Tirate sul pianista

Il timido e depresso Charlie (Charles Aznavour) suona il piano in una immonda bettola parigina. Una sera gli piomba nel camerino suo fratello Chico (Albert Rémy), che non vedeva da anni, e che gli chiede aiuto per liberarsi di due tipacci che lo inseguono. Malvolentieri, anche perché sa bene che razza di amici e nemici ha Chico, glielo dà. Questo lo fa entrare in una tipica trama hitchcockiana, dove l'innocente si trova invischiato suo malgrado in un pasticcio più grosso di lui. Con una importante variazione, Charlie in realtà è un famoso pianista classico, Edouard Saroyan, ritiratosi tempo prima dalle scene in seguito al suicidio di sua moglie Thérèse (Nicole Berger). Nel suo nuovo misero contesto nessuno sa del suo passato, se non Léna (Marie Dubois), la cassiera del localaccio, che lo ama segretamente, a sua volta concupita dall'orrido barista. Grazie ai due delinquenti che cercano Chico, Charlie e Léna rompono gli indugi e si mettono assieme, ma tutto sembra complottare contro di loro. Riusciranno a coronare il loro sogno d'amore?

Nonostante che François Truffaut usi a piene mani toni comici nel narrare questa storia (*), siamo dalle parti dell'hard boiled, e infatti deriva da un racconto di David Goodis. Così che Léna è una dark lady, sia pure molto atipica, e il finale non può essere lieto.

Si tratta del secondo lungometraggio di Truffaut, dopo il folgorante esordio de I quattrocento colpi, e tra i motivi per la scelta del soggetto c'è stato il desiderio di non lasciarsi inscatolare in una rigida definizione. Anche se rimane ben visibile l'attenzione del geniale regista francese al mondo dell'infanzia, meglio se un po' delinquenziale, nella figura di Fido, il pepato fratellino del protagonista.

L'omaggio ai noir di oltreoceano è evidente nella complicazione della trama, con personaggi che entrano ed escono accennando ad elementi che non portano da nessuna parte, come ad esempio il passante che, subito all'inizio, aiuta Chico, gli racconta tutti i suoi fatti più personali, saluta e se ne va.

La profondità del personaggio principale è invece tipicamente europea, il suo rapporto con Thérèse, descritto nel lungo flashback centrale, ha una drammaticità che mi ha fatto pensare a Ingmar Bergman. E che dire poi della voce narrante che ci esplicita i suoi pensieri, con effetti sia comici, come quando, dopo lungo meditare, decide di rompere gli indugi con Léna, sia tragici, quando vediamo che lui sa benissimo cosa dovrebbe fare con Thérèse per risolvere la loro crisi ma l'esitazione di un attimo lo porta alla rovina.

(*) Al punto che il fratello di Charlie/Edouard si chiama Chico in omaggio al fratello Marx.

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