Belle & Sebastien

Il film mira evidentemente ai genitori di bambini che erano a loro volta bambini quando l'omonima serie di cartoni animati giapponesi (basati su una serie di romanzi di Cécile Aubry) spopolava in televisione. E direi che ha colpito il centro.

L'esperienza documentaristica di Nicolas Vanier si riverbera in una regia che spesso indugia sui bei panorami alpini, la sceneggiatura (Juliette Sales e Fabien Suarez, oltre lo stesso Vanier) parte dalla storia originale, che ha al suo centro l'amicizia tra un bambino e una bella e massiccia cagna (un pastore dei Pirenei, se non sbaglio), trasformandola in una storia ambientata nella resistenza francese nelle vicinanze del confine svizzero.

Come dice il nonno di Sebastien (Tchéky Karyo), a volte succede che parti per cercare una belva e torni con un cucciolo. E' un po' quello che succede al film, che parte per raccontare la formazione di un orfanello e finisce per parlare della difficoltà di relazionarsi tra umani.

A livello di scrittura ci sono debolezze non indifferenti, praticamente a nessuna delle numerose storie che si intersecano viene data una chiusura soddisfacente, e l'inserimento degli stereotipati militari tedeschi in funzione di cattivi mi pare che funzioni davvero poco. Funziona meglio se si lasciano perdere questi dettagli e si seguono invece le emozioni dei vari personaggi.

4 commenti:

  1. ma con tutti i cartoni proprio Belle e Sebastien dovevano tirare fuori?!

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    1. Non ho visto la serie, ma non capisco la tua domanda. Perché no?

      Commercialmente il risultato non è stato disprezzabile, e tutto sommato la storia raccontata non è poi malaccio.

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  2. Con altri cartoni animati, penso a DragonBall, il film è sempre stato un disastro. Belle e Sebastien si presta più facilmente, perché chi ha seguito il cartone animato, nel vedere il film non ha pretese particolari se non gustarsi gli scenari naturali e l'amicizia tra il bambino e il cane.

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    1. Sono ancora meno preparato su DragonBall, che non conosco in nessuna delle sue incarnazioni. Direi però che il problema non sia tanto il passaggio da un medium all'altro quanto lo scopo dell'operazione. Se si vuole solo far cassa, e ci si limita a trasporre la storia dall'albo al grande schermo, senza adattarla adeguatamente, è più facile rischiare la catastrofe.

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