Macbeth

L'originale teatralità (*) è smussata dal team creativo capitanato da Justin Kurzel, che gli ha dato un taglio che sembra influenzato da cose come Braveheart e 300, e non lo dico in senso spregiativo, solo sorpreso. Ridotti i dialoghi, aumentata l'importanza dell'impatto visuale, snellito il racconto, al punto che conviene aver visto una rappresentazione più aderente alla lettera, se non si vuole restar dubbiosi su alcuni passaggi che vengono solo accennati. E introdotte varianti che spaziano dal superfluo, come l'aggiunta di una giovane streghetta a quello che dovrebbe essere un trio, all'approfondimento psicologico della personalità dei protagonisti, che vengono così rese più vicina alla nostra sensibilità.

Il risultato mi pare comunque molto interessante, sia perché con una storia così potente alla base è difficile cadere male, sia perché Kurzel non sembra l'ultimo arrivato (**), sia per l'ottimo lavoro degli attori.

Macbeth (Michael Fassbender), fedele al suo re, Duncan (David Thewlis), riesce ad ottenere una vittoria insperata, che ribalta le prospettive di una guerra che sembrava persa. Questo non lo rallegra più di tanto, anche perché aveva già perso un figlio prima della battaglia decisiva, e quest'ultimo scontro gli ha portato via l'altro. In cambio ottiene da alcune streghe il vaticinio di una baronia e poi del trono regale. Al suo amico Banquo (Paddy Considine) va anche peggio (***), e gli viene detto che sarà più fortunato ma anche sfortunato di Macbeth, e da lui nascerà una stirpe di re.

Macbeth non sembra per niente contento di quello che ha sentito, e ne ha tutti i motivi. La sete di potere lo porterà a perdere il senno, e otterrà solo sciagure. Altrettanto male andrà a Lady Macbeth (Marion Cotillard), che inizialmente spingerà il marito alla doppiezza e al tradimento ma poi - ohimé troppo tardi - si renderà conto che la scelleratezza non è strada facile da praticare.

(*) La tragedia scozzese è di William Shakespeare, se ci fosse bisogno di precisarlo.
(**) Anche se non ho visto niente altro di suo.
(***) O meglio. Non è facile capirlo.

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