Margin call

Scritto e diretto da J.C. Chandor, al suo primo lungometraggio ma che deve avere amicizie notevoli, visto che è riuscito a convocare un cast decisamente interessante, e la conferma viene dai ringraziamenti nei titoli di coda, dove vengono citati un sacco di grossi nomi, tra cui JJ Abrams e Steven Spielberg. Secondo mojo, il film è costato una miseria (per i canoni del cinema americano) ed è andato relativamente bene, anche se mi sarei aspettato un risultato anche migliore, sia per la storia narrata (Chandor s'è beccato una nomination all'Oscar per la sceneggiatura), sia per il risultato complessivo.

Sembra che Chandor abbia molti amici, pochi soldi, e buone idee. L'opposto dei personaggi del suo film, che hanno molti soldi, poche idee (in genere relative a come fare soldi), e poca o niente vita fuori dal lavoro.

Si parla dell'ultimo tracollo finanziario, quello da cui non ci siamo ancora ripresi, dal punto di vista di una di quelle finanziarie che hanno imbottito il mercato di titoli tossici creando la catastrofe. Consigliata la visione abbinata di The bank (del 2001) e di Wall Street per scoprire come il perfido capo della baracca (Jeremy Irons, come sempre a suo agio in ruoli di questo tipo) non abbia poi tutti i torti quando dice che nessuno può fare l'animo candido, visto che bisognava avere le bistecche sugli occhi per non vedere la (ennesima) catastrofe in arrivo.

Inizio fulminante, in cui ci viene fatta vedere una di quelle operazioni di draconiana potatura del personale che non sono insolite negli USA (vedi Tra le nuvole). Tra gli altri viene mandato a casa un tale (Stanley Tucci) che ha diciannove anni di anzianità aziendale, gli viene comunicata la notizia, gli si danno cinque minuti per prendere la sua roba, e via. Il suo capo (Paul Bettany) è dispiaciuto, ma si capisce che ha visto ben di peggio. Uno tra i suoi sottoposti (Zachary Quinto, Spock del reboot di Star Trek, a mio parere il meno convincente nel gruppo dei personaggi principali) lo ringrazia per il lavoro fatto assieme e lui gli dice di dare un'occhiata al progetto a cui stava lavorando, e che ha dovuto abbandonare così brutalmente.

Fatto è che il progetto era una valutazione della esposizione del rischio che l'azienda si era accollato nella gestione di un loro prodotto finanziario molto remunerativo ma pestilenziale. Il risultato del suo lavoro è che il prodotto non vale nulla, e loro, che ne hanno in gran quantità, sono esposti per una cifra di gran lunga superiore al valore dell'intera società.

Quinto espone la situazione a Bettany, Bettany chiama il suo capo (Kevin Spacey), che a sua volta notifica il suo capo (Simon Baker, anche lui non mi ha convinto), che chiede lumi a chi a progettato quella schifezza di prodotto (Demi Moore) la quale deve ammettere che in effetti avere in cassa quella robaccia è una pessima idea. A questo punto è notte fonda, ma viene convocato il super-capo (Irons) che trova la soluzione al problema: scaricarlo su altri.

Il gergo finanziario è stato limitato al minimo necessario, spostando l'accento dai dettagli tecnici a quello che è il succo del problema: i soldi che girano in quell'ambiente sono molti ma sono basati sull'aria fritta. Ma va bene a tutti così, in primo luogo a chi si ingrassa vendendo il nulla a prezzi astronomici ma, come fa notare il personaggio di Bettany, anche ai "comuni mortali", a cui questi giochi di finanza creativa fanno comodo, finché non ci picchiano il naso.

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