando i soldi di elementi di spicco della stessa comunità, facendo notare loro che nel ghetto in cui sono stati rinchiusi valgono più le pentole che lui si accinge a produrre. D'altro canto usa la sua passione per alcolici, donne, e bella vita in genere, per accattivarsi l'amicizia di persona che contano nei vertici nazisti locali.

Il suo totale disinteresse per quello che accade tutto intorno a lui, risulta perfetto per la situazione. Infatti può così fregiarsi della sua spilla d'oro di appartenente al partito nazista senza alcun imbarazzo, come può anche assicurarsi i servizi di Itzhak Stern (Ben Kingsley) che, oltre ad essere un valente contabile, conosce un po' tutti.

Tutti felici, tutti contenti. L'esercito tedesco ha pentole a basso prezzo, Stern riesce a fare assumere in fabbrica alcune persone che rischierebbero di essere eliminate su due piedi, gli ufficiali nazisti corrotti hanno la loro fetta di torta, e Schindler diventa ricco ogni sua più rosea aspettativa.

Le cose cambiano con l'arrivo di Amon Goeth (Ralph Fiennes), che viene mandato lì per creare un lager in cui stipare una metà degli ebrei che erano stati prima costretti nel ghetto di Cracovia. Gli altri sono uccisi in una notte, e non si capisce bene a chi sia capitato la sorte peggiore. L'azione è così brutale che Schindler inizia a farsi domande. E poco a poco mette da parte il suo sogno di ricchezza per cercare di salvare quanti più ebrei gli sia possibile.

Il film, in bianco e nero e dalla durata fiume di tre ore abbondanti, scorre rapido e senza grossi intoppi. Si vede la mano di Steven Spielberg in un approccio che solo a tratti è un po' troppo, come dire, spielberghiano. Il risultato è una di quelle cose che restano impresse.

A mio parere, le parti a colori, un breve prologo iniziale e il finale poco più lungo che ci riporta ai nostri giorni, sono le cose meno riuscite. Meglio sarebbe stato iniziare con la presentazione di Schindler e finire con l'arrivo dell'Armata Rossa - che, a dire il vero, consta in un solo soldato a cavallo.

A parte l'impatto emotivo della vicenda, che è ovviamente il cuore del racconto, notevole il gioco tra Neeson, Fiennes e Kingsley. Bravo il primo a seguire il mutamento carattere di Schindler, bravo il secondo a rappresentare la follia monocorde di Goeth, e bravo il terzo a raccontare in sottrazione la rassegnata caparbietà di Stern.