The zero theorem

Altro film che non è stato distribuito in Italia. In questo caso il motivo va cercato nel fallimento di Moviemax, che ne aveva acquistato i diritti. In attesa che si sblocchino le questioni legali, temo che il modo più semplice per vedersi quella che è ancora oggi l'ultima regia di Terry Gilliam (*) sia cercarsi una copia del DVD proveniente da altro Paese europeo. Curioso destino, in particolare se pensiamo che il film è stato presentato in anteprima a Venezia nel 2013.

In un quasi incomprensibile futuro distopico, un programmatore informatico capace ma estremamente complessato, Qohen Leth (Christoph Waltz), viene assegnato dal misterioso capo (Matt Damon) della azienda per cui lavora ad un compito che sembra impossibile, dimostrare il Teorema Zero per mezzo di una complessa elaborazione di entità (**). Qohen accetta di buon grado l'ingrato lavoro perché gli permette di lavorare a "casa" (***) riducendo quindi drasticamente il rischio di contatti umani, e perché spera che questo gli permetta di ricevere una oscura telefonata che dovrebbe spiegargli il senso della sua vita (°).

Il lavoro procede alacremente, ma manca sempre un qualche cosina ad arrivare alla soluzione finale. Alcuni personaggi arrivano in suo aiuto, tra cui:
Joby (David Thewlis), suo supervisore, che sembra di una mediocre mediocrità molto pythoniana, ma d'altro canto sembra anche avere una simpatia forse sincera per Qohen.
Il giovane programmatore prodigio Bob (Lucas Hedges), che ha intuizioni che lo potrebbero rendere capace di risolvere il teorema, ma manca della necessaria capacità di impegnarsi sul lungo periodo. C'è poi il fatto che Bob è figlio del capo dell'azienda, e ha perciò un problema relazionale di diverso tipo.
La dottoressa Shrink-Rom (Tilda Swinton), una strizzacervelli virtuale che deve cerca di tenere sotto controllo le tendenze autodistruttive di Qohen. Ricorda in modo preoccupante la Mason di Snowpiercer, sempre interpretata dalla Swinton, almeno fino a che non viene craccata da Bob che la rende ancora più folle.
Tra parentesi, la Shrink-Rom viene concessa a Qohen dopo una assurda visita medica tenuta da tre dottori sciroccati (Sanjeev Bhaskar, Ben Whishaw, Peter Stormare).
Bainsley (Mélanie Thierry), una strana fanciulla che sembra ancor più stranamente attratta da Qohen. Inizialmente introdotta a questi da Joby, che sarebbe loro comune amico, se Joby avesse amici, poi passa ad un rapporto più professionale, avendo una attività di cyber-prostituzione, ed essendo forse considerabile come un benefit aziendale.

Le cose, che sono già abbastanza complicate, lo diventano ancora di più. Sembra che Qohen, grazie all'interazione con umani amichevoli, riduca le sue tendenze autistiche, sia capace di sentimenti di amicizia e forse sia anche di mostrare il suo amore per Bainsley, nonostante lo roda il dubbio che questa abbia per lui solo attenzioni a tempo determinato.

Finale molto in stile Brazil (1985), meno deprimente, però, perché ognuno può decidere cosa stia succedendo. Il sospetto è che tutto vada orribilmente male, la speranza (°°) è che inspiegabilmente un lieto fine sia riuscito a sgusciare tra le pieghe della storia.

(*) In questi giorni sono trapelate notizie positive sulla ripresa del progetto relativo alla sua versione di Don Chischotte, con lo scoop che dovrebbe essere Michael Palin ad interpretare l'eroe eponimo. E' l'ottava volta che Gilliam ci prova, speriamo che sia quella buona.
(**) O come dicono loro, "crunching entities".
(***) Che sarebbe poi una austera chiesa che ha comprato a prezzo vantaggioso in seguito ad un incendio che ha spazzato via i precedenti inquilini, religiosi di un ordine che, tra l'altro, aveva tra le sue regole quella del rigido rispetto del silenzio.
(°) Evidente il richiamo ad Aspettando Godot.
(°°) Supportata da voci che si sentono sui titoli di coda, senza che noi si possa vedere cosa stia succedendo.

2 commenti:

  1. Mai sentito nominare, ovviamente capiamo il perchè.
    Me lo segno

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come penso si sia capito dal mio rapido riassunto, trattasi di film che se uno mi dice "ma sono matti, è tutto privo di senso!" io mi complimento con lui per aver compreso l'essenza della storia. Da guardare quindi sapendo a cosa si va incontro, se non si vuole avere l'erronea impressione di aver sprecato il proprio tempo.
      Nota di merito per Carlo Poggioli della Tirelli costumi che ha fornito una serie di notevoli abiti di scena (vedasi anche solo quelli di Matt Damon).

      Elimina