L'astronave atomica del dottor Quatermass

Nell'estate del '53 una miniserie incollò la Gran Bretagna al piccolo schermo, sei episodi da mezz'ora che narravano il primo volo fuori dall'atmosfera terrestre di uno smilzo equipaggio, con relativo catastrofico incontro con una forma di vita extraterrestre poco identificata. Si trattava di The Quatermass experiment, che ebbe così tanto successo da generare altre due miniserie, romanzi, film per il cinema e, soprattutto, da influenzare buona parte della fantascienza televisiva e cinematografica successiva. In particolare spesso la commistione con il genere horror ha un riferimento, più o meno esplicito, con le avventure del professor (*) Quatermass.

Due anni più tardi, la Hammer produsse e distribuì nelle sale cinematografiche questo film che, in pratica, riassumeva le vicende narrate nella miniserie, introducendo alcune varianti con lo scopo di semplificare la narrazione, per renderla più truculenta (**), e per adattarla al cast, a sua volta scelto per dare un certo appeal alla produzione anche oltreoceano. Il successo fu tale da spingere la Hammer a puntare sempre più decisamente sull'horror, diventando famosa per film di vampiri, mummie omicide, mostri in qualche modo legati a Frankenstein, e facezie del genere.

Il primo volo di un'astronave inglese, e presumibilmente terreste, con equipaggio a bordo finisce con una catastrofe. Il mezzo si infilza nella campagna inglese, quasi uccidendo una coppietta forse semiclandestina e il padre di lei (***). Arriva sulla zona il professor/dottor Quatermass (Brian Donlevy) che, mostrando immediatamente una gran spocchia (°), agisce prendendo decisioni senza badare alle gerarchie e a tratti anche al buon senso.

Solo uno dei tre astronauti, Victor Carroon (Richard Wordsworth) è sopravvissuto ma, noi lo capiamo subito grazie all'esperienza di tutti i film arriveranno dopo, è posseduto da un alieno maligno, che per nostra fortuna non è molto astuto, e quindi ci metterà troppo tempo per concepire un piano per la conquista del mondo, e di conseguenza Quatermass riuscirà ad aver la meglio su di lui.

(*) Per noi, chissà perché, dottore anzichè professore.
(**) Da cui il titolo originale inglese, The Quatermass Xperiment, con la X che indicava la categoria in cui cadeva la pellicola secondo la censura della regina.
(***) Ma niente paura, i tre se la cavano con un semplice spavento.
(°) Pare che il carattere del personaggio, completamente diverso da quello della miniserie, sia stato imposto dall'attore, il quale era stato scelto per la sua rinomanza americana. Sembra pure che il regista/co-sceneggiatore Val Guest ne approvasse la ruvidità, giudicandola più realistica dell'umanità propria del Quatermass originale.

Warcraft - L'inizio

Film pensato per chi conosca e apprezzi l'omonimo universo parallelo, nato nel 1994 con un videogioco (*) e poi espansosi fino a colonizzare buona parte dei media ludico ricreativi. Chi non abbia frequentato quei luoghi (**) dovrebbe riuscire a cavarsela facendo riferimento alle sue conoscenze di giochi ruolo fantasy o alla letteratura dello stesso filone, in particolare Il signore degli anelli di JRR Tolkien. Se sto parlando una lingua sconosciuta, consiglio di lasciar perdere. Si passerebbero due ore di perplessità.

Un mondo fantastico-medioevale viene invaso da bellicosi orchi provenienti da una landa che sta divenendo sempre più desolata, via opportuno portale modello Stargate (1994). Un pianeta è troppo piccolo per queste due civiltà contrapposte, e si scatena dunque una terribile guerra a base di incantesimi, malefici, spadoni, martelli e qualche pistolone archibugesco.

Come da titolo, l'idea dei produttori era quella di dare il via ad un franchise di durata indeterminata. Il risultato al botteghino sembra averli lasciati perplessi, e al momento non v'è certezza nemmeno del secondo episodio. Non mi è chiaro cosa mai si aspettassero, considerando che questo titolo è diventato il maggior successo al box office nel settore dei film derivati da video games. Credo che abbia pesato lo scarso risultato americano, e si sa che i produttori d'oltreoceano sono miopi, guardano più gli incassi di casa che quelli planetari.

Io, che non sono un fan del genere, sono stato attirato dallo scoprire che si tratta di un film di Duncan Jones, il terzo, dopo lo spettacolare debutto di Moon (2009), e Source code (2011). La curiosità che avevo era se e come fosse riuscito a mantenere l'impostazione stilistica che aveva creato con i suoi precedenti lavori. Compito non facile in produzioni ad alto budget e che di solito non lasciano grandi libertà creative. Per fortuna Jones è riuscito a conciliare l'esigenza di mantenere lo spirito dell'opera originaria con quella di dare uno spessore accettabile al racconto filmico. Anche se, ovviamente, lo spettatore tende a identificarsi con gli umani, gli orchi non sono banali cattivi che voglio solo uccidere. La complessità della loro società è presentata in modo da farci vedere quali siano le loro ragioni.

(*) A voler entrare nei dettagli, si trattava di un RTS (Real Time Strategy), vedasi Dune 2 (1992), ispirato sommariamente all'opera di Frank Herbert.
(**) Come il sottoscritto. La mia conoscenza del genere mi ha permesso di non cader dal pero ad ogni scena, senza però afferrare molti dettagli che per me sono misteriosi.

300

Alla base di tutto c'è un fatto reale, la sanguinosa battaglia delle Termopili avvenuta circa due millenni e mezzo fa nel corso della seconda guerra persiana. Quel che sappiamo di quei lontani avvenimenti deriva principalmente da quello che, pochi anni dopo, ne ha scritto Erodoto nelle sue Storie. Si tenga presente che Erodoto era greco e, per quanto storico nell'animo, non lo si può biasimare se non è stato del tutto imparziale nel suo racconto.

Molti anni dopo, la Twentieth Century Fox decide di fare un film sulla vicenda, L'eroe di Sparta (*), girato in Grecia su sceneggiatura dell'improbabile George St. George basata su un lavoro di ricerca storica tutto made in Italy (**). Occhio e croce mi sembra che lo scopo fosse quello di far girare soldi producendo un film vagamente propagandistico. Il risultato non è malaccio, almeno per i cultori del genere, e ha ottenuto un curioso effetto collaterale. Lo vide infatti Frank Miller e ne restò molto impressionato. Al punto che, molti anni dopo, quando ormai era un fumettaro tra i più affermati, andò a riprendersi la storia e ne tirò fuori una serie di cinque albi (1998), che poi vennero fascicolati in un opera completa nel 2000.

Passaggio finale, Zack Snyder legge il fumetto, se ne innamora e fa di tutto per convincere la Warner a scucire il pacco di milioni necessari per farlo diventare un film. Per sua fortuna, era appena stato convertito in film il fumetto (***) Sin city (2005), sempre di Frank Miller, ottenendo una risposta di pubblico positiva quel tanto che bastava per stanziare un bel budget.

Di quanto scrisse Erodoto resta poco, in compenso la traduzione da fumetto a pellicola è fatta con un certo garbo e penso che gli estimatori di Miller potrebbero gradire questa versione. Io, invece, l'ho trovata piuttosto noiosa, rischiarata a tratti da un umorismo che mi è sembrato involontario. In positivo, mi sono trovato a considerare un parallelo con i film di Michael Bay (°). Se Bay deve essere stato uno di quei terribili bimbetti che amano far esplodere tutti i loro giocattoli con petardi (°°), Snyder deve essere stato uno di quelli che passavano il tempo a far combattere i suoi bambolotti (°°°). Mi immagino che scontri deve aver sceneggiato tra Hulk e Big Jim.

La storia è che un gayssimo re Leonida (Gerard Butler) mette assieme 300 guerrieri spartani molto muscolosi e tutti quanti marciano in mutande fino alle Termopili. Lì incontra l'altrettanto gay Serse (Rodrigo Santoro), un androgino gigantesco follemente innamorato del piercing e di se stesso, che per motivi poco chiari vuole invadere la Grecia. Leonida teme che Serse voglia la fine del culturismo greco, e allora si arrabbia. Meglio morti, ma con tutti i muscoletti scolpiti e oliati.

Serse, furibondo, gli manda contro tutto quello che ha a portata di mano. Elefanti, rinoceronti, bersaglieri effeminati, e anche la sua guardia del corpo: dei ninja immortali. Nulla sembra riuscire a scalfire lo scudo umano spartano. Se non che ...

Nonostante il gran spreco di rallenty, questo non sarebbe bastato a coprire la lunghezza standard della pellicola, e allora Snyder ha buttato dentro una trama parallela, con la signora Leonida, la regina Gorgo (Lena Headey), che cerca di convincere i politici spartani ad inviare rinforzi al suo amato sposo e re. C'è però un bieco e corrotto politico (Dominic West) che si intromette.

Per l'angolo delle curiosità, questo è il primo film per il grande schermo di Michael Fassbender, è Stelios, il luogotenente di Leonida che ha una storia alla Eurialo e Niso con il figlio del vice.

(*) The 300 spartans (1962).
(**) Remigio Del Grosso, Giovanni d'Eramo, ma anche Ugo Liberatore e Gian Paolo Callegari.
(***) O graphic novel, come mi sembra sia più politically correct dire di questi tempi.
(°) Se proprio ci si vuole fare del male, si può vedere, come esempio della sua poetica, Transformers 4 - L'era dell'estinzione.
(°°) Chissà se il cattivello di Toy story è ispirato a lui.
(°°°) Action figure?

Elementary 1.24: Moriarty

La distribuzione italiana si deve essere trovata in imbarazzo nel gestire il titolo originale, Heroine, che da noi si traduce con Eroina, assumendo il duplice senso di donna eroica e di sostanza stupefacente (*), e hanno preferito inventarselo di sana pianta, puntando sul fatto che qui, finalmente, si scopre chi è Moriarty (Natalie Dormer) e cosa vuole da Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller). Questo è dunque il cuore dell'intera stagione. Che dal mio punto di vista sarebbe anche accettabile se non fosse che ci sono volute due dozzine di puntate per arrivarci.

Si parte ricucendosi alla puntata precedente, che è così strettamente legata a questa da creare un doppio episodio (**) di cui la prima parte m'è sembrata eccessivamente spiegosa, quindi troppo lenta, esclusivamente funzionale a questa seconda parte in cui si sviluppa il caso che, come spesso accade in questa serie, richiede una notevole dose di complicità da parte dello spettatore, chiamato ad accettare svariati dettagli tendenti all'inverosimile.

Scopriamo così che il diabolico piano della Moriarty (***) è robetta da finanza creativa che poteva essere pensata da un qualunque finanziere d'assalto (°). Ella vuole infatti sabotare l'entrata della Macedonia (°°) nell'Unione Europea. Nella finzione di questo universo parallelo, infatti, nel 2013 si è trovato un accordo nominalistico che deve essere ratificato con referendum. Tutti sembrano felici e contenti, e si suppone dunque una sua facile vittoria. Moriarty scommette pesantemente contro (°°°), e punta su di un sanguinoso colpo di scena per far pendere la bilancia dalla sua parte.

Sherlock Holmes intuisce buona parte del piano ma non riesce ad agire in quanto bloccato tutte le cose di cui è meglio non dire qui (§), fortuna vuole che proprio in questa circostanza la dottoressa Joan Watson (Lucy Liu) riesca a dimostrare di che pasta sia fatta e a salvare la giornata.

(*) In inglese sono due parole diverse, la sostanza è heroin, senza la e finale. Credo che Robert Doherty (ideazione e sceneggiatura) volesse giocare sulla forte assonanza, in quanto entrambi i termini hanno il loro peso in questa puntata.
(**) La prima visione CBS prevedeva appunto la visione consecutiva, da noi si è preferito trattarli separatamente.
(***) In questa versione non sembra che abbia un titolo professorale, ma sappiamo davvero poco del personaggio, se non che è un genio del male nel solco tracciato da sir Conan Doyle.
(°) Ma, viste le cifre in ballo, dotato in un consistente portafoglio.
(°°) O meglio, La Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, come viene spesso indicata in seguito alle rimostranze greche sull'uso del nome di quella che è anche una loro regione.
(°°°) I dettagli della scommessa sono campati in aria e vivono nel reame dell'insensatezza. Meglio avrebbero fatto a restare nel generico.
(§) Perché è proprio suoi motivi di questo blocco che verte l'interesse dell'episodio.

Elementary 1.23: Peonie

Dicesi spiegone quella pausa nell'azione in cui il narratore obbliga i personaggi a innaturali spiegazioni che hanno senso solo dalla prospettiva del pubblico. A volte il senso dello spiegone sta nel dubbio che lo spettatore abbia bisogno di un aiutino per capire cosa sia successo. Vedasi come esempio di questo caso il mitologico monologo dello psichiatra sul finire dello Psycho di Alfred Hitchcock (1960 *). Il Maestro doveva aver seri e legittimi dubbi su cosa potesse pensare uno spettatore medio del caso in questione, e probabilmente quello che oggi sembra completamente inutile ai tempi doveva essere a molti sembrato necessario.

Altre volte lo spiegone serve per mettere al corrente di cose di cui fino al quel momento si era parlato poco o niente. Invito a cena con delitto (1976) illustra molto bene e con notevole verve comica (**) quanto questo spesso indispettisca il fruitore dell'opera.

Nella serialità più smaccata, lo spiegone è un espediente per ricordare ai distratti cosa sta accadendo e perché.

Questa puntata è un raro esempio di mega-spiegone. Praticamente l'intero episodio è dedicato a spiegare il punto chiave di tutta la stagione, che del resto è stata costellata da spiegoni che hanno imperversato in molti episodi.

La puntata precedente era finita con la rivelazione che Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) aveva sprecato un paio di anni della sua vita, oltre ad aver rischiato la morte per abuso di droghe, per la causa sbagliata. La sua amata Irene Adler (Natalie Dormer) è viva, e non morta come lui credeva.

Un noiosissimo flash-back sulla storia londinese di Sherlock e Irene occupa gran parte del tempo, mentre l'azione corrente, a New York, verte sulla storia corrente tra i due piccioncini, con Sherlock che cerca di capire il piano di Moriarty e come può salvare capra (Irene) e cavoli (sconfiggere il suo arcinemico). Colpo di scena finale, scopriamo la vera identità di Moriarty, il che rende il compito di Holmes ancora più impervio.

Nota di demerito alla distribuzione italiana, che ha dato a questo episodio, in originale The woman (***), come anche l'originale Holmes chiamava la Adler, in un titolo di una bruttezza unica.

(*) Riproposto pari pari nel remake di Gus Van Sant (1998), ovviamente meglio vedersi l'originale.
(**) E voglio vedere, con una sceneggiatura firmata da Neil Simon e un cast stellare come se ne sono visti pochi.
(***) La donna, con lo stress sull'articolo, a sottolineare come per Holmes la Adler sia quasi l'unica donna al mondo degna di questo nome.

Elementary 1.22: Gestione del rischio

Seconda parte del finale di stagione, e io mi sono già stufato. Spero che il doppio episodio terminale riesca in qualche modo a cambiar direzione. Usciti di scena i due comprimari di lusso (*) che, pur non avendo parti significative, hanno reso più interessante il precedente episodio, si ricade nel mesto tran tran dello show.

Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) si trova nella curiosa situazione di dover fare un lavoretto per conto di Moriarty. Indaga dunque su di un omicidio di sei mesi prima che sembra essere opera di piccola delinquenza ma ad occhio più attento rivela una situazione più complessa. Evidentemente, la soluzione di questo caso porterà vantaggi a Moriarty, ma Holmes pensa di riuscire comunque a batterlo. Visto quello che succede, non sembra proprio.

(*) I due psicopatici al soldo di Moriarty, Moran (Vinnie Jones) e Gottlieb (F. Murray Abraham)

Elementary 1.21: Un fatto storico

Ridendo e scherzando, siamo arrivati alla fine della prima stagione. Abbiamo dunque un finalone diviso in quattro episodi. Un po' eccessivo, invero. Il punto chiave su cui è stata costruita la vicenda è che Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ha lasciato Londra per Manhattan, New York in seguito ad una sua brutale sconfitta nei confronti di Moriarty, il quale ha ucciso, per motivi ignoti, Irene Adler, unico e insostituibile amore di Sherlock.

Gli interessi delinquenziali di Moriarty, però, fanno sì che le strade dei due si incontrino nuovamente. Sembra quasi che Moriarty sia a caccia di Holmes, cerchi lo scontro, volendo eliminarlo o essere dal consulting detective eliminato. In un episodio a metà serie Sherlock si è scontrato con M., che però non è Moriarty ma un suo scagnozzo, Sebastian Moran (Vinnie Jones), lo ha sconfitto, ma il brandello di verità che ne ha ricavato è stato ben poco consolante.

Dopo quell'episodio, mi sarei aspettato un fiero scontro tra i due avversari. Invece niente. Sembra che entrambi abbiano deciso di prendersi una lunga pausa di riflessione. Si riprende adesso, e solo perché Moran, dalla fondo della sua galera, intuisce che un tale, apparentemente morto per cause naturali, è stato eliminato da Moriarty. Avverte Holmes, e questi verifica (*) che si tratta effettivamente di un omicidio astutamente dissimulato usando tecniche fantascientifiche alla James Bond. Avendo capito il motivo che era dietro a questo assassinio, gli è facile capire chi sia la prossima vittima in lista, e riesce altrettanto facilmente a far cadere in una trappola quest'altro sodale di Moriarty, tal Daniel Gottlieb (F. Murray Abraham **), ennesimo psicopatico. Questo è un serial killer che, al contrario di Moran, ama uccidere la gente facendo pensare che si tratti di cause naturali o incidenti casuali.

Moriarty non sembra particolarmente addolorato dalla sconfitta. Anzi, usa il telefono di Gottlieb, ora in possesso di Holmes, per contattarlo e chiedergli di fare un lavoretto per conto suo. Di cui si parlerà nella prossima puntata.

(*) Grazie alle conoscenze chirurgiche di Watson (Lucy Liu), che ha perciò una certa necessità di essere in questo episodio.
(**) Nientemeno.

Elementary 1.20: Ricatto col morto

Come da tradizione (*), Charles Augustus Milverton (David Mogentale), è una persona così brutta che Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) non ha alcuna voglia di intervenire contro chi riesca ad interrompere le sue deprecabili attività, qualunque sia il modo. Il twist in questa versione (**) è che Milverton, prima di uscire ai giochi, aveva creato una complicata rete che avrebbe dovuto cautelarlo da possibi accidenti, che però funziona malissimo. Anzi, per niente. Però riesce a rendere l'investigazione di Holmes e Watson (Lucy Liu) abbastanza intricata da occupare la mezz'oretta canonica. A proposito, il ruolo di Watson è terribilmente appiattito, avendo ben poco da fare se non imparare il lavoro di consulting detective. Spero che Robert Doherty (***) abbia in mente come risolvere l'impasse che lui stesso ha creato.

Il confronto con altre versioni televisive dello stesso racconto è desolante. Nella serie Granada si è riusciti addirittura ad espandere il breve racconto in un episodio doppio (1992) da cento minuti dove si trova il modo di creare una digressione che allarghi la visuale sul rapporto che quello Sherlock Holmes (Jeremy Brett) ha con le donne. La serie BBC corrente rende Milverton (Lars Mikkelsen), sia pur cambiandogli il nome per esigenze di sceneggiatura (°), personaggio di rifimento della terza stagione (2014), di cui il terzo e ultimo episodio, L'ultimo giuramento riporta i temi del racconto originale, ma aggiungendo tanta di quella roba, e con un finale da brividi, da farlo diventare un must see per tutti gli interessati al genere (°°).

Qui, purtroppo, l'intrico che crea Milverton al massimo mi ha fatto pensare "meh". Ma il peggio è la parte extra-indagine, che è dominata dai capricci di Holmes che non vuole essere premiato per un anno di sobrietà (°°°), il che non fa felice né Watson né Alfredo Llamosa (Ato Essandoh), che poi sarebbe l'ex tossico, ex delinquente che lo segue nel precorso riabilitativo. Dopo lunghi e noiosi tira e molla, Holmes spiega il vero motivo per cui non vuole essere premiato, e tutti ritornano amici come e più di prima.

(*) Arthur Conan Doyle, L'avventura di Charles Augustus Milverton (1904), raccolta in Il ritorno di Sherlock Holmes (1905).
(**) Soggetto di Christopher Silber, che ha sceneggiato assieme a Liz Friedman.
(***) Creatore della serie.
(°) Charles Augustus Magnussen. Volendo sottolineare la sua non inglesicità, lo si è fatto diventare scandinavo.
(°°) Però conviene vedersi tutti gli episodi precedenti, per goderselo appieno.
(°°°) Cose da americani, che si inventano premi per tutto. Io solidarizzavo con Sherlock, il premio nel restare sobri per un anno sta nell'esserci riuscito, non nel prendere una medaglietta.

Elementary 1.19: Angeli nella neve

Cosa che mi piace poco in molte delle sceneggiature di Elementary (*) è che i cattivi siano solitamente psicopatici o comunque gente con grossi problemi mentali. Non sembrerebbe questo il caso, visto che si parla di una rapina, ma con lo svolgersi del caso scopriamo che la banda è composta da svitati. Hanno infatti messo in opera un piano folle che nessun delinquente sano di mente si sognerebbe di utilizzare.

Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) e Joan Watson (Lucy Liu) lavorano in coppia al caso, e si potrebbe far a meno di lei, meno utilizzata del solito, che ha come peculiarità di essere ambientato mentre una tempesta di neve si abbatte su New York. L'idea "geniale" della banda è proprio quella di usare le avverse condizioni atmosferiche come copertura, grazie anche ad una talpa piazzata al posto giusto. La complicazione è che hanno bisogno di informazioni riservate, che accedono grazie alla falsa rapina di cui sopra. Un punto molto debole è appunto questa copertura, che è legato ad una tempistica tutta sua, e che difficilmente si abbina ai capricci meteorologici del momento.

A ravvivare la puntata fiacca c'è, oltre alla neve, l'introduzione di Miss (**) Hudson (Candis Cayne). Costei è una transessuale amica di Holmes dalla vita privata piuttosto tormentata. Nel finire di puntata scopriamo che diventerà una specie di donna delle pulizie, e quindi ci possiamo aspettare che diventi un personaggio ricorrente.

(*) Robert Doherty è il nume tutelare della serie, questo episodio è stato scritto da Jason Tracey, sua seconda partecipazione in questo ruolo, dopo Dettagli. Più attivo come produttore.
(**) Altra piccola variazione rispetto al canone di Conan Doyle.

Elementary 1.18: Deja vu

Nonostante alcune mie perplessità, Elementary non è una brutta serie. Interpreti di buon profilo, budget che per noi basterebbe a farci un film di medio livello, buchi di sceneggiatura e svarioni limitati e accettabili. Cos'è dunque che mi rende difficile schiodare il mio giudizio dalla sufficienza, mi chiedevo alla fine della visione di questo episodio, che non è malaccio, a tratti anche divertente.

Il punto chiave che mi ha infastidito è che si insiste ancora sul cambio di ruolo di Watson (Lucy Liu). Dopo lunghe titubanze, in Dettagli ha finalmente deciso di diventare junior consulting detective sotto l'ala di Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller), in Seconda possibilità vediamo i due gestire la mutata relazione, ma è solo alla fine di questa puntata che Watson, dopo aver litigato con i suoi amici, preoccupati per la sua instabilità occupazionale (*), che la Watson cambia la sua scheda personale online (**) per divulgare al mondo quale sia la sua nuova occupazione. Questa lentezza nell'evolvere i personaggi è normale nelle produzioni televisive, in cui si assume un pubblico che guarda distrattamente un episodio, o magari lo salta completamente, e comunque ha bisogno continui spiegoni per non naufragare nella visione. O almeno lo era fino a qualche anno fa. Adesso, tra repliche e accesso su internet degli episodi precedenti, le serie più moderne assumono uno spettatore più focalizzato, o almeno capace di andarsi a rivedere quello che si era perso.

Sherlock aveva chiesto un favore a suo padre in Caricata a droga, e gli era stato concesso, a patto di dover ricambiare il piacere. Il momento è arrivato, e ora Sherlock deve risolvere un caso per un amico di senior. Dati i rapporti molto tesi tra i due, Sherlock maltratta il cliente e affida il caso a Watson, che fatica, fallisce, ma alla fine riesce ad apportare un contributo sostanziale alla soluzione. Il caso in sé è improbabile. Una donna sparisce, il marito sembra molto sospetto, Watson è convinto della sua colpevolezza ma non riesce a trovare prove. Una intuizione al momento giusto si rivela fondamentale.

(*) Ricordo che la serie è ambientata a Manhattan, New York. Posto in cui non si riesce a vivere decentemente in assenza di entrate continue e sostanziose. A meno che non si sia di famiglia ricca, si intende.
(**) Non ho capito bene di che sito, forse una specie di Facebook farlocco.