Filmino in superotto, recitazione approssimativa ripresa quasi esclusivamente da una camera fissa, sceneggiatura a tratti incomprensibile o semplicemente insopportabile. Eppure il risultato complessivo non è male. È il primo lungometraggio di Nanni Moretti e a vederlo oggi spiccano più i difetti che i tratti interessanti della pellicola, principalmente la presa in giro dall'interno di quello strano animale che è la media borghesia progressista italiana.
Nel gran parlarsi addosso dei personaggi, senza capire neanche bene di cosa stanno parlando, spicca un tale, registra teatrale, che nonostante i fallimenti precedenti vuole mettere in scena un ennesimo spettacolo di avanguardia, ottenendo risultati sconsolanti. Ma, come dire, almeno lui ci prova. Invece Michele (Moretti) protagonista del film, e attore secondario del pezzo teatrale, non ci prova neanche. Partecipa, ma con interesse scarso o nullo. Come lascia scorrere la sua vita, lasciando che il suo matrimonio vada a monte, e non riuscendo a dare un minimo spessore al suo rapporto con il figlio. Si pensa comunista ma, quando cerca di leggere Il capitale, si accorge di non capire un tubo di quello che c'è scritto, e gli viene il dubbio di aver sbagliato ideologia. Non riesce a produrre niente, ma se la prende con il cinema prodotto in Italia (in particolare ce l'ha con Lina Wertmüller e l'appena uscito Pasqualino Settebellezze - e quando gli dicono del suo successo negli USA gli viene la bava alla bocca), anche se poi ammette che ormai da anni vede solo film pornografici - non erotici, che disprezza, ma proprio pornografici.
Molte ingenuità, lentezze, scene non riuscite, bassa qualità complessiva (a tratti sembra un film sovietico), ma riscattata da invenzioni e battute fulminanti che verranno sviluppate meglio nel seguito della produzione morettiana. Alcune sono diventate quasi proverbiali, come la reazione "No! Il dibattito no!" alla fine del catastrofico spettacolino.
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