Alla scoperta di Charlie

Titolo segnalatomi tempo fa da un mio amico, e visto proprio ora, a ridosso di Nebraska con cui ha molto in comune. Ho trovato spiegazione all'aria di famiglia leggendo nei titoli di coda il nome di Alexander Payne, che lo ha prodotto. E' il primo (e al momento unico) film di Mike Cahill, da non confondere con l'omonimo regista di Another Earth.

L'io narrante è Miranda (Evan Rachel Wood), ragazzina californiana che si è dovuta trovare il modo di sopravvivere alla scomparsa della sua famiglia. Prima la madre ha salutato e se ne è andata, poi il padre, Charlie (Michael Douglas), è andato completamente fuori di testa e si è fatto un soggiorno di un paio di anni in clinica. L'azione parte con lei che va a riprendersi il padre. Ha quasi diciassette anni, ed è riuscita a vivere da sola nella sua casa di famiglia contando sul poco interesse della burocrazia, a cui basta un pezzo di carta per completare la pratica per essere felice, e sulla facilità di trovare un lavoro negli USA, se ci si accontenta di uno stipendio ridicolo.

Non che la clinica abbia fatto benissimo a Charlie, pur non sapendo cosa abbia fatto per essere internato, lo vediamo agire in modo piuttosto sconnesso dalla realtà. Un po' come in Nebraska, però, l'uomo ha un piano. Un piano alquanto bizzarro, invero, ma almeno è un piano. Grazie alla biblioteca dell'ospedale e un accesso ad internet, pensa di aver risolto il mistero della sparizione di una spedizione spagnola ai tempi dell'El Dorado, e ora crede di poter ritrovare la cassa d'oro che i conquistadores si portavano dietro per le piccole spese.

Come in Nebraska, scopriremo che anche Charlie non ha un interesse personale per il tesoro, lo vede più che altro come un mezzo di riscatto da una vita di fallimenti (che Miranda, quando lui gliene combina una più grossa del solito, gli rinfaccia senza nessun filtro), e come opportunità da lasciare a sua figlia, sperando che lei la sappia sfruttare.

Al contrario di Nebraska, Cahill non vuole allontanare lo spettatore, anzi, cerca di rendere appetibile la storia usando i toni leggeri della commedia - un po' mi ha ricordato la mano di Terry Zwigoff, vedi ad esempio Babbo Bastardo - ma, sarà anche colpa della poca esperienza, nonostante i due ottimi protagonisti si percepiscono alcuni sbandamenti nello svolgimento della vicenda.

P.S.: Chissà perché mai la nostra distribuzione, unica la mondo, ha cambiato così radicalmente il titolo che in originale è King of California.

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