Esordio cinematografico di gran classe per Duncan Jones, una sorta di summa del cinema di fantascienza di fine novecento rivista alla luce di tematiche contemporanee quali lo strapotere delle multinazionali.
Il basso costo della pellicola non intacca la qualità del prodotto, che è basato su una solida sceneggiatura (sviluppata da Nathan Parker a partire da un soggetto dello stesso Jones) e fa buon uso di una eccellente colonna sonora (Clint Mansell), di un valido protagonista (Sam Rockwell - già Zaphod Beeblebrox nella versione cinematografica della Guida galattica per autostoppisti) e addirittura la voce di Kevin Spacey.
Verrebbe da malignare che se non avesse avuto come padre David Bowie forse Duncan Jones avrebbe avuto qualche difficoltà a mettere assieme un cast simile. Però, visto il risultato, non ci si può lamentare.
Lunga la serie delle citazioni che vengono fatte - Spacey dà la sua voce a GERTY, una sorta di HAL (2001 Odissea nello spazio) ma decisamente più simpatetico con gli umani; Rockwell vive da solo su una base lunare che mi ha fatto pensare a Spazio 1999 (serie anglo-italiana anni 70) badando, tra l'altro, alle sue piante come Bruce Dern in Silent running (da noi titolato 2002 la seconda odissea), una certa atmosfera da incubo con relative apparizioni fa pensare a Solaris, ma la seconda parte stravolge tutti i presupposti, muovendo la storia verso una conclusione inaspettata.
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