Mi sembra quasi che si sia deciso di affrontare questo racconto di Agatha Christie secondo una prospettiva quasi "alla Colombo" per evitare che lo spettatore si sentisse preso in giro dall'apparizione all'ultimo momento di un nuovo personaggio che si rivela essere il colpevole. Strategia molto comune nei gialli di un secolo fa, ma che da svariati decenni non è più considerata accettabile dagli appassionati del genere.
Succede così che noi ne sappiamo più di Hercule Poirot (David Suchet), grazie ad un preambolo che segue fatti di cui l'investigatore farà conoscenza molto più in avanti nella storia. Dal nostro punto di vista non è più così interessante scoprire chi sia il colpevole, ma casomai come faccia Poirot a identificarlo e portarlo a fare una mossa falsa che ne porti al suo arresto. Che poi non mi sorprenderei se al processo costui se la fosse pure scampata, visto che non mi pare che prove raccolte siano poi così solide.
La bizzarria del caso risiede nel fatto che due fratelli gemelli, non identici ma molto simili, muoiano a poco tempo di distanza l'uno dall'altro, uno di un malanno naturale, l'altro di quella che sembra una caduta accidentale dalle scale. Capita però che Poirot abbia avuto modo di vedere di sfuggita l'ultima cena del secondo, che era stata messa al centro di una discussione tra lui e il suo dentista, e che la coincidenza lo spinga ad investigare sulla faccenda.
Nell'episodio precedente il volatile capitano Hastings (Hugh Fraser) era assorbito dalla passione per le automobili, qui le disdegna per seguire invece con grande attenzione la partita di cricket tra Inghilterra e Australia (il mitico The ashes). Come spesso accade Poirot, che maltratta il suo assistente in quanto impiegherebbe troppe risorse in cose inutili, nel finale mostra di aver studiato la materia e fa sfoggio di conoscenza dell'incomprensibile gioco.
Il titolo originale è molto più simpatico, Four and twenty blackbirds, alludendo alla torta esplicitamente citata in italiano riferendosi al suo colore.
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