Lunchbox

La storia ha debiti nei confronti di Scrivimi fermo posta di Ernst Lubitsch (*), della schiscetta (**) e del suo sistema di distribuzione a Mumbai (***). Succede infatti che anche nella popolosa e attivissima città indiana sia tradizione usare la schiscetta, che però i lavoratori non si portano da casa, bensì si fanno recapitare dalla famiglia o dal ristorante, per mezzo di un famoso servizio basato su una efficientissima rete di dabbawala (°). Incredibile a dirsi, non solo i dabbawala sono veloci, così che il cibo arriva ancora caldo, ma sono anche di una precisione assoluta. Come viene citato nel film, i dabbawala sono stati oggetto di uno studio dalla Harvard Business School, che hanno stimato un margine di errore nelle consegne inferiore all'un per milione. Corrisponde alla realtà anche l'affermazione che il principe Carlo di Inghilterra abbia trovato il tempo, nella sua visita in India, per incontrarli. Non viene citato invece che hanno pure una certificazione ISO 9001.

Dunque, i dabbawala non sbagliano quasi mai. Qui si narra (°°) di una possibile rara eccezione. Ila (Nimrat Kaur) è una giovane sposa trascurata dal marito. Sua zia le consiglia di applicarsi maggiormente nella cucina. Come diremmo noi, di (ri)prendere lo sposo per la gola. Lei si applica con gran impegno e ha la sorpresa di vedersi riportare dal suo dabbawala la sua pila di schiscette (°°°) ripulita fino all'ultima briciola. Aspetta dunque fiduciosa il ritorno del compagno, ma questi non ha nulla da dire. Sempre su istigazione della zia, Ila aggiunge un foglietto al pasto del giorno successivo, nella speranza di riprendere in questo modo la comunicazione col marito, o quanto meno di sapere chi si è sbafato il suo pasto.

Il miracolato è Saajan (Irrfan Khan), che inizialmente pensa ad un cambio di cuoco del ristorante da cui si serve, e poi, depresso com'è, non dà alcun peso alla cosa. Ci pensi Ila a risolvere l'errore, deve aver pensato, che lui ha altro per la testa. E' infatti vedovo, presumibilmente da molto tempo, non ha gran interesse in alcunché, men che meno nel suo noiosissimo lavoro, da cui è pure sul punto di separarsi per andare in pensione, per la quale non ha alcun progetto. Peggio ancora. Gli mandano il sostituto, Shaikh (Nawazuddin Siddiqui), un ragazzotto estremamente loquace che lui dovrebbe formare ma col quale non vuole aver niente a che fare.

Sia Shaikh sia Ila, per fortuna di Saajan, sono molto insistenti, e così finisce per uscire dal suo bozzolo. Non sappiamo come andrà a finire, ma tutto sommato il futuro dei tre protagonisti sembra abbastanza positivo.

Dietro al film ci sono menti e capitali da mezzo mondo, buona parte di questi sono europei, prevalentemente francesi e tedeschi, e c'è anche lo zampino del Torino FilmLab.

(*) Vedi anche il remake di fine secolo C'è posta per te.
(**) Per i non-lombardi, la schiscetta è quel contenitore metallico che chi ha una certa età e magari ha fatto pure il militare, o il campeggiatore, forse chiamerebbe gavetta. La schiscetta è la sua versione civile, nel senso che indica il suo uso per portarsi il pranzo al lavoro. Per chi fosse incuriosito dal buffo nome dialettale, deriva dal verbo schisciare (schiacciare), e deve la sua etimologia dal fatto che tipicamente le pietanze vengono stipate senza ritegno nel contenitore.
(***) Quella città indiana che, sempre se non si è giovanissimi, viene più spontaneo chiamare Bombay.
(°) Tale è il nome ufficiale di chi per mestiere porta in giro le schiscette.
(°°) Primo lungometraggio, scritto e diretto da Ritesh Batra.
(°°°) Già, perché la cucina indiana prevede una gran varietà di portate, e chi se lo può permettere mantiene questa sana abitudine anche nei pranzi di lavoro.

2 commenti:

  1. Non sono molto portata per i film indiani caro Blabla, ma lo recensisci così bene che mi incuriosisci!!
    Chissà magari se mi capita...
    Bacissimi serali!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho dimenticato di dire che la produzione internazionale deve avere avuto il suo peso nella realizzazione del soggetto. Infatti è un film indiano, ma sembra realizzato tenendo d'occhio i gusti cinematografici europei. Per dirne una, la durata è dei classici cento minuti e non le strabordanti lunghezze bolliwoodiane.

      Elimina