Evidentemente i lungometraggi di Hayao Miyazaki, anche se vecchiotti, funzionano bene anche al cinema. Infatti la distribuzione di Il castello nel cielo di questi giorni è stata preceduta nel 2010 da quella di Porco rosso, recuperato alle nostre sale con un ritardo quasi ventennale.
Anche ad un neofita come il sottoscritto, saltano subito all'occhio i molti i tratti in comune tra i due titoli, che li identificano chiaramente come prodotti di un autore con una sua voce molto specifica. Gli agganci alla realtà sono stravolti da una fervida fantasia che ci porta in un mondo dove l'impossibile viene accettato dai personaggi come fosse fatto quotidiano.
Se Il castello nel cielo era ambientato in un tardo ottocento piuttosto inglese, trasfigurato da influenze tra il fantasy e la fantascienza, in Porco rosso il setting è in Italia nei primi anni venti del secolo scorso nel mondo dell'aviazione, che a quei tempi era ancora in bilico tra il pionierismo iniziale e l'industrializzazione ormai prossima. Molti particolari fanno pensare ad un grande amore dell'autore per l'Italia e l'aviazione, anche se il tutto viene stravolto rimescolare storia, geografia, influenze esterne e qualunque cosa possa essere funzionale alla narrazione.
Il protagonista è un asso della prima guerra mondiale misteriosamente trasformatosi in maiale antropomorfo e che ora campa difendendo le navi da crociera dall'assalto di feroci pirati che infestano l'alto Adriatico. Sia lui che i pirati volano su bellissimi idrovolanti (più o meno) d'epoca e, anche se si odiano cordialmente, a fine giornata di incontrano tutti quanti al bar che colonizza un'isoletta, gestito da una affascinante Gina, che canta in francese.
Siamo dunque anche qui in un mondo parallelo, che ha solo una certa somiglianza con quello reale di riferimento. In questo caso direi che le distorsioni arrivano principalmente da influssi hard-boiled, con il suino protagonista che mi pare un classico personaggio alla Raymond Chandler, ci starebbe bene una sua interpretazione da parte di Bogart, solitario, con un mistero nel passato, cinico ma dal buon cuore. I pirati sono molto simili a quelli de Il castello nel cielo, teoricamente cattivi, ma dopo tutto neanche tanto, molto buffi. Anche qui sono le donne ad avere capacità decisionale, gli uomini in genere sono tendenzialmente dei bambinoni poco affidabili.
Molti i dettagli curiosi. In primo luogo il vero nome di Porco rosso (detto così per via delle sembianze, e per il colore del suo idrovolante, probabile accenno al triplano del più noto barone) è Marco Pagot, che sarebbe poi il nome del figlio di Nino Pagot, che col fratello ha creato, tra l'altro, Calimero. Si cita dunque la gloriosa scuola dell'animazione italiana, ridotta ormai ad un fuoco che cova sotto la cenere.
Si citano alcuni veri assi dell'aria italiani, in particolare Arturo Ferrarin viene presentato come amico di Pagot, e lo salva un paio di volte da situazioni pericolose. Ferrarin ha fatto veramente la prima guerra mondiale (anche se non risulta una sua amicizia con un aviatore poi trasformatosi in maiale), una delle sue imprese più ardite è stato il volo Roma-Tokio (guarda caso). Lo sviluppo dell'aviazione italiana di quegli anni è legato anche al suo contributo, che ha riguardato anche indicazioni ai progettisti di idrovolanti, come nel caso della macchina su cui lo vediamo nel film, no stupendo Macchi M.39, velivolo all'avanguardia ai suoi tempi (che sono successivi a quelli narrati, è del 1926) e che ha influenzato la progettazione aeronautica per un paio di decenni.
Storicamente, sappiamo di essere nel 1922 in quanto si accenna al cambiamento di regime in Italia, e nella seconda parte del film Pagot è pedinato da agenti della polizia segreta fascista. In realtà una vera e propria polizia segreta fascista sarà attiva solo dopo alcuni anni dalla marcia su Roma, anche questo, dunque, potrebbe essere considerato un anacronismo.
Si parla anche della Coppa Schneider, che era una sorta di Coppa America per idrovolanti, vinta ad esempio dal suddetto M.39, e si accenna al fatto che gli americani l'abbiano vinta in passato. Questo è successo nel 1923, su di un Curtiss che poi è il nome dell'antagonista americano di Pagot.
L'idrovolante di Pagot non mi pare sia un modello reale, anche se assomiglia a prodotti d'epoca della SIAI e della Macchi. Fatto è che, a seguito dello scontro con il rivale Curtiss, ingaggiato dai pirati, Porco Rosso lo porta ad aggiustare e migliorare in un cantiere milanese, e qui gli viene proposto di cambiare motore per metterci un "Ghibli". Beh, Ghibli è il nome dello studio di Miyazaki, e uno potrebbe pensare che si tratti di una citazione della produzione, mentre in realtà si cita un altro aereo italiano, un Caproni del decennio successivo, che appunto era noto con quel nome. Se ho capito bene, la passione di Miyazaki per l'aviazione italiana è addirittura precedente alla fondazione dello studio di produzione.
Ma tutti questi sono dettagli, relativamente poco interessanti. Il vero cuore della storia sta nella vicenda del protagonista, che pensa di espiare una colpa che a ben vedere non ha, della sua complicata relazione con le donne, e con gli umani in generale - lui sente addirittura di non fare più parte del nostro genere, di essere qualcosa di estraneo all'umanità. Solo in due momenti verrà intravisto come umano, da Fio, la giovane progettista che gli rimette a nuovo l'aereo, quando le parla di come è diventato un maiale, e da Curtiss, suo arci-rivale, nel finale.
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