Come un tuono

In un solo film da centoquaranta minuti una intera trilogia. Alla faccia di chi ci mette tre ore per raccontare una storia molto meno interessante.

E' il terzo lungometraggio di Derek Cianfrance, dopo un misterioso Brother tied del lontano 1998 che non saprei come reperire e un più recente e fortunato Blue valentine, che segna anche l'inizio del sodalizio artistico con Ryan Gosling. I soldi a disposizione continuano ad essere pochi, ma sembra che i distributori si stiano iniziando a fidarsi e questo lascia sperare bene per i prossimi lavori.

Il primo capitolo è dominato dalla figura di Luke (Gosling), uno spiantato col corpo coperto da tatuaggi che campa usando la sua abilità di motociclista come attrazione circense. Impressionante la lunghissima sequenza iniziale, dove la macchina da presa segue Luke dalla sua roulotte, al tendone dove lo aspetta il pubblico, e segue l'inizio del folle numero acrobatico. Alla fine del numero una bella figliola, Romina (Eva Mendes), chiede a Luke se si ricorda di lei, avevano avuto una rapida storiella l'anno precedente. Lei sembra sul punto di dirgli qualcosa, ma poi lascia perdere. La verità comunque viene fuori, dal loro incontro è nato un bimbo. Per Luke questo è uno shock. Scopriamo che non ha avuto un padre, ed è questa assenza di una figura di riferimento che sembra averlo portato a girare a vuoto. Non vuole che questo accada anche a suo figlio, e allora abbandona il circo per diventar stanziale. Ci sono però un paio di problemi. Non c'è lavoro e Romina sta assieme ad un altro uomo. La soluzione sembra essere Robin (Ben Mendelsohn), un meccanico alcolizzato che lo prende in simpatia. Ma i guadagni sono miseri, e i due penseranno di sfruttare l'abilità motociclistica di Luke per rapinare banche. Difficile immaginarsi un lieto fine.

Tocca ora al secondo protagonista, Avery (Bradley Cooper). Rampollo di famiglia influente che fa il poliziotto perché crede sia la cosa giusta. Sarà lui a terminare la carriera di rapinatore di Luke, con una brutalità che inizialmente gli sembrava necessaria ma che, ripensandoci, trova lui stesso eccessiva. In particolare quando scopre che Luke aveva un figlio della stessa età del suo. Succede anche che la polizia e i media montano il caso facendo diventare Avery un eroe e Luke un feroce delinquente, in una maniera così eccessiva da far crescere i dubbi di Avery. Capita pure che alcuni colleghi, con a capo Deluca (Ray Liotta), tirino dentro Avery in un giro losco, trascinandoselo dietro quando vanno a tormentare Romina e famiglia per rubarsi quel che Luke aveva a sua volta rubato per garantire un futuro a suo figlio. Anche qui le cose sembrano destinate al disastro, ma Avery può contare sul padre, giudice in pensione, e riesce in qualche modo ad uscirne bene.

Passano quindici anni, Avery sta facendo carriera nella magistratura inquirente (che negli USA è un potere molto vicino a quello politico) ma per far questo ha trascurato la famiglia, lo troviamo infatti separato, e capiamo subito che il figlio, AJ (Emory Cohen), sta prendendo una brutta strada. Caso vuole che AJ si trovi a far comunella con Jason (Dane DeHaan), che è proprio il figlio di Luke. Jason non sapeva nulla del padre, e scoprirà con gran dolore che è stato proprio il padre del suo amico/nemico (AJ ha notevoli problemi, meglio sarebbe starne alla larga) ad ammazzarlo. La storia sembra destinata alla catastrofe, Jason si trova davanti ad una strada che replica quella di Luke, e sembriamo entrare in un circolo vizioso da cui non c'è uscita. Ma forse anche no. Jason forse riuscirà a rompere il maleficio.

Bella la storia, notevole il cast, interessante lo stile di Cianfrance alla regia. Il grande uso della camera a mano che rende la quasi asfissiante impossibilità di uscire dalla trappola in cui sono costretti i personaggi, lascia spazio solo nel finale a larghi spazi. Si noti come il numero da circo di Luke, che vediamo nella sequenza iniziale, consista nel roteare in una palla, costretto in uno spazio minimo mentre Jason sale in moto (per la prima volta, per quanto ne sappiamo, ma subito a suo agio) nel finale, per andarsene via lungo una di quelle lunghe strade dritte che attraversano tutta l'America da costa a costa. Difficile non trasalire nel vedere due volte, con piccole variazioni, praticamente la stessa scena in cui viene offerto a Romina un pacchetto che lei non vuole accettare. Come pure viene ripetuto, anche qui con variazioni, il viaggio in macchina di Avery nel bosco (che mi ha fatto pensare al Crocevia della morte dei Coen).

Il titolo italiano, come spesso accade, ha poco a che fare con l'originale. Ma almeno chi lo ha deciso si è preso la briga di utilizzare una battuta del film, e non di inventarselo di sana pianta. La scelta non è delle migliori, perché rimanda alla prima parte, parlando solo della storia di Luke. Meglio sarebbe stato mantenere l'originale The place beyond the pines, Il posto oltre i pini, che risulta invero abbastanza perplimente finché non si fa qualche ricerca e si scopre che è la traduzione del nome della cittadina in cui si svolge la vicenda, Schenectady, nello stato di New York.

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