Eran Riklis questa volta usa una sceneggiatura basata sul romanzo omonimo di Abraham B. Yehoshua, che è stato molto spolpato, ha subito qualche aggiustamento, ma che tutto sommato mantiene lo spirito originale. La protagonista sarebbe Yulia (*), che però muore orribilimente prima dell'inizio dell'azione. Il racconto viene fatto perciò seguendo prevalentemente la prospettiva del responsabile delle risorse umane (Mark Ivanir) di un noto panificio israeliano, che si trova per le mani la patata bollente del suo caso. Yulia è infatti morta quando era ufficialmente una dipendente della sua azienda, anche se in realtà era stata licenziata. Un giornalista da quattro soldi monta un caso sulla faccenda, e la dirigenza del panificio, per evitare un danno di immagine, incarica il protagonista di riportare i resti di Yulia al suo paese natio.
Il viaggio diventa sempre più complicato, con un accumulo di situazioni che oscillano tra il tragico e il comico, fino a che non ci si rende conto che è inutile, almeno dal punto di vista di Yulia. Per il responsabile diventa invece una occasione per dare un senso alla sua vita che, forse, potrebbe da quel momento diventare migliore.
(*) Straniera, ma di nazionalità non specificata. Nel film si sottintende che sia romena.
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