Gran Torino

Un vegliardo (Clint Eastwood) è pronto per il count down finale. Ha seppellito la moglie e, come il protagonista di Up, se ne vive solo soletto in un tipico villino delle immense periferie americane, badando a che nessuno gli pesti il prato.

A differenza di Up, ad assediarlo non è la speculazione edilizia ma una nuova ondata di immigrati, che allontanano i bianchi da quel quartiere, divenuto fatiscente, per fare spazio agli orientali. Il protagonista, che è di origine polacca, reagisce in un modo che sembrerebbe estremamente xenofobo, se non fosse che, in realtà, al nostro stanno odiosi tutti, e il colore della pelle, il luogo di origine, usi e costumi, sono solo un pretesto per scaricare la sua incapacità di relazionarsi con chicchessia. Forse con la moglie era riuscito a stabilire un qualche equilibrio, ma non ci è dato di scoprire quale.

Capita però, per un maldestro equivoco, che i suoi vicini di origine vietnamita fraintendano una sua reazione, facendosi così l'idea che lui sia una brava persona dal carattere brusco. A furia di esserne convinti, finiscono per convincere anche lui, che avrà così modo di dare una bizzarra raddrizzatina ad un esistenza che era stata piuttosto dimenticabile.

Il film, che è diretto dallo stesso Eastwood, si regge sugli stereotipi dei film che hanno reso famoso il protagonista. E' un po' come uno spaghetti western in cui il cavaliere misterioso arriva nel villaggio del west vessato dai delinquenti e, inizialmente malvolentieri, poi più convinto, finisce per aiutare i bifolchi a trovare un loro riscatto. Senza Clint che alimenta questa suggestione direi che il film non reggerebbe. Anche perché regia e sceneggiature non è che siano tra le più ispirate.

Il titolo fa riferimento all'automobile del protagonista, che è in pratica l'unica cosa che gli sia restata di tutta la vita, a parte gli incubi dovuti alla sua partecipazione alla guerra di Corea.

16 commenti:

  1. dai, spesso una lancia a favore di Clint il vegliardo. E' vero che il film non brilla per originalità o sorpresa, però è solidissimo, ben girato e Clint è sempre Clint. Il finale mi ha pure strappato una lacrimuccia...

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    1. C'è almeno un punto in cui la sceneggiatura è così debole che persino i personaggi coinvolti la sconfessano. Quando la giovane vietnamita attraversa a piedi la zona presidiata da una gang rivale afro-americana accompagnata da un fricchettone bianco. Risolta la situazione con un approccio alla Dirty Harry, Clint chiede alla vicina cosa gli sia mai passato per la testa per ficcarsi in una situazione del genere. Ma non c'è spiegazione che tenga.

      Capisco il carico emotivo, ma razionalmente il finale non sta in piedi (attenzione allo spoiler!). Perché tutta la banda si mette a sparare? Direi solo perché la scenggiatura prevede che siano tutti arrestati e possibilmente condannati ad una lunga pena detentiva. E perché quei babbei sono rimasti sulla scena ad aspettare la polizia? Credo per dare modo di tirare le fila del racconto con tutti i personaggi principali in campo.

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    2. Ok, il finale è un pò didascalico, se si pensa che Clint non doveva più fare l'attore, e tutte le volte che gli hanno non sparato, e il solitario...Io non ho pianto, ma un finale così tocca il cuore.

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  2. gran bel film
    e gran bella recensione

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    1. Anche se non sono propriamente rimasto soddisfatto del film, direi che tra i due è proprio lui a vincere il confronto, e con gran distacco. Ma grazie per l'accostamento ;-)

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  3. A me è piaciuto molto, non ho visto in modo cosi negativo la figura del protagonista che in fondo era stato un bravo marito e un buon padre anche se purtroppo è vero che non è riuscito a stabilire un dialogo con i figli e i nipoti.
    Anche secondo me è davvero una brava persona dal carattere un po'brusco.

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    1. Quanto piaccia a ognuno un film (un libro, un quadro, un fumetto, ...) è un fatto molto personale di cui non mi azzarderei a discutere. Probabilmente me non ha entusiasmato perché non ci ho trovato risonanze che invece molti altri ci hanno trovato (Metacritic gli dà 7.2, Imdb 8.2, Rotten Tomatoes 7.1 e 8.4).
      Però. Che sia stato un bravo marito non abbiamo riscontri, e buon padre non direi proprio. Lui stesso ammette (quando si confessa) di essere sempre stato distante. Gli vediamo fare un unico tentativo di dialogo col figlio più paziente (dopo la visita medica) ed è per telefono - mezzo che impedisce il contatto diretto - e non porta a nulla.
      Coi nipoti non parla, si limita a fulminarli con occhiatacce, scambia solo qualche parola con la nipote, e al solo scopo di allontanarla.
      Di sicuro c'è la sua bruschezza, che sembra funzionale ad una sua difficoltà di parlare di quello che gli è successo durante la guerra. Probabilmente si considera una specie di mostro (dice che ha fatto cose terribili, e ammette di averle fatte liberamente), e per questo ritiene che sia meglio per gli altri non avere a che fare con lui.
      Dunque magari hai ragione tu, potrebbe essere il ritratto di una brava persona che ha subito un grosso trauma e non è riuscito a venirne fuori. Nel qual caso direi che il film non mi convince perché avrei dato modo al protagonista di superare il suo blocco in un modo meno distruttivo, e godersi quel poco che gli resta della sua vita, magari riallacciando il legami con la sua famiglia.
      Tornerei al confronto con Up, situazione iniziale simile, svolgimento paragonabile, fine sostanzialmente diversa. Per me, vince Up.

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    2. Ritratto un pò troppo profondo, non penso Clint sia d'accordo, perché ha fatto sempre cose semplici, anche se con Million dollar baby...

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    3. Come si suol dire, i commenti dell'autore sulla propria opera non pesano poi tantissimo. Il film è lì, e ognuno è libero di interpretarlo dal suo punto di vista. Posso contestare a Tiziana che il protagonista sia stato un buon marito facendo notare che non ci sono elementi che affermano il contrario (magari tornava a casa sbronzo tutte le sere e la picchiava, oppure con lei era una mammoletta affettuosa, vallo a sapere), l'unico modo per cogliermi in castagna sarebbe citarmi un dettaglio del film che potrebbe essermi scappato.

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  4. Non ho badato agli stereotipi, ma quando vidi "Gran Torino" alla fine mi scese una lacrimuccia, anche due, quindi con me il film è riuscito nel suo intento (non è difficile convincermi :D ). Sono d'accordo con te quando scrivi che, senza Clint, il film non avrebbe retto: ideologicamente io e Clint Eastwood siamo opposti, ma come attore riesce a convincermi.

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    1. Dunque forse ci ho azzeccato. La storia reggerebbe grazie all'immaginario che si porta dietro Clint Eastwood. Basta che appaia, fulmini qualcuno con una occhiata sghemba, e uno, più o meno consapevolmente, farebbe riemergere un gran bagaglio di sentimenti ed emozioni legati al suo lunghissimo curriculum d'attore. Va benissimo, è parte del gioco, ma andrebbe aggiunto alle avvertenze al film: "... al fine di apprezzare il lato emotivo della pellicola, si consiglia la precedente visione di una parte sostanziale del repertorio del protagonista".

      Poi ci sono i casi sfortunati, come il sottoscritto, che non apprezzano lo stesso. Ma pazienza ;-)

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    2. Fa parte del fascino dell'attore. Per esempio "Di nuovo in gioco" è un film abbastanza banale, ma grazie alla sua presenza io non solo l'ho visto (senza Eastwood lo avrei snobbato), ma nella mia recensione il voto fu 3-/5. A pensarci adesso è un voto molto alto per un film che merita un 2/5.

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    3. BlaBla hai già risposto così al mio commento, non serve altro. Qui aggiungo che è dagli anni 60 che sta nei set, molti film, Callaghan in primis, sono commerciali, ma ogni tanto dà una zampata ai generi che lo fanno mettere tra i grandi. Direi che pure ora di rivedere Mystic river e Million dollar baby, da lì si torna a ragionare.

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    4. Una rapida occhiata ad Imdb mi ha confermato che Eastwood non ha mai partecipato alla scrittura dei film che ha diretto, prodotto, interpretato. Direi che questo spieghi la disparità dei risultati. Mystic river (che ho visto è mi è piaciuto) è basato su un romanzo di Dennis Lehane (vedi anche Gone baby gone di Ben Affleck e Shutter island di Martin Scorsese), Million dollar baby è sceneggiato da Paul Haggis (anche questo da un romanzo), nello stesso anno in cui ha scritto e diretto Crash.

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    5. E' un peccato che ne faccia qualcosa di ottimo. Pur essendo un filmmaker monco, dalla produzione alla recitazione, riesce comunque, negli ultimi anni, ad entrare almeno nei cuori.

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    6. Almeno a me, nel cuore mica tanto. Ma sui sentimenti è inutile discutere, a ognuno i suoi.

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