The reader - A voce alta

Come diceva quel tale, "Et si omnes, ego non". Anche se tutti gli altri la pensano in un certo modo, non è ragione sufficiente perché anch'io la pensi così. Che è facile da scrivere, soprattutto in una lingua epigrammatica come il latino, meno facile da mettere in pratica.

Regia di Stephen Daldry basata su il lavoro di David Hare di conversione del romanzo originale (Bernhard Schlink) in sceneggiatura, che direi non sia stato facile, nonostante la sua esperienza (Il danno di Luis Malle e The Hours ancora di Daldry) a causa di una certa involutezza del racconto. Poco viene spiegato direttamente, quasi tutto è lasciato come difficile, per lo meno emotivamente, compito per lo spettatore.

Il punto di vista è quello di Michael, un avvocato berlinese di mezza età. Lo seguiamo in una sua giornata molto problematica. Dal risveglio con una partner abbastanza occasionale, poi in tribunale dove segue distrattamente un caso, infine a sera a cena con la figlia con cui ha una difficile relazione (è divorziato). Seguirà un addendum con un viaggio in macchina con la figlia verso la riconciliazione del protagonista con il suo passato.

Questa trama minimale è inframezzata da lunghi flash back che ci spiegano il carattere di lui, chiuso, difensivo, distaccato (Ralph Fiennes) mostrandoci un paio di episodi chiave della sua gioventù (David Kross). Ragazzetto debilitato da un incipiente malanno, incontra Hanna, una bigliettaia del tram (Kate Winslet) brusca ma gentile, che lo aiuta a tornare a casa. Si fa un paio di mesi a letto, e quando si ristabilisce si reca a ringraziarla per l'aiuto. Lei non ci pensa due volte e, metaforicamente parlando, se lo mangia in un boccone.

Nasce una relazione molto sessuale, mitigata dalla passione per lei della letteratura, chiede a lui di leggerle di tutto, e dal confuso sentimento di lui per lei, che gli fa da mamma, amante, compagna. Dopo pochi mesi lei sparisce nel nulla, lasciandolo perplesso e ferito.

Anni dopo, ormai studente di legge, si reca con un insegnante (Bruno Ganz) ad assistere ad un processo ad alcune donne che hanno prestato servizio come guardie delle SS in un campo di concentramento. Hanna è fra di loro, e mostra di non capire per che motivo ce l'abbiano con lei. Mentre le sue compagne mentono per nascondere le proprie responsabilità, lei ammette il suo ruolo. Anzi, alla fine finisce per accettare di fare da capro espiatorio, dichiarando di aver avuto facoltà decisionali, cosa evidentemente non vera.

Solo Michael si rende conto che lei mente, e capisce che lo fa per nascondere qualcosa che ritiene più vergognoso della sua partecipazione attiva all'Olocausto. Potrebbe dunque salvarla da una condanna all'ergastolo, ma non lo fa, un po' perché non vuole rendere nota la sua relazione con Hanna, un po' perché ritiene di non dover tradire Hanna, visto che lei vuol tacere sul punto che la salverebbe, un po' forse anche perché vuole punire Hanna per averlo abbandonato. Parlare con lei aiuterebbe, come gli fa notare il professore, ma lui non ci riesce.

Passano gli anni, Michael ha trovato una forma intermedia di supporto a distanza verso Hanna, con cui però rifiuta di avere un colloquio diretto. Arriva il momento della scarcerazione di lei, e lui dovrebbe prendere una decisione in un senso o nell'altro. Cerca di barcamenarsi, ma a questo punto è Hanna a risolvere definitivamente la vicenda.

Sarà forse l'incontro tra Michael e la figlia di una sopravvissuta all'Olocausto (Lena Olin) ad aiutarlo a chiarirsi le idee. Ancora mezzo secolo dopo i fatti, lei non vuole e non può dare alcuna assoluzione a chi ha fiancheggiato in qualunque modo una strage che ha portato via, tra l'altro, la sua intera famiglia. Però accetta di stabilire una relazione con Hanna.

Daldry riesce a gestire efficacemente la materia, grazie anche ad un ottimo cast in cui spicca la Winslet, alle prese con un carattere decisamente complicato e ad alta tensione emotiva. Oscar per lei, direi strappato a sé stessa in Revolutionary road.

11 commenti:

  1. molto bello
    la Winslet stramerita l'Oscar (ci vuol molto coraggio per accettare un ruolo così difficile)

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  2. Le tue considerazioni iniziali sono giuste (non c'è niente, nè un personaggio secondario, nè un dialogo, nè una scena che spieghino le vicende a chi ha visto il film una sola volta), ma come altri mi sono lasciato abbagliare dalla Winslet, UNICA forse ad aver avuto l'onore (e l'onere) di avere due ruoli in nomination nello stesso anno, quindi la battaglia con la Streep è ancora aperta.

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  3. Sì, è un film difficile, da fare come da guardare. Come è faticoso ragionare su temi come la morale, la giustizia, la capacità di perdonare, di accettare gli errori propri e altrui. Le spiegazioni però l'avrebbero reso noioso, forse anche indisponente. Credo che presentare la storia, e lasciare lo spettatore libero di trarne le conseguenze, se ne ha voglia, sia stata la scelta migliore.

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  4. Bellissimo film, che mi ha -per dirla con pretty woman- aggrovigliato le budella. Splendido post.

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    1. Grazie :) Merito del film, che mi ha colpito nel profondo.

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  5. Tutta roba, le nostre considerazioni, che portano a notare solo la recitazione di Kate Winslet. Confermi che è uno dei film più difficili sull'argomento?

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    1. Lasciami qualche mese per pensarci tranquillamente ;)

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  6. Pensate che Kate Winslet rischiò di non vincere l'Oscar perché "accusata di fare apologia del nazismo da Ron Rosenbaum, autore di Explaining Hitler e Mark Weitzman del Simon Wiesenthal Centre: The Reader, dicono, sarebbe un esempio di revisionismo dell'Olocausto e ci sono valanghe di mail mandate ai giurati perchè lo boccino". Non so dove abbiano visto l'apologia al nazismo, però per fortuna Kate vinse.

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    1. Questo l'articolo di Rosenbaum, che cita Weitzman tra le sue fonti: http://www.slate.com/articles/life/the_spectator/2009/02/dont_give_an_oscar_to_the_reader.single.html

      Non sono sicuro se l'ostilità mostrata nei confronti del film sia sincera o strumentale. Da notare che Slate è una testata nota per le sue posizioni polemiche e controcorrente.

      Intenzionalmente o meno, mi pare che si travisi completamente il senso del film. Forse la rabbia di Rosenbaum viene dal fatto che abbia cercato di trasformare il suo libro in sceneggiatura, ma non abbia trovato nessuno disposto a produrre il film solo perché, secondo lui, mancava di un happy ending.

      L'articolo è molto lungo, cita molti elementi del film, ma direi stravolgendoli, e aggiunge molti riferimenti ad altri film o anche a fatti che sono capitati a chi scrive, ma non hanno niente a che vedere con The reader.

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    2. Per me è il peso della fama, e così hanno guadagnato un link.

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    3. Se il loro scopo era guadagnarsi la mia citazione, vorrebbe dire che sono messi molto male :D

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