A proposito di Davis

Al povero Llewyn (Oscar Isaac) non ne va una dritta. Anzi, sembra che la sua vita giri in circolo come un disco incantato con situazioni che si ripetono sempre uguali (ma con qualche piccola variazione) chissà da quanto tempo, al punto che nemmeno lui non se ne accorge più.

Siamo giusto agli inizi degli anni sessanta e lui è un folk singer in anticipo di qualche anno sui tempi. Può sembrare una contraddizione di termini, ma invece è proprio così. Prima del fenomeno Bob Dylan, non è che ci fosse un grande spazio per musica di qualità in quell'ambito, era un genere che andava a colpire una fascia di pubblico dai gusti piuttosto semplici. E nel film si narra una singola settimana della vita di Llewyn, giusto prima dell'arrivo di Mr Robert Allen Zimmerman a New York.

Come quasi sempre capita nei film dei fratelli Joel ed Ethan Coen, il caso si accanisce sul protagonista, maltrattandolo oltre misura, costringendolo perfino ad accettare inutilmente patti leonini. Vedasi ad esempio il caso in cui, spinto dal bisogno immediato di denaro, accetta di suonare in una incisione di un brano (orrendo) per un pagamento immediato, rinunciando alla compartecipazione sugli utili futuri. In breve Llewin scoprirà che non aveva bisogno di quei soldi, e più tardi gli verrà pure detto che quella terribile canzonetta si stava trasformando in un successo prodigioso.

Vero è che Llewin commette una serie immensa di sciocchezze. Scopriamo ad esempio, insieme a lui, che potrebbe essere padre di un bambino di un paio d'anni, e che ha (forse) messo incinta la compagna (Carey Mulligan) di quello che sembra essere il suo unico amico (Justin Timberlake). Però, considerando le biografie degli artisti, mi pare normale amministrazione.

Il suo vero problema direi che è la solitudine. Faceva parte di un duo, ma il suo compare lo ha lasciato da prima che inizi il film - i dettagli saranno dati più avanti, nel corso di un inconcludente viaggio a Chicago, grazie alla ficcanasaggine di un antipaticissimo jazzista (John Goodman) - rompendo il suo equilibrio. Come molti gli faranno notare, non riesce a relazionarsi decentemente con nessuno, e questo non può certo aiutarlo ad emergere.

Pur avendo un taglio molto scuro, siamo quasi ai livelli di A serious man, non mancano le sequenze comiche in puro stile Coen. Come quando Jane, molto arrabbiata per aver scoperto di essere incinta, insulta a lungo Llewyn in vari modi, definendolo una specie di fratello scemo di Re Mida, che trasforma tutto quello che tocca in materiale molto meno nobile, e invitandolo a prendere precauzioni per evitare di toccare alcunché.

Inoltre, il finale, che a prima vista mi era sembrato quasi tragico, a ben vedere è aperto. Già, perché prima di cadere in un ennesimo dejavu, Llewyn ha modo di sentire che sul palco del locale dove si esibisce di solito al Greenwich Village c'è qualcuno che, finalmente, lo sorprende in positivo, ed è proprio il giovane Dylan che sta per fare il gran botto. Che sia quello che ci vuole per far saltare la puntina e far sì che la vita Llewyn riprenda a correre?

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