Il GGG - Il grande gigante gentile

Un abbastanza spaventevole ma amichevole gigante (Mark Rylance), noto tra i suoi simili come Nano ma che nel suo piccolo preferisce essere chiamato GGG (*), si trova nella malaugurata circostanza di dover rapire un'orfanella londinese, Sophie (Ruby Barnhill), e di portarla nel suo strano Paese.

La convivenza tra Sophie e GGG funzionerebbe anche piuttosto bene, non fosse per il caratteraccio degli altri giganti, che maltrattano costantemente il piccolo GGG e, subodorando(**) la presenza di una umana, se la vorrebbero mangiare in un boccone.

Fortuna che Sophie ha un piano, chiedere aiuto alla regina d'Inghilterra (Penelope Wilton), spiegarle il pericolo che rappresentano i giganti ma chiarendo che il GGG è ben diverso nella sua indole.

Tra i personaggi minori appare anche brevemente Rebecca Hall, che fondamentalmente dice "Ehi, ci sono anch'io!", incassa un congruo assegno e se ne va.

Buono l'uso della CGI, bravo Rylance, eccellente la storia di partenza (***) che purtroppo è stata brutalmente normalizzata dalla sceneggiatura di Melissa Mathison, dalla regia di Steven Spielberg, e probabilimente anche dal determinante peso produttivo della Walt Disney, tutti quanti evidentemente preoccupati di non dare troppo fastidio a nessuno.

(*) In originale BFG, Big Friendly Giant.
(**) Ucci, ucci ...
(***) Uno dei caposaldi della produzione di Roald Dahl.

Codice criminale

Uno sconosciuto compagno di visione cinematografica s'è detto scontento del film perché, che diamine, non è realistico trovare un delinquente nomade figo come Michael Fassbender. Difficile ribattere nel caso specifico, però allora che dire di un irlandese sull'orlo della morte per fame che si imbarca sul Titanic e ha l'apparenza di Leonardo DiCaprio? Ho dunque il sospetto che la critica nascondesse una qualche altra perplessità che quello spettatore non è riuscito ad esplicitare. Quale sia, vattelapesca.

Prima regia cinematografica di Adam Smith, non completamente riuscita, a mio parere, per un finale che ha cambiato inaspettatamente tono al racconto lasciandomi leggermente basito, per l'abuso della camera a mano, oltre che per una sceneggiatura perfettibile. m'è sembrata comunque buona l'idea e la direzione del cast in cui praticamente tutti sembrano a proprio agio. Pare che i Chemical Brothers abbiano scritto la colonna sonora del film in quanto amici di Smith.

Colby Cutler (Brendan Gleeson) è il dispotico patriarca che domina su una piccola comunità nomade che direi di origine irlandese e pare basata ormai da molto in un qualche paesino inglese. Sporchi, cattivi, ignoranti e piuttosto delinquenti, non sono per niente simpatici agli stanziali. Sentimenti che ricambiano di cuore. Ma il vero problema è che Chad (Fassbender), erede designato, ha seri dubbi sulla sua vita. Da un lato la vita sregolata gli calza a fagiolo, dall'altra si rende conto che è in un vicolo cieco, e che sta mettendo sulla stessa strada senza uscita i suoi due piccoli figli. Se non fosse per sua moglie Kelly (Lyndsey Marshal), probabilmente si limiterebbe a lagnarsi del padre ma abbozzare. Lei invece funziona da pungolo (*), e lo spinge ad affrontare il conflitto direttamente. Ma Colby ne sa una più del diavolo, ed escogita un contropiano per mandare in fumo quello di Chad di lasciare l'accampamento, forse per addirittura per integrarsi con gli stanziali.

L'ambiente degradato in cui si svolge l'azione mi ha fatto pensare a Come un tuono di Derek Cianfrance con Ryan Gosling (**). Entrambi potenti, qui forse Smith paga la sua relativa mancanza di esperienza.

(*) Un po' come il personaggio di Diane Keaton ne Il padrino.
(**) Altro film, tra i millemila possibili, per il quale si potrebbe applicare la stessa critica ingiustificata che ho citato su in cima.