La regola del sospetto

Placidamente ignorabile. Se non fosse basato su una sceneggiatura con molti punti deboli, potrebbe essere considerato un prodotto medio. Regia accettabile del discontinuo Roger Donaldson, cast basato su due stelle, Al Pacino e Colin Farrell, e una stellina, Bridget Moynahan.

Pacino recluta Farrell nella CIA, da cui il titolo originale The recruit, e tra i due si instaura una simil-relazione padre-figlio. Durante la selezione Farrell e la Moynahan si invaghiscono, ma preferiscono anteporre il lavoro alla passione. E dato che il lavoro è quello della spia, mestiere in cui non ci si deve fidare di nessuno, e si deve essere disposti a tradire chiunque, non è che i due piccioncini abbiano grandi possibilità di convolare. A dire il vero a un certo punto convoleranno pure, ma con gran bagaglio di sospetti, retropensieri, dubbi vari che non deve aver reso la faccenda molto piacevole.

Il tutto ruota su un complesso giro di possibili tradimenti, e non si capisce bene, fino allo spiegone finale, chi tradisca chi, e perché.

La parte più ridicolmente interessante è quella informatica, del tutto implausibile e assurda, al punto da risultare amaramente comica.

6 commenti:

  1. ma dai, è così tremendo? Io l'avevo trovato discreto, mi aveva tenuto compagnia un paio d'ore :)

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    1. Sono stato troppo acido nello scrivere il post. Regia non male, Pacino non male, Farrell ha una sua presenza scenica, Moynahan se la cavicchia.
      E' la sceneggiatura che mi ha indisposto. Sarebbe bastata la faccenda del virus informatico che si trasmette sulla rete elettrica a ogni apparecchiatura per mettermi di malumore.

      Direi che hai ragione tu, basta distrarsi quando vengono date le spiegazioni sul McGuffin, è il film non è male.

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  2. Sono d'accordo col post, non con il commento. Una di quelle "robe" da evitare: non ricordavo il virus, più plausibile di quanto pensiate, ma sono gli intrighi, gli inganni, il finale, un Al Pacino che inizia a gigioneggiare (fase che lo coinvolge anche nel film uscito al cinema, a quanto ho capito), a farmelo evitare.

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    1. T'assicuro che il virus informatico, così come viene raccontato, è di una assurdità plateale.
      Il cattivo che fa lo spiegone e si fa far su come un pivello è terribile, ma direi che fino a quel punto la regia era riuscita a tenere a bada la mediocre sceneggiatura.
      Pacino, sempre al netto del brutto finale, non mi è dispiaciuto.

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  3. Se non fosse per altri problemi logistici io comprerei un apparecchio che usa la rete elettrica per l'ADSL, quindi l'assunto è possibile, ma le sparate che fanno (è un film di un'era tecnologica passata) possono essere tranquillamente derise. Forse chi ha meno colpa è il regista, mentre dipingere la Cia in quel modo è spettacolare, ma ormai fanno a gara a chi fa le (altre) sparate più grosse. Ribadisco poi le mie parole su Al Pacino; prova a leggere di Jack e Jill e dirai che ormai ha mandato tutto in vacca.

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    1. Si dice che il virus sia l'arma finale capace di infettare ogni elettrodomestico. Ma se è vero che si possono trasmettere dati sulla rete elettrica, non è possibile attaccare la logica di un tostapane per quella via.
      Anche un obiettivo più modesto, un virus che attacchi ogni macchina connessa ad internet, non è raggiungibile, perché un virus può operare solo su una specifica piattaforma. Il codice mostrato era per Windows, ma anche fosse stato scritto in Java, la catastrofe universale sarebbe ben lontana.
      Per me la colpa è tutta (o quasi) degli sceneggiatori. Regia e cast hanno fatto il possibile, almeno fino al finale. D'accordo anche sull'irrealistico processo di selezione della CIA.
      Ho già sentito qualcosa su Jack & Jill e, francamente, spero di non avere l'opportunità di vedere il film. Ma Pacino qui non mi pare così disastroso.

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