Il pilota di una serie televisiva in genere ha un doppio scopo, convincere la produzione della validità del prodotto, e quindi far sganciare il capitale necessario per produrre un'intera stagione, e poi convincere gli spettatori che valga la pena seguire la stagione stessa. A volte la produzione non resta particolarmente convinta dal pilota, e questo viene mandato in onda per valutare la risposta del pubblico prima di impegnarsi nell'intera stagione.
Qui siamo di fronte ad un caso molto peculiare. La BBC aveva sganciato il necessario (*) per la produzione di questo pilota, chiedendo che durasse un ora. Visto il risultato, hanno deciso che non era necessario attendere il responso del pubblico e hanno dato l'ok per la produzione dell'intera stagione, chiedendo però che le puntate durassero mezz'ora di più.
Difficile modificare questo episodio per gonfiarlo a novanta minuti senza rischiare di fare una mezza porcheria. E allora si è deciso di aggiustare la sceneggiatura e di rigirare tutto quanto cambiando quel che c'era da cambiare.
Il pilota originale così non è mai stato trasmesso, e lo si può vedere adesso come bonus allegato alla prima stagione in DVD. Vale la pena di guardarselo? Sì, ma solo per i fan della serie, direi.
Gran parte dell'azione è contenuta, con cambiamenti minimi (**), nel primo episodio come è conosciuto al mondo. Le aggiunte riguardano la partecipazione di Mycroft Holmes e gli accenni a Moriarty. La seconda circostanza concorre anche a rendere il caso del serial killer slegato da quanto avverrà nei successivi episodi.
Un difetto di questa prima versione è nello spiegone che illustra i punti oscuri del caso. Nella versione lunga, sparisce e i particolari vengono portati alla nostra conoscenza nel corso dello svolgimento dei fatti. In compenso, ci sono anche alcuni particolari, poi rimossi, che sono simpatici da vedere. Come nel finale, quando si esplicita sia che l'ispettore Lestrade (Rupert Graves) ha capito come sono andate le cose, anche se evita di dirlo per non creare inutili problemi, sia che Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) ha, tra i suoi innumerevoli difetti, anche la gran vanità di volere un pubblico a cui mostrare le sue capacità, e la difficoltà di sottrarsi ad una sfida che metta alla prova le sue capacità intellettive.
(*) Una cosetta come un milioncino, facendo i conti in Euro.
(**) Scopriamo ad esempio che il ristorantino take-away sotto all'appartamento della signora Hudson (Una Stubbs) aveva in questa versione il suo nome.
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Sherlock 1.3: Il grande gioco
Misteriosamente da me sottovalutato alla prima visione, è cresciuto per conto suo nella mia considerazione col passare del tempo, e adesso, rivedendolo, me lo sono goduto appieno.
Pur avendo a disposizione anche il doppiaggio italiano, ho preferito passare immediatamente a quello originale. La voce italiana di Holmes, almeno a mio gusto, non si può proprio sentire.
Interessante il prologo, che poco o nulla ha a che fare con lo sviluppo della puntata, ma riesce a trasformare in commedia una chiacchierata tra Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) e un delinquente bielorusso.
La sceneggiatura (Mark Gatiss) è un diligente collage di elementi provenienti da numerosi racconti di Conan Doyle, con l'aggiunta di particolari spuri, come il gigantesco killer slavo (John Lebar) noto con il nome d'arte di Golem, fra tutti emerge L'avventura dei progetti Bruce-Partington incrociata però ad un pericoloso gioco al massacro condotto da Jim Moriarty, che mostra di essere una specie di alter ego di Sherlock, però dedito al male.
Holmes, sotto lo sguardo sbigottito del buon Lestrade (Rupert Graves) e quello preoccupato del dottor Watson (Martin Freeman), risolve un numero impressionante di casi, per giungere ad un finale esplosivo in una piscina. Luogo topico per Moriarty, che, come abbiamo scoperto un'ora prima, ha forse fatto la sua irrevocabile scelta di campo proprio lì, venti anni prima.
Pur avendo a disposizione anche il doppiaggio italiano, ho preferito passare immediatamente a quello originale. La voce italiana di Holmes, almeno a mio gusto, non si può proprio sentire.
Interessante il prologo, che poco o nulla ha a che fare con lo sviluppo della puntata, ma riesce a trasformare in commedia una chiacchierata tra Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) e un delinquente bielorusso.
La sceneggiatura (Mark Gatiss) è un diligente collage di elementi provenienti da numerosi racconti di Conan Doyle, con l'aggiunta di particolari spuri, come il gigantesco killer slavo (John Lebar) noto con il nome d'arte di Golem, fra tutti emerge L'avventura dei progetti Bruce-Partington incrociata però ad un pericoloso gioco al massacro condotto da Jim Moriarty, che mostra di essere una specie di alter ego di Sherlock, però dedito al male.
Holmes, sotto lo sguardo sbigottito del buon Lestrade (Rupert Graves) e quello preoccupato del dottor Watson (Martin Freeman), risolve un numero impressionante di casi, per giungere ad un finale esplosivo in una piscina. Luogo topico per Moriarty, che, come abbiamo scoperto un'ora prima, ha forse fatto la sua irrevocabile scelta di campo proprio lì, venti anni prima.
Sherlock 1.2: Il banchiere cieco
Il dottor Watson (Martin Freeman) ha qualche problema ad adattarsi all'amicizia con Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch), così disinteressato alle piccolezze della vita di tutti i giorni, e con una vita parallela che include assassini mascherati della quale non sembra voler rendere edotto, se proprio non sia necessario, il suo companion.
Il caso di questa puntata verte su una banda cinese dedita al traffico di opere d'arte. Qualcuno ha tradito, e loro, che non vanno per il sottile, ammazzano prima di chiedere.
Brillano per la loro assenza Lestrade, qui sostituito da un insipido Dimmock, e il fratellone di Sherlock. Watson, dopo aver fallito miserabilmente l'approccio con una bella fanciulla nell'episodio precedente, sembra aver maggior successo con Sarah (Zoe Telford), che sarebbe poi la sua capa in un lavoro temporaneo che ha trovato.
Confermo le mie perplessità che avevo avuto alla prima visione, sembra un episodio scritto con la mano sinistra. Anche se il risultato è comunque superiore a quello di serie simili, anche al loro meglio.
Il caso di questa puntata verte su una banda cinese dedita al traffico di opere d'arte. Qualcuno ha tradito, e loro, che non vanno per il sottile, ammazzano prima di chiedere.
Brillano per la loro assenza Lestrade, qui sostituito da un insipido Dimmock, e il fratellone di Sherlock. Watson, dopo aver fallito miserabilmente l'approccio con una bella fanciulla nell'episodio precedente, sembra aver maggior successo con Sarah (Zoe Telford), che sarebbe poi la sua capa in un lavoro temporaneo che ha trovato.
Confermo le mie perplessità che avevo avuto alla prima visione, sembra un episodio scritto con la mano sinistra. Anche se il risultato è comunque superiore a quello di serie simili, anche al loro meglio.
Sherlock 1.1: Uno studio in rosa
Come ogni buon pilota di una serie, ha lo scopo di mostrare chi sono i personaggi principali, in che ambiente si muovono, e cosa ci si può aspettare dagli altri episodi. Il titolo stesso è un indizio non trascurabile, essendo una evidente reinterpretazione del primo romanzo di sir Arthur Conan Doyle (*) dedicato alle avventure di Sherlock Holmes.
Si parte spiegandoci che John Watson (Martin Freeman) è, come vuole la tradizione, un medico militare che è appena tornato in patria dopo aver combattuto in Afghanistan. La differenza sostanziale è che siamo ai nostri giorni. Il dottore sembra soffrire di un disturbo post-traumatico da stress in seguito all'esperienza, e non sembra che il supporto psicologico che ha gli possa giovare molto. Per sua fortuna incontra un vecchio amico, che lo introduce ad un pazzo scatenato (**), Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch), cosa che cambierà radicalmente la vita di entrambi.
I due vanno a vivere al 221/B di Baker Street, come affittuari della dolcemente svitata signora Hudson (Una Stubbs), il che, essendo cambiati i tempi, crea spesso l'equivoco che i due siano una coppia romantica, cosa che non fa nè caldo nè freddo a Sherlock ma che crea qualche dispiacere al buon dottore.
Facciamo la conoscenza dell'investigatore Lestrade (Rupert Graves) di Scotland Yard che, contrariamente all'originale, tiene in gran considerazione Holmes, e non vuole semplicemente sfruttare le sue capacità induttive come faceva l'originale. Entrano subito nell'intrigo anche il fratello maggiore di Sherlock, Mycroft, e il supercattivo Moriarty.
Il caso ha una certa somiglianza con quello originale, ma è stato frullato e adattato al punto tale che lo spoiler risulta limitato e l'episodio mantiene comunque un'alta godibilità anche dal punto dello sviluppo giallo.
Rispetto alla mia prima visione, questa volta mi sono goduto di più gli sviluppi sul versante umoristico, perché conosco meglio i personaggi, e perché questa volta l'ho visto in italiano. In negativo, la voce originale di Cumberbatch è estremamente più interessante di quella del doppiatore italiano, profonda e con un non so che di minaccioso che meglio si addice al personaggio. In italiano sembra più di avere a che fare con un teenager petulante.
(*) Uno studio in rosso. In originale A study in scarlet diventa A study in pink.
(**) Che più avanti nella narrazione ci terrà a specificare di non essere uno psicopatico bensì un sociopatico altamente funzionale.
Si parte spiegandoci che John Watson (Martin Freeman) è, come vuole la tradizione, un medico militare che è appena tornato in patria dopo aver combattuto in Afghanistan. La differenza sostanziale è che siamo ai nostri giorni. Il dottore sembra soffrire di un disturbo post-traumatico da stress in seguito all'esperienza, e non sembra che il supporto psicologico che ha gli possa giovare molto. Per sua fortuna incontra un vecchio amico, che lo introduce ad un pazzo scatenato (**), Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch), cosa che cambierà radicalmente la vita di entrambi.
I due vanno a vivere al 221/B di Baker Street, come affittuari della dolcemente svitata signora Hudson (Una Stubbs), il che, essendo cambiati i tempi, crea spesso l'equivoco che i due siano una coppia romantica, cosa che non fa nè caldo nè freddo a Sherlock ma che crea qualche dispiacere al buon dottore.
Facciamo la conoscenza dell'investigatore Lestrade (Rupert Graves) di Scotland Yard che, contrariamente all'originale, tiene in gran considerazione Holmes, e non vuole semplicemente sfruttare le sue capacità induttive come faceva l'originale. Entrano subito nell'intrigo anche il fratello maggiore di Sherlock, Mycroft, e il supercattivo Moriarty.
Il caso ha una certa somiglianza con quello originale, ma è stato frullato e adattato al punto tale che lo spoiler risulta limitato e l'episodio mantiene comunque un'alta godibilità anche dal punto dello sviluppo giallo.
Rispetto alla mia prima visione, questa volta mi sono goduto di più gli sviluppi sul versante umoristico, perché conosco meglio i personaggi, e perché questa volta l'ho visto in italiano. In negativo, la voce originale di Cumberbatch è estremamente più interessante di quella del doppiatore italiano, profonda e con un non so che di minaccioso che meglio si addice al personaggio. In italiano sembra più di avere a che fare con un teenager petulante.
(*) Uno studio in rosso. In originale A study in scarlet diventa A study in pink.
(**) Che più avanti nella narrazione ci terrà a specificare di non essere uno psicopatico bensì un sociopatico altamente funzionale.
Rapunzel - L'intreccio della torre
Nel mondo della grafica computerizzata gli anni passano rapidi e impietosi. In un lustro la percezione dell'animazione di questo classico Disney (*) mi è passata da un buon livello di soddisfazione ad un odierno velato malcontento in certi passaggi in cui non ho potuto fare a meno di sollevare un sopracciglio, notando una non ben riuscita integrazione tra diversi elementi presentati sullo schermo.
La storia è basata sulla favola raccolta dai fratelli Grimm, da noi nota come Raperonzolo o Prezzemolina, che però è stata pesantemente adattata anche per farla rientrare nei canoni disneyani del tempo andato, con una netta contrapposizione tra i buoni e i cattivi, anche se questo vale solo per i personaggi principali, mentre al contorno si agitano parecchi personaggi che passano dalle schiere del male a quelle del bene.
La super cattiva della storia è Madre Gothel, una strega che assomiglia stranamente a Susan Sarandon (**), non sembra avere grandi capacità magiche ma conosce il modo di sfruttare la magia di un certo raro fiore. Per motivi che non sto a raccontare, questi poteri passano ad una bimbetta, Rapunzel, per l'appunto, che diventa perciò necessaria alla Gothel.
Segue intricata storia (***) in cui Rapunzel cerca di tornare dai suoi veri genitori, anche se per quasi tutto il tempo lei è convinta di essere figlia di Gothel, l'avventuriero Flynn Rider cerca di riprendersi una corona rubata ai genitori di Rapunzel, ma per far questo deve aiutare la stessa Rapunzel a fare un viaggio, un cavallo sapiente, Maximus, cerca di assicurare Flynn Rider alla giustizia, eccetera.
(*) Cinquantesimo della lista. Un periodo di fiacca, preceduto com'è da La principessa e il ranocchio (2009) e seguito da Winnie the Pooh (2011).
(**) Forse l'idea era farla doppiare da lei? Forse è un omaggio a qualche suo ruolo del passato? Forse stava antipatica a qualche disegnatore?
(***) Tangled è per l'appunto il titolo originale.
La storia è basata sulla favola raccolta dai fratelli Grimm, da noi nota come Raperonzolo o Prezzemolina, che però è stata pesantemente adattata anche per farla rientrare nei canoni disneyani del tempo andato, con una netta contrapposizione tra i buoni e i cattivi, anche se questo vale solo per i personaggi principali, mentre al contorno si agitano parecchi personaggi che passano dalle schiere del male a quelle del bene.
La super cattiva della storia è Madre Gothel, una strega che assomiglia stranamente a Susan Sarandon (**), non sembra avere grandi capacità magiche ma conosce il modo di sfruttare la magia di un certo raro fiore. Per motivi che non sto a raccontare, questi poteri passano ad una bimbetta, Rapunzel, per l'appunto, che diventa perciò necessaria alla Gothel.
Segue intricata storia (***) in cui Rapunzel cerca di tornare dai suoi veri genitori, anche se per quasi tutto il tempo lei è convinta di essere figlia di Gothel, l'avventuriero Flynn Rider cerca di riprendersi una corona rubata ai genitori di Rapunzel, ma per far questo deve aiutare la stessa Rapunzel a fare un viaggio, un cavallo sapiente, Maximus, cerca di assicurare Flynn Rider alla giustizia, eccetera.
(*) Cinquantesimo della lista. Un periodo di fiacca, preceduto com'è da La principessa e il ranocchio (2009) e seguito da Winnie the Pooh (2011).
(**) Forse l'idea era farla doppiare da lei? Forse è un omaggio a qualche suo ruolo del passato? Forse stava antipatica a qualche disegnatore?
(***) Tangled è per l'appunto il titolo originale.
Love & secrets
Il film è dovuto all'attrazione fatale che il trio creativo (*) ha per la vita di Robert Durst, vicenda che da decenni riappare e scompare nelle cronache americane. Se questo è un vantaggio per lo spettatore d'oltreoceano, che più o meno sa di cosa si parla, e riconosce dettagli di cui sa grazie a televisione e giornali, lo è meno per noi. Per motivi sia narrativi sia di cautela, la storia è stata semplificata e sono state eliminate alcune parti imbarazzanti. Ad esempio non si cita nemmeno di passaggio che Durst ha avuto una lunga relazione pubblica con Prudence Farrow prima della misteriosa scomparsa della moglie. Inoltre, dopo la realizzazione del film, sono successi altri fatterelli che hanno complicato la posizione del Durst e hanno avanzato sospetti persino peggiori sulla sua figura. Infine, alcune illazioni sui fatti sono a dir poco indimostrabili, come il presunto parricidio che gli viene velatamente attribuito.
Nonostante tutte queste cautele, il racconto, che pure non è per niente attendibile sui singoli fatti, ha una sua rilevanza nel darci un'idea dei tempi e dell'ambiente in cui i fatti si sono svolti.
David Marks (Ryan Gosling) è il rampollo di una ricca famiglia che possiede immobili a midtown Manhattan, dalle parti di Times square. Siamo sul finire degli anni settanta, e ai tempi la zona era malfamata. Succede così che gli affittuari dei Marks hanno a che fare con pornografia, prostituzione, e tutta una serie di attività al limite della legalità, se non oltre. La potenza e ricchezza della famiglia è tale da far sì che questo dettaglio risulti invisibile ai loro amici, che preferiscono non vedere e non sapere.
Per David la sua famiglia è un peso, e così quando incontra Katie (Kirsten Dunst), completamente estranea al loro giro, se ne innamora in un batter d'occhio. I due decidono di mollare New York e aprire un negozio di alimentari nel Vermont (**). La cosa però non dura, il padre di David, Sanford (Frank Langella), insiste perché i due piccioncini tornino in città, facendo balenare l'idea che Katie si merita di più di quello che David gli può offrire.
E inizialmente Sanford sembra aver ragione, ma il contatto continuo con il padre, e il lavoro deprimente, risveglia in David la sua inquietudine, che viene fatta risalire al suicidio di sua madre, avvenuto quando lui aveva sette anni. Il timore di non poter essere un buon padre, o forse il rifiuto completo della figura paterna, spingono David a rifiutare di avere figli, cosa che determina il distacco da Katie. Con il passare degli anni il carattere di David peggiora sempre più, finché una notte Katie sparisce. David sostiene se ne sia andata, la regia ci fa capire di pensare che le cose siano andate in un modo più tragico.
Una ventina di anni dopo il caso viene riaperto. Si scoprono alcuni elementi molto dubbi, e sembra che ci siano elementi che possano incriminare David. Deborah Lehrman (Lily Rabe), vecchia amica di David, potrebbe avere cose da dire in merito ma, sfortunatamente, una pallottola le impedisce di chiarire alcunché. Dal canto suo, David, si sottrae all'inchiesta sparendo nel nulla, si scoprirà poi che ha vissuto in un paesino desolato spacciandosi per donna, risolvendo il problema della voce poco femminile dichiarandosi muta. Giusto per complicare le cose, in questo periodo David ammazza un suo vicino e lo fa a pezzi, e per questo verrà portato a processo, ma se la caverà con una condanna di pochi anni.
A mio parere, il difetto principale del film è che non si capisce dove vuole andare a parare. Da un lato sembra suggerire che David sia vittima delle circostanze, e che il suo peccato più grosso sia quello di non essersi riuscito ad affrancarsi dal mortale abbraccio paterno. Dall'altro, il comportamento di David è quello di un idiota per il quale è veramente difficile avere anche una minima empatia. Forse la lezione che si può trarre da questa storia è che se si è abnormemente ricchi si può fare di tutto, e che questo non sia un bene per nessuno.
(*) Regia di Andrew Jarecki, sceneggiatura di Marcus Hinchey e Marc Smerling.
(**) Come dire, nel mezzo del nulla. Il nome del posto, All good things - Tutte cose buone - è il titolo originale del film. Che, al contrario del titolo scelto dalla distribuzione italiana, ha un suo senso. Infatti, evidentemente, si sostiene che David sia stato rovinato dal contatto con la sua famiglia, e che forse la vita in campagna sarebbe riuscito a far sì che fossero le cose buone dentro di lui ad avere il sopravvento, e non quelle cattive.
Nonostante tutte queste cautele, il racconto, che pure non è per niente attendibile sui singoli fatti, ha una sua rilevanza nel darci un'idea dei tempi e dell'ambiente in cui i fatti si sono svolti.
David Marks (Ryan Gosling) è il rampollo di una ricca famiglia che possiede immobili a midtown Manhattan, dalle parti di Times square. Siamo sul finire degli anni settanta, e ai tempi la zona era malfamata. Succede così che gli affittuari dei Marks hanno a che fare con pornografia, prostituzione, e tutta una serie di attività al limite della legalità, se non oltre. La potenza e ricchezza della famiglia è tale da far sì che questo dettaglio risulti invisibile ai loro amici, che preferiscono non vedere e non sapere.
Per David la sua famiglia è un peso, e così quando incontra Katie (Kirsten Dunst), completamente estranea al loro giro, se ne innamora in un batter d'occhio. I due decidono di mollare New York e aprire un negozio di alimentari nel Vermont (**). La cosa però non dura, il padre di David, Sanford (Frank Langella), insiste perché i due piccioncini tornino in città, facendo balenare l'idea che Katie si merita di più di quello che David gli può offrire.
E inizialmente Sanford sembra aver ragione, ma il contatto continuo con il padre, e il lavoro deprimente, risveglia in David la sua inquietudine, che viene fatta risalire al suicidio di sua madre, avvenuto quando lui aveva sette anni. Il timore di non poter essere un buon padre, o forse il rifiuto completo della figura paterna, spingono David a rifiutare di avere figli, cosa che determina il distacco da Katie. Con il passare degli anni il carattere di David peggiora sempre più, finché una notte Katie sparisce. David sostiene se ne sia andata, la regia ci fa capire di pensare che le cose siano andate in un modo più tragico.
Una ventina di anni dopo il caso viene riaperto. Si scoprono alcuni elementi molto dubbi, e sembra che ci siano elementi che possano incriminare David. Deborah Lehrman (Lily Rabe), vecchia amica di David, potrebbe avere cose da dire in merito ma, sfortunatamente, una pallottola le impedisce di chiarire alcunché. Dal canto suo, David, si sottrae all'inchiesta sparendo nel nulla, si scoprirà poi che ha vissuto in un paesino desolato spacciandosi per donna, risolvendo il problema della voce poco femminile dichiarandosi muta. Giusto per complicare le cose, in questo periodo David ammazza un suo vicino e lo fa a pezzi, e per questo verrà portato a processo, ma se la caverà con una condanna di pochi anni.
A mio parere, il difetto principale del film è che non si capisce dove vuole andare a parare. Da un lato sembra suggerire che David sia vittima delle circostanze, e che il suo peccato più grosso sia quello di non essersi riuscito ad affrancarsi dal mortale abbraccio paterno. Dall'altro, il comportamento di David è quello di un idiota per il quale è veramente difficile avere anche una minima empatia. Forse la lezione che si può trarre da questa storia è che se si è abnormemente ricchi si può fare di tutto, e che questo non sia un bene per nessuno.
(*) Regia di Andrew Jarecki, sceneggiatura di Marcus Hinchey e Marc Smerling.
(**) Come dire, nel mezzo del nulla. Il nome del posto, All good things - Tutte cose buone - è il titolo originale del film. Che, al contrario del titolo scelto dalla distribuzione italiana, ha un suo senso. Infatti, evidentemente, si sostiene che David sia stato rovinato dal contatto con la sua famiglia, e che forse la vita in campagna sarebbe riuscito a far sì che fossero le cose buone dentro di lui ad avere il sopravvento, e non quelle cattive.
Oranges and sunshine
Varrebbe la pena di vederlo in abbinata con Ladybird ladybird di Ken Loach. Il tema è simile, la sceneggiatura è in entrambi i casi di Rona Munro (*), e questa è la prima regia cinematografica di Jim Loach, figlio di Ken.
Negli anni ottanta, Margaret Humphreys (Emily Watson) lavora ai servizi sociali di Nottingham. Un lavoro di quelli che fanno venire il mal di pancia al solo pensarci, per sua fortuna ha un marito (Richard Dillane) molto comprensivo e capace. Una sera una giovane donna le chiede aiuto, è giunta dall'Australia a Nottingham per cercare tracce della sua infanzia ma non ha trovato nulla. Il che è molto strano, considerando l'efficienza della burocrazia inglese. Ancora più strano che lei racconti di essere stata spedita dall'altra parte del mondo in nave, a quattro anni, senza accompagnatori, in compagnia di numerosi altri orfani, o presunti tali, avendo come destinazione un orfanotrofio. Margaret non sa bene cosa pensare di tutto ciò, lascia il fatto in un cantuccio della sua memoria e torna al suo lavoro.
Capita però che una sua assistita racconti di suo fratello Jack (Hugo Weaving), da cui era stata separata in tenera età, che la ha recentemente ricontattata. Jack è finito in Australia, e anche lui dice di essere stato spedito per nave, nelle stesse circostanze che Margaret ha sentito. Inizia così a cercare maggiori informazioni e scopre una orribile verità.
Fino agli anni settanta è stata pratica comune spedire bambini britannici nelle colonie (**). In teoria avrebbero dovuto essere solo orfani, ma la richiesta era alta e allora non si andava troppo per il sottile, mentendo ai minorenni, dicendo loro che i genitori erano morti e prospettando loro una bella vita in un paese assolato dove avrebbero potuto mangiare tutti i giorni arance colte direttamente dall'albero. La realtà era leggermente diversa, e molti bambini hanno vissuto come schiavi, alcuni venendo pure regolarmente violentati, dovendo poi ripagare il debito per l'accoglienza ricevuta.
Il film è stato presentato al festival di Roma nel 2010 ma misteriosamente non è stato distribuito da noi in alcuna forma.
(*) In questo caso basata sul libro-inchiesta di Margaret Humphreys.
(**) Nel film si parla solo di Australia, ma anche il Canada era parte dello schema.
Negli anni ottanta, Margaret Humphreys (Emily Watson) lavora ai servizi sociali di Nottingham. Un lavoro di quelli che fanno venire il mal di pancia al solo pensarci, per sua fortuna ha un marito (Richard Dillane) molto comprensivo e capace. Una sera una giovane donna le chiede aiuto, è giunta dall'Australia a Nottingham per cercare tracce della sua infanzia ma non ha trovato nulla. Il che è molto strano, considerando l'efficienza della burocrazia inglese. Ancora più strano che lei racconti di essere stata spedita dall'altra parte del mondo in nave, a quattro anni, senza accompagnatori, in compagnia di numerosi altri orfani, o presunti tali, avendo come destinazione un orfanotrofio. Margaret non sa bene cosa pensare di tutto ciò, lascia il fatto in un cantuccio della sua memoria e torna al suo lavoro.
Capita però che una sua assistita racconti di suo fratello Jack (Hugo Weaving), da cui era stata separata in tenera età, che la ha recentemente ricontattata. Jack è finito in Australia, e anche lui dice di essere stato spedito per nave, nelle stesse circostanze che Margaret ha sentito. Inizia così a cercare maggiori informazioni e scopre una orribile verità.
Fino agli anni settanta è stata pratica comune spedire bambini britannici nelle colonie (**). In teoria avrebbero dovuto essere solo orfani, ma la richiesta era alta e allora non si andava troppo per il sottile, mentendo ai minorenni, dicendo loro che i genitori erano morti e prospettando loro una bella vita in un paese assolato dove avrebbero potuto mangiare tutti i giorni arance colte direttamente dall'albero. La realtà era leggermente diversa, e molti bambini hanno vissuto come schiavi, alcuni venendo pure regolarmente violentati, dovendo poi ripagare il debito per l'accoglienza ricevuta.
Il film è stato presentato al festival di Roma nel 2010 ma misteriosamente non è stato distribuito da noi in alcuna forma.
(*) In questo caso basata sul libro-inchiesta di Margaret Humphreys.
(**) Nel film si parla solo di Australia, ma anche il Canada era parte dello schema.
Il responsabile delle risorse umane
Eran Riklis questa volta usa una sceneggiatura basata sul romanzo omonimo di Abraham B. Yehoshua, che è stato molto spolpato, ha subito qualche aggiustamento, ma che tutto sommato mantiene lo spirito originale. La protagonista sarebbe Yulia (*), che però muore orribilimente prima dell'inizio dell'azione. Il racconto viene fatto perciò seguendo prevalentemente la prospettiva del responsabile delle risorse umane (Mark Ivanir) di un noto panificio israeliano, che si trova per le mani la patata bollente del suo caso. Yulia è infatti morta quando era ufficialmente una dipendente della sua azienda, anche se in realtà era stata licenziata. Un giornalista da quattro soldi monta un caso sulla faccenda, e la dirigenza del panificio, per evitare un danno di immagine, incarica il protagonista di riportare i resti di Yulia al suo paese natio.
Il viaggio diventa sempre più complicato, con un accumulo di situazioni che oscillano tra il tragico e il comico, fino a che non ci si rende conto che è inutile, almeno dal punto di vista di Yulia. Per il responsabile diventa invece una occasione per dare un senso alla sua vita che, forse, potrebbe da quel momento diventare migliore.
(*) Straniera, ma di nazionalità non specificata. Nel film si sottintende che sia romena.
Il viaggio diventa sempre più complicato, con un accumulo di situazioni che oscillano tra il tragico e il comico, fino a che non ci si rende conto che è inutile, almeno dal punto di vista di Yulia. Per il responsabile diventa invece una occasione per dare un senso alla sua vita che, forse, potrebbe da quel momento diventare migliore.
(*) Straniera, ma di nazionalità non specificata. Nel film si sottintende che sia romena.
The fighter
Credo che la mancanza di una coesione interna nella storia narrata sia figlia di una lunga e complicata storia produttiva. La prima certezza è stata che Mark Wahlberg avrebbe interpretato il ruolo principale, quello di Micky Ward, di cui è amico. Tutto attorno è ruotata una serie di sceneggiatori, attori, registi, fino ad arrivare alla configurazione finale.
In particolare, Darren Aronofsky, che comunque ha mantenuto un ruolo produttivo, è stato l'ultimo candidato a dirigere questo film, prima di lasciarlo per The wrestler, un soggetto piuttosto simile, ma in mano ad una produzione più agile, che ha permesso ad Aronofsky di interagire più liberamente di quanto gli sarebbe stato qui possibile nella storia. E, almeno a mio gusto, il risultato ha giustificato la sua scelta. Si è finito con chiamare David O. Russell, che veniva da un lungo periodo di inattività, e non mi sembra fosse ancora in piena forma. In particolare, il rimescolamento tra un registro semi-documentaristico e uno più farsesco che viene utilizzato in un paio di occasioni mi è parso poco riuscito.
Si narra quindi di Micky Ward (Wahlberg), pugile del New England, seguendolo da un periodo particolarmente nero nella sua carriera fino alla conquista di un titolo della sua categoria. Numerose le libertà che vengono prese dagli scenggiatori, un po' per enfatizzare la fase luminosa, esagerando il buio iniziale, un po', temo, per semplice sciatteria.
Forse si voleva sostenere l'idea che la famiglia, per quanto disfunzionale, è il porto sicuro a cui l'individuo deve far riferimento se vuole ottenere il successo. Se questo è il caso, il risultato non è dei migliori, anche a causa di come è stata scritta la parte di Micky. Abbiamo infatti che Micky è costretto ai lati dell'azione da uno strabordante fratellastro, Dicky Eklund (un eccellente Christian Bale), da sette sorelle che non brillano per acume e sono limitate al ruolo di coro, e dalla terribile madre di tutti e nove, Alice (Melissa Leo). Micky troverà supporto in una esuberante barista, Charlene (Amy Adams), che cercherà di spiegargli come sarebbe opportuno per lui crescere e cercarsi di svincolarsi da quella compagnia di matti ma, non si capisce bene come, anche Charlene verrà attirata nel gorgo fatale. E tutti quanti assieme vanno verso il lieto fine. Che potrebbe anche starci, se non fosse che Micky, pur diventando campione, pur venendogli riconosciuto il suo teorico ruolo centrale, resta desolatamente in ombra.
Molto più interessante Dicky, ex pugile che ha avuto un attimo di gloria prima di sprofondare nella dipendenza da crack. Vuole evidentemente bene al fratellino, e gli potrebbe dare molto, ma non riesce a svicolarsi dal modello materno, che contrappone il desiderio che i suoi rampolli abbiano successo alla necessità di mantenerli subordinati a lei. Circostanze esterne (a blessing in disguise, direbbero gli anglofoni), ovvero la galera, lo allontaneranno da un ambiente asfissiante, lo costringeranno a ripulirsi fisicamente, e lo spingeranno a risalire dal baratro in cui si era ficcato. Bale eccelle nell'interpretare il carattere e vale da solo la visione del film.
Ecco, se si fosse potuto focalizzare la sceneggiatura su Dicky, sarebbe potuto venir fuori un film di livello molto superiore.
Decisamente brutto e inutile il finale, con il combattimento di Micky per il titolo. Falsificato storicamente per simulare un repentino colpo di scena con Micky sul punto di perdere che riesce invece ad avere la meglio sull'avversario, sembra avere l'unico scopo di creare un "cattivo", nel personaggio dello sfidante, che viene inutilmente connotato come tronfio e antipatico.
In particolare, Darren Aronofsky, che comunque ha mantenuto un ruolo produttivo, è stato l'ultimo candidato a dirigere questo film, prima di lasciarlo per The wrestler, un soggetto piuttosto simile, ma in mano ad una produzione più agile, che ha permesso ad Aronofsky di interagire più liberamente di quanto gli sarebbe stato qui possibile nella storia. E, almeno a mio gusto, il risultato ha giustificato la sua scelta. Si è finito con chiamare David O. Russell, che veniva da un lungo periodo di inattività, e non mi sembra fosse ancora in piena forma. In particolare, il rimescolamento tra un registro semi-documentaristico e uno più farsesco che viene utilizzato in un paio di occasioni mi è parso poco riuscito.
Si narra quindi di Micky Ward (Wahlberg), pugile del New England, seguendolo da un periodo particolarmente nero nella sua carriera fino alla conquista di un titolo della sua categoria. Numerose le libertà che vengono prese dagli scenggiatori, un po' per enfatizzare la fase luminosa, esagerando il buio iniziale, un po', temo, per semplice sciatteria.
Forse si voleva sostenere l'idea che la famiglia, per quanto disfunzionale, è il porto sicuro a cui l'individuo deve far riferimento se vuole ottenere il successo. Se questo è il caso, il risultato non è dei migliori, anche a causa di come è stata scritta la parte di Micky. Abbiamo infatti che Micky è costretto ai lati dell'azione da uno strabordante fratellastro, Dicky Eklund (un eccellente Christian Bale), da sette sorelle che non brillano per acume e sono limitate al ruolo di coro, e dalla terribile madre di tutti e nove, Alice (Melissa Leo). Micky troverà supporto in una esuberante barista, Charlene (Amy Adams), che cercherà di spiegargli come sarebbe opportuno per lui crescere e cercarsi di svincolarsi da quella compagnia di matti ma, non si capisce bene come, anche Charlene verrà attirata nel gorgo fatale. E tutti quanti assieme vanno verso il lieto fine. Che potrebbe anche starci, se non fosse che Micky, pur diventando campione, pur venendogli riconosciuto il suo teorico ruolo centrale, resta desolatamente in ombra.
Molto più interessante Dicky, ex pugile che ha avuto un attimo di gloria prima di sprofondare nella dipendenza da crack. Vuole evidentemente bene al fratellino, e gli potrebbe dare molto, ma non riesce a svicolarsi dal modello materno, che contrappone il desiderio che i suoi rampolli abbiano successo alla necessità di mantenerli subordinati a lei. Circostanze esterne (a blessing in disguise, direbbero gli anglofoni), ovvero la galera, lo allontaneranno da un ambiente asfissiante, lo costringeranno a ripulirsi fisicamente, e lo spingeranno a risalire dal baratro in cui si era ficcato. Bale eccelle nell'interpretare il carattere e vale da solo la visione del film.
Ecco, se si fosse potuto focalizzare la sceneggiatura su Dicky, sarebbe potuto venir fuori un film di livello molto superiore.
Decisamente brutto e inutile il finale, con il combattimento di Micky per il titolo. Falsificato storicamente per simulare un repentino colpo di scena con Micky sul punto di perdere che riesce invece ad avere la meglio sull'avversario, sembra avere l'unico scopo di creare un "cattivo", nel personaggio dello sfidante, che viene inutilmente connotato come tronfio e antipatico.
Sherlock 1.3 - Il grande gioco
Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) si confronta nuovamente con suo fratello Mycroft (Mark Gatiss), in quanto il secondo vorrebbe che lui indagasse sulla morte di un agente dei servizi segreti inglesi, e la relativa sparizione di una chiavetta USB che scotta. Per motivi di competizione familare, Sherlock rifiuta nonostante John Watson (Martin Freeman), da buon militare, inorridisca al vedere un suddito della Regina che non risponda al richiamo del governo di Sua Maestà.
Nel tira e molla sul risolvere o meno questo caso, si inserisce Jim Moriarty (Andrew Scott) che si prende gioco di Sherlock sottoponendogli in rapida sequenza una serie di casi che il nostro dovrà risolvere pena l'esplosione di un ostaggio.
I due, Holmes e Moriarty, si intendono alla perfezione essendo entrambi socio e psicopatici e giocano allegramente con la vita degli altri. Notevole l'interpretazione di Scott che dà a Moriarty un giusto livello di follia.
Nel tira e molla sul risolvere o meno questo caso, si inserisce Jim Moriarty (Andrew Scott) che si prende gioco di Sherlock sottoponendogli in rapida sequenza una serie di casi che il nostro dovrà risolvere pena l'esplosione di un ostaggio.
I due, Holmes e Moriarty, si intendono alla perfezione essendo entrambi socio e psicopatici e giocano allegramente con la vita degli altri. Notevole l'interpretazione di Scott che dà a Moriarty un giusto livello di follia.
Sherlock 1.2 - Il banchiere cieco
Dopo la partenza fulminante di Uno studio in rosa che con piccole modifiche avrebbe potuto reggere una distribuzione cinematografica, da questo secondo episodio delle avventure di Sherlock Holmes reintepretate e trasposte ai nostri tempi da Mark Gatiss e Steven Moffat mi sarei aspettato di più. Televisimamente parlando è un buon prodotto, ma la parte iniziale m'è sembrata piatta, a tratti quasi noiosa e, tutto sommato, mi ha coinvolto molto meno della prima puntata.
Holmes (Benedict Cumberbatch) viene consultato da quello che fu un suo compagno di scuola e ora lavora per una banca d'affari. C'è stata una irruzione notturna nella loro sede, che ha avuto l'unico scopo di tracciare segni indecifrabili su di un muro. Scopriremo che si tratta di un messaggio da parte di un gruppo mafioso cinese nei confronti di un dipendente della banca. Ne conseguono alcuni ammazzamenti, e il recupero di un prezioso reperto rubato in Cina, importato illegalmente in UK per essere venduto sul mercato.
Nel frattempo Watson (Martin Freeman) trova lavoro come medico temporaneo e ci prova con Sarah (Zoe Telford), sua capa. La poveretta verrà coinvolta nel caso e rischierà pure di essere trapassata da un dardo scoccato da una gigantesca balestra.
Dietro tutta la faccenda intravvediamo lo zampino di Moriarty, che però non fa ancora la sua apparizione.
Non mi pare che la storia possa essere riconducibile ad un racconto originale di sir Conan Doyle, anche se molti elementi sono tipici delle avventure dello Sherlock originale e c'è una certa aria di casa con Il segno dei quattro, che è proprio il seguito di Uno studio in rosso.
Holmes (Benedict Cumberbatch) viene consultato da quello che fu un suo compagno di scuola e ora lavora per una banca d'affari. C'è stata una irruzione notturna nella loro sede, che ha avuto l'unico scopo di tracciare segni indecifrabili su di un muro. Scopriremo che si tratta di un messaggio da parte di un gruppo mafioso cinese nei confronti di un dipendente della banca. Ne conseguono alcuni ammazzamenti, e il recupero di un prezioso reperto rubato in Cina, importato illegalmente in UK per essere venduto sul mercato.
Nel frattempo Watson (Martin Freeman) trova lavoro come medico temporaneo e ci prova con Sarah (Zoe Telford), sua capa. La poveretta verrà coinvolta nel caso e rischierà pure di essere trapassata da un dardo scoccato da una gigantesca balestra.
Dietro tutta la faccenda intravvediamo lo zampino di Moriarty, che però non fa ancora la sua apparizione.
Non mi pare che la storia possa essere riconducibile ad un racconto originale di sir Conan Doyle, anche se molti elementi sono tipici delle avventure dello Sherlock originale e c'è una certa aria di casa con Il segno dei quattro, che è proprio il seguito di Uno studio in rosso.
Sherlock 1.1 - Uno studio in rosa
Il titolo è una evidente citazione del primo romanzo della serie originale delle avventure di Sherlock Holmes, Uno studio in rosso (A study in scarlet), che viene seguito con moltissime libertà in questa produzione BBC firmata da Steven Moffat e Mark Gatiss.
Lo spirito del racconto è tutto sommato mantenuto, però l'azione viene trasferita ai nostri giorni e di conseguenza storie, personaggi, atteggiamenti, modus operandi di guardie e ladri, sono tutti attualizzati. Il risultato, per me che sono un fan delle avventure originali, è più che eccellente. M'è piaciuto persino di più della versione cinematografica corrente, quella diretta da Guy Ritchie con Robert Downey Jr. e Jude Law nei ruoli principali. Meno effetti speciali (il budget è notevole per una produzione televisiva europea, ma non può competere con una serie cinematografica hollywoodiana) ma una sceneggiatura più solida.
Seguendo l'originale, anche qui si presentano i personaggi principali, Holmes (Benedict Cumberbatch) è una persona piuttosto incapace di intessere relazioni sociali ma da una impressionante capacità deduttiva, John Watson (Martin Freeman) è un medico militare che ha operato in Afghanistan (come l'originale, i tempi passano ma alcuni punti dolenti nello scacchiere geopolitico restano immutati) ed è stato congedato per le ferite subite. Il poliziotto che chiede aiuto a Holmes è sempre Lestrade (Rupert Graves), e si è scelto di renderlo più simpatico di quello che era nella versione di sir Arthur Conan Doyle.
I due si installano al 221/B di Baker Street, sotto l'ala della signora Hudson (Una Stubbs), e finiscono subito nel gorgo di una indagine che ricorda vagamente quella dello studio rosso.
Esistono due versioni di questo episodio. La prima dura un'ora, ha una trama più agile e non è stata trasmessa in televisione. La seconda è più lunga di mezz'ora, include alcune varianti minori nella storia, spiegando meglio alcuni particolari secondari, e introduce due personaggi che Conan Doyle aveva riservato ad un tempo successivo, Mycroft e Moriarty, il fratello e la nemesi di Sherlock.
Pare che l'idea fosse trasmettere la versione breve come pilot, valutare la risposta di pubblico e decidere se fare la serie o meno. Il risultato è stato di qualità così elevata che si è deciso di dare per passata la prova, concedere più tempo ad ogni puntata ed espandere la trama del pilot per farle raggiungere la durata di novanta minuti. Da notare che non si è mantenuto il girato e si è semplicemente rimontato il tutto aggiungendo nuovi elementi, ma si è rifatto tutto da capo.
Lo spirito del racconto è tutto sommato mantenuto, però l'azione viene trasferita ai nostri giorni e di conseguenza storie, personaggi, atteggiamenti, modus operandi di guardie e ladri, sono tutti attualizzati. Il risultato, per me che sono un fan delle avventure originali, è più che eccellente. M'è piaciuto persino di più della versione cinematografica corrente, quella diretta da Guy Ritchie con Robert Downey Jr. e Jude Law nei ruoli principali. Meno effetti speciali (il budget è notevole per una produzione televisiva europea, ma non può competere con una serie cinematografica hollywoodiana) ma una sceneggiatura più solida.
Seguendo l'originale, anche qui si presentano i personaggi principali, Holmes (Benedict Cumberbatch) è una persona piuttosto incapace di intessere relazioni sociali ma da una impressionante capacità deduttiva, John Watson (Martin Freeman) è un medico militare che ha operato in Afghanistan (come l'originale, i tempi passano ma alcuni punti dolenti nello scacchiere geopolitico restano immutati) ed è stato congedato per le ferite subite. Il poliziotto che chiede aiuto a Holmes è sempre Lestrade (Rupert Graves), e si è scelto di renderlo più simpatico di quello che era nella versione di sir Arthur Conan Doyle.
I due si installano al 221/B di Baker Street, sotto l'ala della signora Hudson (Una Stubbs), e finiscono subito nel gorgo di una indagine che ricorda vagamente quella dello studio rosso.
Esistono due versioni di questo episodio. La prima dura un'ora, ha una trama più agile e non è stata trasmessa in televisione. La seconda è più lunga di mezz'ora, include alcune varianti minori nella storia, spiegando meglio alcuni particolari secondari, e introduce due personaggi che Conan Doyle aveva riservato ad un tempo successivo, Mycroft e Moriarty, il fratello e la nemesi di Sherlock.
Pare che l'idea fosse trasmettere la versione breve come pilot, valutare la risposta di pubblico e decidere se fare la serie o meno. Il risultato è stato di qualità così elevata che si è deciso di dare per passata la prova, concedere più tempo ad ogni puntata ed espandere la trama del pilot per farle raggiungere la durata di novanta minuti. Da notare che non si è mantenuto il girato e si è semplicemente rimontato il tutto aggiungendo nuovi elementi, ma si è rifatto tutto da capo.
Le donne del 6º piano
Lo si può vedere come una buona commedia romantica francese che non richiede particolare attenzione e ripaga tranquillamente le aspettative. Va benissimo così, ma si spreca buona parte del lavoro di Philippe Le Guay (sceneggiatura e regia).
Volendo, si può prestare attenzione al lavoro del cast che, oltre al protagonista Fabrice Luchini, include anche Carmen Maura e Lola Dueñas. Magari si può notare che le due spagnole hanno una certa esperienza almodovariana, e chiedersi come mai siano state scelte, oltre che per la loro innegabile bravura. La componente spagnola nel film viene pure risaltata dalla adeguata colonna sonora, firmata da Jorge Arriagada, disegnata anche per sottolineare anche le atmosfere di un tempo ormai lontano.
Siamo infatti nei primi anni sessanta a Parigi, al centro della storia c'è la famiglia medio-alto borghese dei Joubert, e in particolare del capofamiglia Jean-Louis (Luchini). Il quale ha ereditato dal padre un lavoro che gli permette una vita agiata, ma per il quale non prova quasi nessun interesse. Non gli va meglio nemmeno nella vita privata, con un matrimonio che è evidentemente diventato pura routine e due figli che conosce appena.
Questa esistenza da zombie viene travolta dal cambio di governante, l'arrivo della giovane María (Natalia Verbeke) lo porta ad interessarsi all'esistenza delle donne di servizio del caseggiato, alloggiate all'ultimo piano in misere condizioni. E questo lo porta a farsi domande che finiranno per spingerlo a cambiare vita.
Oltre alla trama rom-com, c'è dunque pure una velata critica sociale che possiamo tranquillamente trasporre ai nostri giorni. Del resto, giusto all'inizio vediamo che i Joubert cambiano la precedente governante (bretone, mi pare di ricordare) con una spagnola lamentandosi che le francesi non hanno più voglia di lavorare. Adesso si fanno venire a fare questi lavori persone da angoli più remoti del mondo (Filippine, ex-URSS, ...) ma il concetto resta lo stesso.
C'è pure un accenno, ancor più felpato, sul sessantotto. Si intuisce infatti che i due giovani Joubert siano sul punto di abbracciare la contestazione, li sentiamo fare discorsi egalitari pseudo-rivoluzionari, ma li vediamo anche comportarsi da privilegiati che non hanno nessuna intenzione di applicare realmente i principi che sbandierano con il solo scopo, mi vien da pensare, di mettere in imbarazzo i genitori.
Ma non si spaventi lo spettatore che vuole qualcosa di semplice, tutte queste tematiche sono lasciate sullo sfondo, e a dominare è lo stralunato stupore del protagonista che scopre di voler buttare alle ortiche la sua precedente vita e ricominciare da capo, e il bel sorriso di María.
Volendo, si può prestare attenzione al lavoro del cast che, oltre al protagonista Fabrice Luchini, include anche Carmen Maura e Lola Dueñas. Magari si può notare che le due spagnole hanno una certa esperienza almodovariana, e chiedersi come mai siano state scelte, oltre che per la loro innegabile bravura. La componente spagnola nel film viene pure risaltata dalla adeguata colonna sonora, firmata da Jorge Arriagada, disegnata anche per sottolineare anche le atmosfere di un tempo ormai lontano.
Siamo infatti nei primi anni sessanta a Parigi, al centro della storia c'è la famiglia medio-alto borghese dei Joubert, e in particolare del capofamiglia Jean-Louis (Luchini). Il quale ha ereditato dal padre un lavoro che gli permette una vita agiata, ma per il quale non prova quasi nessun interesse. Non gli va meglio nemmeno nella vita privata, con un matrimonio che è evidentemente diventato pura routine e due figli che conosce appena.
Questa esistenza da zombie viene travolta dal cambio di governante, l'arrivo della giovane María (Natalia Verbeke) lo porta ad interessarsi all'esistenza delle donne di servizio del caseggiato, alloggiate all'ultimo piano in misere condizioni. E questo lo porta a farsi domande che finiranno per spingerlo a cambiare vita.
Oltre alla trama rom-com, c'è dunque pure una velata critica sociale che possiamo tranquillamente trasporre ai nostri giorni. Del resto, giusto all'inizio vediamo che i Joubert cambiano la precedente governante (bretone, mi pare di ricordare) con una spagnola lamentandosi che le francesi non hanno più voglia di lavorare. Adesso si fanno venire a fare questi lavori persone da angoli più remoti del mondo (Filippine, ex-URSS, ...) ma il concetto resta lo stesso.
C'è pure un accenno, ancor più felpato, sul sessantotto. Si intuisce infatti che i due giovani Joubert siano sul punto di abbracciare la contestazione, li sentiamo fare discorsi egalitari pseudo-rivoluzionari, ma li vediamo anche comportarsi da privilegiati che non hanno nessuna intenzione di applicare realmente i principi che sbandierano con il solo scopo, mi vien da pensare, di mettere in imbarazzo i genitori.
Ma non si spaventi lo spettatore che vuole qualcosa di semplice, tutte queste tematiche sono lasciate sullo sfondo, e a dominare è lo stralunato stupore del protagonista che scopre di voler buttare alle ortiche la sua precedente vita e ricominciare da capo, e il bel sorriso di María.
Doctor Who - Stagione 5 / Speciale di Natale
Tradizione vuole che nella versione su DVD lo speciale di Natale sia considerato parte della stagione successiva, come episodio zero della raccolta. E' capitato però, causa sostanzioso sconto a cui non sono riuscito a resistere, io mi sia comprato la versione italiana della quinta, e la nostra distribuzione se ne è fatta un baffo della tradizione albionica, inserendo lo speciale come (unico) extra del cofanetto.
Il che giova alla qualità dell'offerta, perché anche questa puntata è di pregevole fattura, entrando a buon diritto nella selezione degli episodi memorabili nella storia del Dottore.
A Christmas carol - Un canto di Natale
L'azione inizia sul ponte di comando di una astronave umana (con un layout tale da farmi pensare all'NCC-1701) sul punto di schiantarsi su di un pianeta a causa delle vorticose turbolenze della sua atmosfera. Due passeggeri irrompono sul ponte, sono Amy (Karen Gillan) e Rory (Arthur Darvill), lei vestita da sexy-poliziotta (come da primo episodio dell'annata), lui da centurione romano (vedasi il doppio episodio finale), meglio non chiedere loro come mai sono vestiti così, basti accennare al fatto che sono in luna di miele.
Come spesso accade, la situazione è disperata, e solo il Dottore (Matt Smith) potrà salvare la baracca. Il pianeta è sotto in controllo di Kazran Sardick, un crudele vegliardo (Michael Gambon!) che usa un bizzarro macchinario per determinare il flusso dei venti. Ma la cosa più bizzarra è che nell'atmosfera di quel pianeta nuotano/volano pesci molto simili a quelli che vivono nei nostri mari.
A Kazran non costerebbe nulla salvare l'astronave, ma per semplice indifferenza non vuole farlo. Tanto, sostiene, prima o poi tutti si deve morire. Il buon dottore, però, intuisce che non si tratta di una persona inerentemente cattiva, e che si può trovare una via di uscita. Il contesto natalizio, e altri dettagli, gli fanno pensare al Canto di Natale di Charles Dickens, e ne inscena una variazione, mettendo in contatto il Kazran oramai vecchio con lui stesso bambino, creando un cambiamento del carattere dell'individuo.
Kazran, da tutti fino a quel momento considerato persona senza cuore, scoprirà di averlo, se pur molto danneggiato da una triste storia d'amore per una bella fanciulla canterina (opportunamente interpretata da Katherine Jenkins, mezzo soprano gallese).
Istruttivo il passaggio in cui il Dottore tenta di dare una spiegazione scientifica al curioso fenomeno che fa sì che il tempo atmosferico venga domato dal macchinario di Kazran. Siccome la sua spiegazione è "corretta" ma spoetizzante viene tacitato da pesci e umani.
Il che giova alla qualità dell'offerta, perché anche questa puntata è di pregevole fattura, entrando a buon diritto nella selezione degli episodi memorabili nella storia del Dottore.
A Christmas carol - Un canto di Natale
L'azione inizia sul ponte di comando di una astronave umana (con un layout tale da farmi pensare all'NCC-1701) sul punto di schiantarsi su di un pianeta a causa delle vorticose turbolenze della sua atmosfera. Due passeggeri irrompono sul ponte, sono Amy (Karen Gillan) e Rory (Arthur Darvill), lei vestita da sexy-poliziotta (come da primo episodio dell'annata), lui da centurione romano (vedasi il doppio episodio finale), meglio non chiedere loro come mai sono vestiti così, basti accennare al fatto che sono in luna di miele.
Come spesso accade, la situazione è disperata, e solo il Dottore (Matt Smith) potrà salvare la baracca. Il pianeta è sotto in controllo di Kazran Sardick, un crudele vegliardo (Michael Gambon!) che usa un bizzarro macchinario per determinare il flusso dei venti. Ma la cosa più bizzarra è che nell'atmosfera di quel pianeta nuotano/volano pesci molto simili a quelli che vivono nei nostri mari.
A Kazran non costerebbe nulla salvare l'astronave, ma per semplice indifferenza non vuole farlo. Tanto, sostiene, prima o poi tutti si deve morire. Il buon dottore, però, intuisce che non si tratta di una persona inerentemente cattiva, e che si può trovare una via di uscita. Il contesto natalizio, e altri dettagli, gli fanno pensare al Canto di Natale di Charles Dickens, e ne inscena una variazione, mettendo in contatto il Kazran oramai vecchio con lui stesso bambino, creando un cambiamento del carattere dell'individuo.
Kazran, da tutti fino a quel momento considerato persona senza cuore, scoprirà di averlo, se pur molto danneggiato da una triste storia d'amore per una bella fanciulla canterina (opportunamente interpretata da Katherine Jenkins, mezzo soprano gallese).
Istruttivo il passaggio in cui il Dottore tenta di dare una spiegazione scientifica al curioso fenomeno che fa sì che il tempo atmosferico venga domato dal macchinario di Kazran. Siccome la sua spiegazione è "corretta" ma spoetizzante viene tacitato da pesci e umani.
Doctor Who - Stagione 5 / Finale
Stagione fiacca, ma con una perla, Vincent e il Dottore, e alcuni buoni episodi, come La scelta di Amy e Il coinquilino. Il finale è eccellente, disegnato per dare un senso compiuto a tutta la stagione. O forse è la stagione che è stata progettata attorno al finale. Viene usata a fondo la capacità del Dottore e dei suoi compagni di avventura di viaggiare nel tempo, creando una folle trama che corre avanti e indietro nei secoli e nei millenni. E, a proposito di rimandi, seguendo il link potete trovare la versione di A Gegio film di questo post.
The Pandorica Opens - La Pandorica si apre
Tutto inizia con Van Gogh che ha un oscuro presagio che vorrebbe comunicare al Dottore. Non può fare altro che creare un quadro e aspettare. A Londra, durante la seconda guerra mondiale, viene ritrovato un ignoto dipinto di Van Gogh. Arriva fino a Churchill che non ne afferra il senso, ma capisce chi sia il destinatario, dunque telefona al Dottore (l'undicesimo, Matt Smith), che però è irraggiungibile. La chiamata viene smistata a River Song (Alex Kingston) che, nell'anno cinquemila e rotti, sta scontando in galera la sua pena per l'omicidio di non si sa chi (come accennato nella storia degli Angeli Piangenti). La quale evade e va a rubare il quadro stesso dal tesoro della corona inglese, quando la regina è ancora la Liz X appena incontrata dal Dottore. Infine, con un astuto stratagemma, River dà un appuntamento al Dottore ai tempi della dominazione romana dell'Inghilterra, dove lo aspetta travestita da Cleopatra.
E questa è la parte più lineare della storia.
Dottore, Amy Pond (Karen Gillan), River Song si mettono alla ricerca della Pandorica, una specie di vaso di Pandora (ma cubico) che dovrebbe essere la chiave dell'inghippo, ma che invece si risolve essere una gigantesca trappola ai danni del Dottore stesso.
Come da aspettative, rientra in gioco Rory (Arthur Darvill), fidanzato di Amy, giusto in tempo per partecipare, suo malgrado, ad uno dei più catastrofici cliffhanger di cui io abbia conoscenza.
The Big Bang - Il Big Bang
Una vorticosa serie di colpi di scena permette al Dottore di raddrizzare la situazione. Sfidando la logica (i paradossi temporali si sprecano) e il senso del ridicolo (il Dottore si innamora di fez), lo vediamo saltare avanti e indietro nel tempo per aggiustare l'aggiustabile. Anche se tutto sarebbe vano senza la capacità di Amy di ricordare e la pazienza di Rory.
The Pandorica Opens - La Pandorica si apre
Tutto inizia con Van Gogh che ha un oscuro presagio che vorrebbe comunicare al Dottore. Non può fare altro che creare un quadro e aspettare. A Londra, durante la seconda guerra mondiale, viene ritrovato un ignoto dipinto di Van Gogh. Arriva fino a Churchill che non ne afferra il senso, ma capisce chi sia il destinatario, dunque telefona al Dottore (l'undicesimo, Matt Smith), che però è irraggiungibile. La chiamata viene smistata a River Song (Alex Kingston) che, nell'anno cinquemila e rotti, sta scontando in galera la sua pena per l'omicidio di non si sa chi (come accennato nella storia degli Angeli Piangenti). La quale evade e va a rubare il quadro stesso dal tesoro della corona inglese, quando la regina è ancora la Liz X appena incontrata dal Dottore. Infine, con un astuto stratagemma, River dà un appuntamento al Dottore ai tempi della dominazione romana dell'Inghilterra, dove lo aspetta travestita da Cleopatra.
E questa è la parte più lineare della storia.
Dottore, Amy Pond (Karen Gillan), River Song si mettono alla ricerca della Pandorica, una specie di vaso di Pandora (ma cubico) che dovrebbe essere la chiave dell'inghippo, ma che invece si risolve essere una gigantesca trappola ai danni del Dottore stesso.
Come da aspettative, rientra in gioco Rory (Arthur Darvill), fidanzato di Amy, giusto in tempo per partecipare, suo malgrado, ad uno dei più catastrofici cliffhanger di cui io abbia conoscenza.
The Big Bang - Il Big Bang
Una vorticosa serie di colpi di scena permette al Dottore di raddrizzare la situazione. Sfidando la logica (i paradossi temporali si sprecano) e il senso del ridicolo (il Dottore si innamora di fez), lo vediamo saltare avanti e indietro nel tempo per aggiustare l'aggiustabile. Anche se tutto sarebbe vano senza la capacità di Amy di ricordare e la pazienza di Rory.
Doctor Who - Stagione 5 / Van Gogh
Due episodi di raccordo prima di arrivare al finale della serie, dove si svelerà il mistero della crepa che si vuole mangiare il tutto, e di cui sembrano a conoscenza in molti, ma non il Dottore (e dunque nemmeno noi). A parte questo leit motiv, che qui è solo accennato, le due storie seguono anche l'evoluzione di Amy (Karen Gillan, la compagna di viaggio del Dottore, Matt Smith) che nella puntata precedente si è inconsapevolmente (incolpevolmente) dimenticata di Rory, ma che sembra sia sulla via di ricordarselo.
Vincent and the Doctor - Vincent e il Dottore
Finalmente una storia di quelle che fanno amare la serie, certamente la migliore fino a questo punto della stagione. A dire il vero, la vicenda puramente whoviana non è che sia un granché (mostro solitario, pericolo - questa volta anche limitato - per i terrestri, sconfitto dopo qualche tribolazione), ma quella che è strepitosa è la caratterizzazione di Vincent van Gogh (Tony Curran), niente meno.
Il Dottore sta portando Amy in un tour delle bellezze universali, lei intuisce che ci sia sotto qualcosa, ma non può capire che sia un tentativo di lenire un dolore che non può ricordare. Tra i vari posti, la porta ovviamente a visitare l'imperdibile Musée d'Orsay a Parigi. I due si stanno beando di un evento dedicato a van Gogh quando il Dottore nota che da una finestra della chiesa di Auvers occhieggia un essere non identificato ma piuttosto spaventevole. Fiutando il pericolo, il Dottore decide di fiondarsi sul posto nell'epoca adatta. Per sapere in che giorno andare, chiede consiglio al dottor Black (Bill Nighy!), un critico che sta raccontando ai visitatori la vita e le opere del suo obiettivo.
La sensibilità di Van Gogh è tale da permettere a lui solo di vedere lo strano bestione alieno (un Krafayis, vagamente simile ad un pappagallo) - oltre al Dottore, ma lui bara, facendo ricorso ad un bizzarro macchinario donatogli molto tempo addietro da una madrina a cui non pare particolarmente affezionato - e sarà anche colui che riuscirà a capire, ohimè troppo tardi, i motivi del suo strano comportamento.
Come credo chiunque sappia, van Gogh non è stato compreso in vita, e ci viene mostrato verso la fine della sua vita, ormai convinto di essere un pessimo pittore, incapace di rendere comprensibili le sue emozioni sulla tela. Ci si può figurare la sua reazione quando viene portato ai nostri giorni e gli si fa dire dal dottor Black cosa pensiamo oggi di lui.
The Lodger - Il coinquilino
Meno emozionante della storia precedente, è comunque un buon episodio. Anche qui in mistero fantascientifico corre in secondo piano (una astronave con una tecnologia simile a quella del TARDIS è in panne, e cerca di cavarsela creando problemi ai terrestri) mentre in primo piano c'è una storia d'amore tra un paio di umani ben poco appariscenti (James Corden e Daisy Haggard), che però finiscono per essere la soluzione del problema.
Amy è fuori gioco, intrappolata nel TARDIS disturbato dal suo simile, e il Dottore fa persino più fatica del solito a comportarsi in maniera non troppo eccentrica per gli standard umani.
Da notare che il Dottore deciderà di avere una fusione mentale con Craig (Corden) per risolvere rapidamente un problema. Una pratica piuttosto dolorosa, visto che richiede che i due si prendano a testate.
Vincent and the Doctor - Vincent e il Dottore
Finalmente una storia di quelle che fanno amare la serie, certamente la migliore fino a questo punto della stagione. A dire il vero, la vicenda puramente whoviana non è che sia un granché (mostro solitario, pericolo - questa volta anche limitato - per i terrestri, sconfitto dopo qualche tribolazione), ma quella che è strepitosa è la caratterizzazione di Vincent van Gogh (Tony Curran), niente meno.
Il Dottore sta portando Amy in un tour delle bellezze universali, lei intuisce che ci sia sotto qualcosa, ma non può capire che sia un tentativo di lenire un dolore che non può ricordare. Tra i vari posti, la porta ovviamente a visitare l'imperdibile Musée d'Orsay a Parigi. I due si stanno beando di un evento dedicato a van Gogh quando il Dottore nota che da una finestra della chiesa di Auvers occhieggia un essere non identificato ma piuttosto spaventevole. Fiutando il pericolo, il Dottore decide di fiondarsi sul posto nell'epoca adatta. Per sapere in che giorno andare, chiede consiglio al dottor Black (Bill Nighy!), un critico che sta raccontando ai visitatori la vita e le opere del suo obiettivo.
La sensibilità di Van Gogh è tale da permettere a lui solo di vedere lo strano bestione alieno (un Krafayis, vagamente simile ad un pappagallo) - oltre al Dottore, ma lui bara, facendo ricorso ad un bizzarro macchinario donatogli molto tempo addietro da una madrina a cui non pare particolarmente affezionato - e sarà anche colui che riuscirà a capire, ohimè troppo tardi, i motivi del suo strano comportamento.
Come credo chiunque sappia, van Gogh non è stato compreso in vita, e ci viene mostrato verso la fine della sua vita, ormai convinto di essere un pessimo pittore, incapace di rendere comprensibili le sue emozioni sulla tela. Ci si può figurare la sua reazione quando viene portato ai nostri giorni e gli si fa dire dal dottor Black cosa pensiamo oggi di lui.
The Lodger - Il coinquilino
Meno emozionante della storia precedente, è comunque un buon episodio. Anche qui in mistero fantascientifico corre in secondo piano (una astronave con una tecnologia simile a quella del TARDIS è in panne, e cerca di cavarsela creando problemi ai terrestri) mentre in primo piano c'è una storia d'amore tra un paio di umani ben poco appariscenti (James Corden e Daisy Haggard), che però finiscono per essere la soluzione del problema.
Amy è fuori gioco, intrappolata nel TARDIS disturbato dal suo simile, e il Dottore fa persino più fatica del solito a comportarsi in maniera non troppo eccentrica per gli standard umani.
Da notare che il Dottore deciderà di avere una fusione mentale con Craig (Corden) per risolvere rapidamente un problema. Una pratica piuttosto dolorosa, visto che richiede che i due si prendano a testate.
Doctor Who - Stagione 5 / Siluriani
A cavallo tra il secondo e il terzo DVD, l'episodio numero otto e nove narra di come in un futuro ormai imminente (2020) gli umani avranno un incontro ravvicinato con una bizzarra razza di uomini-lucertole (chiamati Homo Reptilia e Siluriani dal Dottore) che avevano dominato sulla Terra ma poi si sono ritirati in gran profondità, in attesa di tempi migliori.
The hungry Earth - La civiltà sepolta / Cold blood - Sangue freddo
Dopo la Venezia visitata nell'episodio precedente, l'undicesimo Dottore (Matt Smith) avrebbe voluto portare i suoi due passeggeri terrestri, Amy e Rory, a Rio de Janeiro. Il TARDIS invece li porta in Galles, giusto in tempo per assistere al contatto tra umani e Siluriani, causato da una trivella sperimentale che scende fino a 12 km di profondità, disturbando il loro sonno.
Si rischia una guerra planetaria ma alla fine tutto si placa con poche perdite da ambo le parti, e con la decisione siluriana di schiacciare un altro pisolino in attesa di tempi migliori.
Non tra le cose migliori della stagione, ma neanche tra le peggiori. Sono finalmente riuscito ad empatizzare con alcuni personaggi e mi sono persino dispiaciuto di una morte eccellente (anche se, pensando ad alcuni indizi, mi sono persuaso in seguito che si tratti di una di quelle morti da cui c'è ritorno).
So che non ha molto senso fare considerazioni sulla scienza utilizzata nella serie, trattasi infatti di fantascienza soft, che non bada molto alla plausibilità, dove la scienza è usata più come pretesto che come chiave principale di lettura. Ma in questa storia si esagera. Ad esempio, si sposa l'ipotesi della Luna come pianetino indipendente catturato dalla Terra. Niente di male, se non fosse che si dice che questo fatto sarebbe accaduto migliaia di anni fa, il che è impossibile, visto che gli sconvolgimenti geologici relativi avrebbero lasciato tracce che non esistono. Pur non essendoci accordo su come sia nata la Luna, sappiamo quando è nata, poco dopo (alcune decine di milioni di anni, intendo) la nascita del sistema solare, roba come quattro miliardi e mezzo di anni. E' molto probabile che la creazione del sistema Terra-Luna sia cosa di quei tempi.
Più riuscita la parte di studio dei personaggi. Gli umani che incontrano i siluriani sono in pratica una sola famiglia, nonno e compagna (anche se i due all'inizio dell'azione ancora non lo sanno), figlia di lui con relativo marito, figlio dislessico del coppia. Il piccolo riuscirà a trovare una modo di venire a patti con il suo problema; la madre commetterà un errore di quelli giganti, ma sembra che trovi anche lei il modo di superare la cosa; il nonno troverà il modo di dare una nuova collocazione alla sua vita.
Da notare che la compagna del nonno, agirà per un certo periodo come compagna di viaggio del Dottore, dimostrandosi all'altezza del compito.
Nel finale ricompare la crepa spazio-temporale che si vuol mangiare tutto quanto, e verrà rotta la coppia Amy-Rory, in un modo che ricorda la rottura tra il Dottore (era ancora il decimo, David Tennant) e Donna Noble.
The hungry Earth - La civiltà sepolta / Cold blood - Sangue freddo
Dopo la Venezia visitata nell'episodio precedente, l'undicesimo Dottore (Matt Smith) avrebbe voluto portare i suoi due passeggeri terrestri, Amy e Rory, a Rio de Janeiro. Il TARDIS invece li porta in Galles, giusto in tempo per assistere al contatto tra umani e Siluriani, causato da una trivella sperimentale che scende fino a 12 km di profondità, disturbando il loro sonno.
Si rischia una guerra planetaria ma alla fine tutto si placa con poche perdite da ambo le parti, e con la decisione siluriana di schiacciare un altro pisolino in attesa di tempi migliori.
Non tra le cose migliori della stagione, ma neanche tra le peggiori. Sono finalmente riuscito ad empatizzare con alcuni personaggi e mi sono persino dispiaciuto di una morte eccellente (anche se, pensando ad alcuni indizi, mi sono persuaso in seguito che si tratti di una di quelle morti da cui c'è ritorno).
So che non ha molto senso fare considerazioni sulla scienza utilizzata nella serie, trattasi infatti di fantascienza soft, che non bada molto alla plausibilità, dove la scienza è usata più come pretesto che come chiave principale di lettura. Ma in questa storia si esagera. Ad esempio, si sposa l'ipotesi della Luna come pianetino indipendente catturato dalla Terra. Niente di male, se non fosse che si dice che questo fatto sarebbe accaduto migliaia di anni fa, il che è impossibile, visto che gli sconvolgimenti geologici relativi avrebbero lasciato tracce che non esistono. Pur non essendoci accordo su come sia nata la Luna, sappiamo quando è nata, poco dopo (alcune decine di milioni di anni, intendo) la nascita del sistema solare, roba come quattro miliardi e mezzo di anni. E' molto probabile che la creazione del sistema Terra-Luna sia cosa di quei tempi.
Più riuscita la parte di studio dei personaggi. Gli umani che incontrano i siluriani sono in pratica una sola famiglia, nonno e compagna (anche se i due all'inizio dell'azione ancora non lo sanno), figlia di lui con relativo marito, figlio dislessico del coppia. Il piccolo riuscirà a trovare una modo di venire a patti con il suo problema; la madre commetterà un errore di quelli giganti, ma sembra che trovi anche lei il modo di superare la cosa; il nonno troverà il modo di dare una nuova collocazione alla sua vita.
Da notare che la compagna del nonno, agirà per un certo periodo come compagna di viaggio del Dottore, dimostrandosi all'altezza del compito.
Nel finale ricompare la crepa spazio-temporale che si vuol mangiare tutto quanto, e verrà rotta la coppia Amy-Rory, in un modo che ricorda la rottura tra il Dottore (era ancora il decimo, David Tennant) e Donna Noble.
Doctor Who - Stagione 5 / Amy e Rory
Secondo DVD, episodi 6 e 7. Sulla falsa riga della prima compagna moderna del Dottore (a quel tempo era il nono, Christopher Eccleston, e poi, eccezionalmente è passata al decimo, David Tennant), Rose Tyler (Billie Piper), anche Amelia "Amy" Pond ha un fidanzato ufficiale, Rory (Arthur Darvill), che fa fatica a reggere il confronto con il competitore da un altro pianeta. Il Dottore (siamo all'undicesimo, Matt Smith) tira le solite frecciatine all'avversario, il quale reagisce come può. Amy oscilla tra i due poli, per niente convinta di dover fare una scelta. In questi due episodi, ormai quasi a metà stagione, il Dottore porta in giro i due piccioncini, non si capisce bene (forse non lo sa nemmeno lui) se con l'intento di cementare l'unione o disfarla.
The vampires of Venice - I vampiri di Venezia
Come regalo di nozze, il Dottore regala ad Amy e Rory un viaggio a Venezia del tardo sedicesimo secolo (ricostruita un po' approssimativamente. A occhio i costumi non mi sono sembrati scelti con molto rigore, però non sono male). Il TARDIS, al solito, fa a modo suo, e li fa finire in una emergenza ignota ai più (o meglio, a tutti). Ovvero quando una nobildonna veneziana, la Signora Rosanna Calvierri (Helen McCrory, Narcissa Malfoy in Harry Potter), trama per distruggere l'intera città. La Calvierri è evidentemente fasulla già a partir dal nome, ma quello è niente se consideriamo che un misterioso campo di forze nasconde la sua vera essenza, quella di un insettone dallo stile di vita marino.
Si accenna nuovamente alla misteriosa crepa che sembra sul punto di causare uno sfracello universale. Si è già mangiata il pianeta della cattiva di turno, ma questo non sembra aver placato il suo appetito.
Non sono rimasto per niente soddisfatto di questo episodio. L'ho trovato poco coinvolgente. In genere si trova il modo di solidarizzare anche con i cattivi, e si finisce per essere dispiaciuti per la loro fine. Qui anche se tutti fossero stati inghiottiti da un buco nero di passaggio non è che avrei avuto da ridire.
Amy's choice - La scelta di Amy
La scarsità dell'episodio precedente è bilanciata dal suo seguito, che mi pare decisamente più riuscito.
Un misterioso Signore dei Sogni (Toby Jones, bravo come al solito), che si fa chiamar così per deridere il Signore del Tempo, si impossessa del TARDIS, e fa saltare i suoi occupanti tra due realtà alternative, entrambe messe in pericolo da una minaccia incombente. I tre dovranno decidere quale delle due sia la realtà reale, e quale la fittizia. La loro morte nella falsa realtà li porterà alla salvezza nell'altra realtà. Se dovessero morire nella realtà reale, beh, sono morti. Semplice, no?
Ma la soluzione all'indovinello in primo piano non è la cosa più importante, bisognerebbe risolvere prima un altro dubbio: chi è che li ha messi in questa situazione, e perché poi?
La vera scelta, infine, è quella di Amy tra i suoi due pretendenti. Rory o il Dottore?
The vampires of Venice - I vampiri di Venezia
Come regalo di nozze, il Dottore regala ad Amy e Rory un viaggio a Venezia del tardo sedicesimo secolo (ricostruita un po' approssimativamente. A occhio i costumi non mi sono sembrati scelti con molto rigore, però non sono male). Il TARDIS, al solito, fa a modo suo, e li fa finire in una emergenza ignota ai più (o meglio, a tutti). Ovvero quando una nobildonna veneziana, la Signora Rosanna Calvierri (Helen McCrory, Narcissa Malfoy in Harry Potter), trama per distruggere l'intera città. La Calvierri è evidentemente fasulla già a partir dal nome, ma quello è niente se consideriamo che un misterioso campo di forze nasconde la sua vera essenza, quella di un insettone dallo stile di vita marino.
Si accenna nuovamente alla misteriosa crepa che sembra sul punto di causare uno sfracello universale. Si è già mangiata il pianeta della cattiva di turno, ma questo non sembra aver placato il suo appetito.
Non sono rimasto per niente soddisfatto di questo episodio. L'ho trovato poco coinvolgente. In genere si trova il modo di solidarizzare anche con i cattivi, e si finisce per essere dispiaciuti per la loro fine. Qui anche se tutti fossero stati inghiottiti da un buco nero di passaggio non è che avrei avuto da ridire.
Amy's choice - La scelta di Amy
La scarsità dell'episodio precedente è bilanciata dal suo seguito, che mi pare decisamente più riuscito.
Un misterioso Signore dei Sogni (Toby Jones, bravo come al solito), che si fa chiamar così per deridere il Signore del Tempo, si impossessa del TARDIS, e fa saltare i suoi occupanti tra due realtà alternative, entrambe messe in pericolo da una minaccia incombente. I tre dovranno decidere quale delle due sia la realtà reale, e quale la fittizia. La loro morte nella falsa realtà li porterà alla salvezza nell'altra realtà. Se dovessero morire nella realtà reale, beh, sono morti. Semplice, no?
Ma la soluzione all'indovinello in primo piano non è la cosa più importante, bisognerebbe risolvere prima un altro dubbio: chi è che li ha messi in questa situazione, e perché poi?
La vera scelta, infine, è quella di Amy tra i suoi due pretendenti. Rory o il Dottore?
Doctor Who - Stagione 5 / Gli Angeli Piangenti
Primo episodio doppio per l'undicesimo Dottore (un Matt Smith che non riesce a farmi dimenticare il suo predecessore) in cui riappaiono i funesti Angeli Piangenti, visti nell'eccellente episodio Blink - Colpo d'occhio della terza stagione, e la futura moglie del Dottore, River Song (Alex Kingston), a sua volta già vista nel doppio episodio del pianeta-biblioteca nella quarta stagione.
The time of Angels - Il tempo degli Angeli / Flesh and stone - Carne e pietra
Tra il Dottore e sua moglie ci si mette di mezzo, come ci si poteva aspettare, il tempo. Per qualche strano motivo i due si incontrano incasinando le proprie linee temporali e, sapendo che conoscere il futuro rischia di incasinare ancor di più le cose, ognuno nasconde all'altro quello che sa dovrà avvenire (per uno il futuro dell'altro è il suo passato), in un garbuglio che sembra si autoalimenti.
Fatto è che il Dottore, in compagnia di Amelia Pond (Karen Gillan), viene attirato dalla moglie in una caccia ad un astronave, la Byzantium, che finisce su un pianeta, Alfava Metraxis, e più precisamente in un grandioso tempio abbandonato e ora infestato da Angeli Piangenti, alieni mortali che mutano in statue di pietra quando sono visti.
La dottoressa Song agisce in collaborazione (la cosa è un po' complicata) con un battaglione di religiosi comandati da Padre Ottaviano (Iain Glen), che fanno la fine dei dieci piccoli indiani.
Complicazione aggiuntiva, la crepa spazio-temporale che perseguita Amy si fa viva anche qui, e rischia di mangiarsi tutti quanti.
The time of Angels - Il tempo degli Angeli / Flesh and stone - Carne e pietra
Tra il Dottore e sua moglie ci si mette di mezzo, come ci si poteva aspettare, il tempo. Per qualche strano motivo i due si incontrano incasinando le proprie linee temporali e, sapendo che conoscere il futuro rischia di incasinare ancor di più le cose, ognuno nasconde all'altro quello che sa dovrà avvenire (per uno il futuro dell'altro è il suo passato), in un garbuglio che sembra si autoalimenti.
Fatto è che il Dottore, in compagnia di Amelia Pond (Karen Gillan), viene attirato dalla moglie in una caccia ad un astronave, la Byzantium, che finisce su un pianeta, Alfava Metraxis, e più precisamente in un grandioso tempio abbandonato e ora infestato da Angeli Piangenti, alieni mortali che mutano in statue di pietra quando sono visti.
La dottoressa Song agisce in collaborazione (la cosa è un po' complicata) con un battaglione di religiosi comandati da Padre Ottaviano (Iain Glen), che fanno la fine dei dieci piccoli indiani.
Complicazione aggiuntiva, la crepa spazio-temporale che perseguita Amy si fa viva anche qui, e rischia di mangiarsi tutti quanti.
Doctor Who - Stagione 5 / Primi episodi
Esordio sottotono dell'undicesimo Dottore (Matt Smith) che, come dice lui stesso nel primo episodio, non potrà che migliorare. Oltre al Dottore, viene aggiornato un po' tutto, grafica e commento sonoro della sigla inclusi. Persino il TARDIS subisce una specie di rigenerazione che gli dà un aspetto ancor più retrò.
The eleventh hour - L'undicesima ora
Nel 1996, il TARDIS fuori controllo piomba, nel giardino di una casetta nei sobborghi londinesi, dove un'orfanella, Amelia Pond, stava per l'appunto pregando Babbo Natale di far arrivare qualcuno a cui far vedere una crepa nella sua stanza che le pareva preoccupante.
Rifocillato, il Dottore inizia una ispezione e scopre che la crepa (che sarà un tema comune di tutti gli episodi della serie) mette in comunicazione con una prigione di una misteriosa razza aliena (gli Atraxi) a cui è appena scappato il prigioniero Zero.
Il Dottore, però, deve correre nel TARDIS ma dice a Amelia che tornerà in cinque minuti. Cinque minuti suoi, che corrispondono a dodici anni per Amelia, che ora si fa chiamare Amy (Karen Gillan). Il prigioniero Zero, un serpentone mutante, è ancora lì, anche se Amy non se ne è mai accorta, e il ritorno del Dottore fa sì che anche gli Atraxi (chissà se per loro sono passati cinque minuti o dodici anni) lo rintraccino. Per evitare di essere catturato, Zero usa la sua capacità di mutare, e si trasforma tra l'altro in Marcello Magni (!). Gli Atraxi, dal canto loro, seguono la strategia dei Vogon (vedi la Guida galattica per gli autostoppisti), e minacciano di distruggere l'intero pianeta in venti minuti, se Zero non si arrende.
Poco tempo, ma basterà al Dottore per salvare la giornata. Tornati a casa di Amy, la lascia per altri cinque minuti per fare un giro di prova sul TARDIS, e sincerarsi che tutto funzioni prima di lasciar salire la sua nuova compagna. E torna due anni dopo. Nonostante tutto, Amy lo perdona e partono per il loro primo viaggio.
The beast below - La bestia di sotto
Lontano futuro, la Terra è diventata inabitabile e gli umani hanno costruito gigantesche astronavi-nazione che li stanno portando altrove (non specificato). Nell'astronave UK, su cui Dottore e Amy sbarcano, aleggia un mistero che nemmeno la Regina in persona, Liz X, riesce a risolvere. Il Dottore dovrà risolvere un crudele dilemma che sembra portare alla morte di una balenottera spaziale, l'ultima della sua specie, o dell'intera popolazione umana sull'UK. Amy riuscirà a salvare capra e cavoli.
Victory of the Daleks - L'arma di Churchill
Il Dottore viene chiamato da Churchill in persona, nel bel mezzo della battaglia d'Inghilterra. I mai domi Dalek si sono infatti offerti di combattere a fianco degli inglesi senza nessuna apparente contropartita. Questa volta non verranno distrutti dal Dottore, ma da una nuova generazione di Dalek, che fuggiranno per prepararsi ad un nuovo mortale scontro.
Dei tre, quest'ultimo m'è sembrato l'episodio meno riuscito, in alcune parti addirittura noioso. Simpatica l'idea di androide made in Dalek che riesce a far prevalere la sua origine umana.
The eleventh hour - L'undicesima ora
Nel 1996, il TARDIS fuori controllo piomba, nel giardino di una casetta nei sobborghi londinesi, dove un'orfanella, Amelia Pond, stava per l'appunto pregando Babbo Natale di far arrivare qualcuno a cui far vedere una crepa nella sua stanza che le pareva preoccupante.
Rifocillato, il Dottore inizia una ispezione e scopre che la crepa (che sarà un tema comune di tutti gli episodi della serie) mette in comunicazione con una prigione di una misteriosa razza aliena (gli Atraxi) a cui è appena scappato il prigioniero Zero.
Il Dottore, però, deve correre nel TARDIS ma dice a Amelia che tornerà in cinque minuti. Cinque minuti suoi, che corrispondono a dodici anni per Amelia, che ora si fa chiamare Amy (Karen Gillan). Il prigioniero Zero, un serpentone mutante, è ancora lì, anche se Amy non se ne è mai accorta, e il ritorno del Dottore fa sì che anche gli Atraxi (chissà se per loro sono passati cinque minuti o dodici anni) lo rintraccino. Per evitare di essere catturato, Zero usa la sua capacità di mutare, e si trasforma tra l'altro in Marcello Magni (!). Gli Atraxi, dal canto loro, seguono la strategia dei Vogon (vedi la Guida galattica per gli autostoppisti), e minacciano di distruggere l'intero pianeta in venti minuti, se Zero non si arrende.
Poco tempo, ma basterà al Dottore per salvare la giornata. Tornati a casa di Amy, la lascia per altri cinque minuti per fare un giro di prova sul TARDIS, e sincerarsi che tutto funzioni prima di lasciar salire la sua nuova compagna. E torna due anni dopo. Nonostante tutto, Amy lo perdona e partono per il loro primo viaggio.
The beast below - La bestia di sotto
Lontano futuro, la Terra è diventata inabitabile e gli umani hanno costruito gigantesche astronavi-nazione che li stanno portando altrove (non specificato). Nell'astronave UK, su cui Dottore e Amy sbarcano, aleggia un mistero che nemmeno la Regina in persona, Liz X, riesce a risolvere. Il Dottore dovrà risolvere un crudele dilemma che sembra portare alla morte di una balenottera spaziale, l'ultima della sua specie, o dell'intera popolazione umana sull'UK. Amy riuscirà a salvare capra e cavoli.
Victory of the Daleks - L'arma di Churchill
Il Dottore viene chiamato da Churchill in persona, nel bel mezzo della battaglia d'Inghilterra. I mai domi Dalek si sono infatti offerti di combattere a fianco degli inglesi senza nessuna apparente contropartita. Questa volta non verranno distrutti dal Dottore, ma da una nuova generazione di Dalek, che fuggiranno per prepararsi ad un nuovo mortale scontro.
Dei tre, quest'ultimo m'è sembrato l'episodio meno riuscito, in alcune parti addirittura noioso. Simpatica l'idea di androide made in Dalek che riesce a far prevalere la sua origine umana.
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