Dopo l'Alien di Ridley Scott, gli Aliens di Cameron, l'Alien al cubo di Fincher, tocca a Jean-Pierre Jeunet darci la sua interpretazione della saga.
Ai tempi Jeunet non aveva ancora prodotto quello che credo sia il suo film più noto, Amelie, ma aveva già piazzato un paio di titoli, Delicatessen e La città dei bambini perduti, che lo caratterizzavano molto bene. Dunque penso che la produzione sapesse a cosa andava incontro, e mirassero consapevolmente ad un ennesimo deciso cambiamento di stile. E tutto sommato direi che il regista se la cava bene, pur in una storia che non è esattamente nelle sue corde, portando il suo tocco tra il comico e il truculento in una saga che fino a questo momento si era presa fin troppo sul serio.
La sceneggiatura, purtroppo, non è che sia delle meglio riuscite. Far notare l'irragionevolezza di gran parte dell'intreccio mi pare che sia come sparare sulla croce rossa. L'assurdità di quello che accade è tale che anche i personaggi non se ne capacitano - vedasi la scena in cui il generale cerca di farsi spiegare dagli scenziati (pazzi) come sia possibile che un clone umano possa attingere alla memoria dell'originale, ma dopo un tentativo di improbabile spiegazione, li manda tutti a quel paese.
Due secoli dopo al suo suicidio Ripley (sempre Sigourney Weaver) risorge dalle sue ceneri (il titolo originale infatti è Alien: Resurrection) per mano di un manipolo di scienziati privi di ogni scrupolo che operano su una astronave militare stanziata da qualche parte all'esterno del nostro sistema solare. Lo scopo è quello di estrarre da lei l'ape regina Alien che ospitava. Assurdo, anche senza stare a vedere che partivano da poche cellule del sangue della Ripley originale, ma tant'è. Ci riescono all'ottavo tentativo, e la Ripley-8 che ottengono è un ibrido umano-Alien con tutti i problemi del caso. A complicare la vicenda si aggiunge l'equipaggio di una (astro)nave pirata che include i soliti tipi molto diversi tra loro, oscillanti tra una Winona Ryder che sembra una militante ecologista e un Ron Perlman (già ne La città dei bambini perduti) brutto ceffo d'ordinanza.
L'idea di studiare gli Alien è evidentemente insensata, e porta alla rapida catastrofe. E, come se non bastasse una astronave che pullula di Alien rapidamente mutanti verso nuove forme sempre più distruttive, si aggiunge anche il fatto che un demente sistema di sicurezza fa sì che l'astronave si diriga automaticamente verso la Terra, con il suo distruttivo carico. Quanto ci mette a fare il viaggetto? Circa tre ore. Plutone - Terra in tre ore. Viaggiando senza nessuna fretta, naturalmente. Fortuna che già Ripley era un osso duro, figuriamoci Ripley-8.
Si accentua in questo episodio il pessimismo sull'uomo, sia nel senso di essere umano, sia in quello della parte maschile dello stesso. I personaggi positivi (o almeno, non negativi) sono femminili e non (completamente) umani. Se non altro gli Alien non sono visti solo come mostri, almeno non totalmente. O forse si sottolinea a tal punto la nostra mostruosità che la loro non sembra nemmeno eccessiva.
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