Quel fantastico peggior anno della mia vita

I genitori di Greg (Thomas Mann) sono estremamente sbadati, e non si accorgono di aver messo il figlio in un vicolo cieco. Al punto che il suo progetto per le superiori è quello di volare così basso da non essere identificato da nessuno, e di avere un unico amico, Earl (RJ Cyler), con il quale condivide la passione per il cinema d'autore. Sin da piccini, i due si sono messi in società per produrre una serie di spoof dei loro film favoriti, cose che possono ricordare, in piccolo, l'esordio di Edgar Wright. Questo permette a Greg di qualificare Earl come suo collaboratore, risparmiandogli di usare il termine "amico". E questo dovrebbe bastare a spiegare quanto male sia messo.

Succede però, all'ultimo anno prima del diploma (*), una vicina di casa sua coetanea, tale Rachel (Olivia Cooke), si becca la leucemia, e Greg viene praticamente costretto da sua madre a spendere qualche tempo con lei.

Rachel, che non ne può più già da un pezzo della falsa affettuosità che tutti le rivolgono, rimane sorpresa dalla candida rudezza di Greg, che a sua volta scopre con sorpresa che esistono esseri umani con cui può parlare senza nascondersi dietro una maschera. Così Greg, che riusciva a malapena a gestire una singola relazione umana, ora si trova ad averne due per le mani (**), il che lo rende ancor più confuso, con conseguenti piccole catastrofi che lo colpiscono nella sua attività scolastica.

E le cose vanno ancora peggio, da un lato la salute di Rachel peggiora velocemente, dall'altro la complessità della situazione è troppo elevata per Greg, che non riesce a farne più una giusta, gli studi vanno a rotoli (***), litiga con Earl e poi con Rachel, sembra destinato a chiudersi in se stesso e lì restare, in stato ameboide. Ma, con un piccolo aiuto da parte degli amici, a volte anche le situazioni più disastrose possono essere superate.

Seconda regia di Alfonso Gomez-Rejon che mostra una maturità molto superiore alle attese, dovuta alla gavetta a fianco di nomi come Alejandro González Iñárritu (21 grammi e Babel) e Ben Affleck (Argo).
La tematica young adult, e l'ambientazione a Pittsburgh non possono non far pensare a Noi siamo infinito, che però resta un bel gradino sopra. Il cancro associato a ragazzini, rimanda invece a Colpa delle stelle, e qui direi invece che le migliori doti registiche di Gomez-Rejon si fanno valere.

(*) Bisogna ricordare che per gli americani quello è un periodo cruciale, si esce dal nido della famiglia e si affronta il mondo, ed è quindi carico di tensioni.
(**) Da cui il titolo originale, Me and Earl and the dying girl, che scommetterei non sia stato tradotto letteralmente per evitare l'accenno alla morte nel titolo. Anche se questa volta i distributori cinematografici hanno una colpa minore, in quanto è stato utilizzata la traduzione scelta per il romanzo di Jesse Andrews, che cura anche la sceneggiatura.
(***) E andare male all'ultimo anno delle superiori vuol dire rovinarsi l'accesso all'università.

2 commenti:

  1. Mi commuovo sempre alla vista di queste pellicole, e poi continuo imperturbabile a caderci..Chissà, forse ce la farò , tanto ho già escluso i film di animali e bambini perchè proprio era un pianto unico..Ma sarò normale?
    Buona notte Blabla

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    1. Non vedo niente di male nel commuoversi guardando un film, anzi, credo possa esserci utile per riflettere su cose che in genere preferiamo tenere da parte.
      Dormi bene, Nella :)

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