Sherlock Holmes di fronte alla morte

Titolo poco indicativo, quando mai l'investigatore di Conan Doyle non deve affrontare la morte in una delle sue avventure, ma traduzione letterale dell'originale. La buona notizia è che la sceneggiatura è basata, anche se molto liberamente, su L'avventura del rituale dei Musgrave di Conan Doyle, e segna l'abbandono della linea militante-propagandistica tenuta da primi tre episodi marcati Universal (La voce del terrore, L'arma segreta, Sherlock Holmes a Washington) con il ritorno ad uno stile più ottocentesco tardo gotico, molto simile a quello dei precedenti due episodi Fox (Sherlock Holmes e il cane dei Baskervilles, Le avventure di Sherlock Holmes), anche se si continua ad ambientarli nel presente storico, ovvero nel bel mezzo della seconda guerra mondiale.

Per evitare di svolgere l'azione a Londra, si costringe il povero dottor Watson (Nigel Bruce) a lavorare per una casa di cura per militari che abbiano subito traumi in guerra nella lontana Northumberland. Curioso che i pazienti siano solo tre, e ancor più curioso che per indagare sugli accadimenti arrivi fin lassù anche il buon ispettor Lestrade (Dennis Hoey). Ci sono altre stranezze, che fanno pensare che gli sceneggiatori fossero parecchio di fretta e non stessero a badare ai dettagli, ma tutto sommato l'avventura risulta guardabile.

Al centro della storia, ma a sua insaputa, c'è Sally Musgrave (Hillary Brooke), che vede morire come mosche parenti e servitù, finché Holmes (Basil Rathbone) non riesce a inchiodare l'assassino alle sue responsabilità.

Poco digeribile, ma fortunatamente breve, il pistolotto finale in cui ci viene magnificato lo spirito di collaborazione degli inglese che porterà ad un radioso futuro.

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