Lucy

Lucy (Scarlett Johansson), è una perdigiorno che piuttosto di lavorare ha preferito farsi pagare dai genitori un corso post-universitario a Taipei, Taiwan. Non la spaventa il non sapere una parola di cinese, scritto o parlato, e non perché sa dire in spagnolo che parla male quella lingua, ma perché spende il suo tempo in compagnia di altri occidentali che sono lì con lo scopo principale di divertirsi.

Non è però una ingenua, e così quando il tizio con cui esce da una settimanella le chiede di fare una consegna per conto suo, fiuta il pericolo e tenta di svicolare. Inutilmente. Viene così a conoscere un boss della delinquenza locale, Mr.Jang (il vecchio ragazzo Choi Min-sik), un tale che, fosse stato giapponese avrebbe potuto essere interpretato egregiamente da Takeshi Kitano, ama fare uso di violenza insensata (ma anche ascoltare Mozart) e sbarca il lunario gestendo un traffico di droga sintetica verso l'Occidente.

Convertita in corriere della droga, Lucy sarebbe destinata a tornare, seppur malconcia, a casa, se non fosse che un suo carceriere se ne avesse a male al di lei rifiuto di mostrarsi gentile causando, via una improbabile reazione chimica, la trasformazione della giovinetta sciocchina in una superdonna dagli immensi poteri ma dalla speranza di vita molto limitata. Un giorno o giù di lì.

Che fare in date circostanze? Lucy decide di contattare il professor Norman (Morgan Freeman) un luminare degli inesistenti e teorici studi su quello che sta capitando a lei, che insegna alla Sorbona. Organizza un incontro e parte, dopo aver sistemato alcune cosette. In particolare, rendendosi conto di aver bisogno di ingenti quantità della droga sintetizzata da Mr.Jang, fa in modo che il responsabile dell'antidroga francese, Pierre Del Rio (Amr Waked), arresti gli altri corrieri. Questo, ovviamente, fa uscire dai gangheri il suddetto Mr.Jang, anche perché, per estrargli le informazioni necessarie, Lucy si comporta da psicopatica almeno quanto avrebbe fatto lui e, oltre al danno la beffa, lo lascia pure in vita.

Ci si trova dunque tutti a Parigi e lì si scatena il pandemonio.

Per usare un eufemismo, non a tutti è piaciuto. E, in effetti, il regista-sceneggiatore Luc Besson (la produzione l'ha lasciata alla moglie, Virginie Silla) ha lasciato mano libera alla sua tendenza per l'eccesso e l'improbabile, senza curarsi troppo non dico della verosimiglianza, ma almeno della digeribilità di alcuni passaggi non secondari. In particolare, la faccenda che gli animali in genere, e gli umani in particolare, usino solo una minima parte del proprio cervello è una baggianata di proporzioni colossali.

Quel che è peggio, almeno dal mio punto di vista, è che molti tra coloro a cui è piaciuto film, hanno gradito proprio il mix di violenza, ipotesi insensate e l'adrenalina generata dalle scene di azione.

A me ha dato un po' fastidio che venga veicolata l'idea che un aumento delle facoltà intellettuali porti necessariamente ad un affievolimento delle capacità empatiche dell'individuo. Casomai penso che succeda il contrario, e che chi, per un motivo o per l'altro, abbia difficoltà a gestire il suo lato emotivo si rifugi nell'uso della ragione. Preferisco quindi l'evoluzione raccontata in Star Trek nella figura di Mr.Spock, che riesce a crescere quando scopre che la sfera affettiva non intacca quella razionale, bensì la completa.

Il riferimento principale di Lucy è verso 2001: Odissea nello spazio. Qui però non ci sono alieni, gli umani fanno tutto da soli. Si crea quindi un curioso paradosso teleologico in cui lo sviluppo della razionalità della nostra specie sarebbe stato finalizzato alla generazione di una Lucy capace di trascendere lo spazio e il tempo, in modo che possa dare la scossa evolutiva a partire dall'altra Lucy, l'Australopithecus afarensis correntemente considerato come il primo ominide di cui si abbia traccia, che generi la razza umana.

Meno necessario il riferimento a Limitless, se non per il motivo che anche lì si usa come motore della storia una droga che causa l'incremento delle capacità mentali. A vantaggio della versione bessoniana occorre notare che qui Lucy paga un prezzo esorbitante, e manco avrebbe voluto ottenere quei vantaggi, mentre là lo sforamento dei limiti naturali sembra essere solo un simpatico giochino che comunque si può tenere sotto controllo.

Stilisticamente, ma forse è solo un caso, m'è sembrato di notare una somiglianza in questa regia di Besson con l'impostazione tipica di Jaco Van Dormael. Vedasi ad esempio Mr.Nobody.

6 commenti:

  1. grazie per la citazione
    dico la verità: NON è il peggior film dell'anno, ma io mi aspettavo di più da Besson che negli anni '90 prometteva di essere un grandissimo
    mah

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    1. A dire il vero, anch'io mi aspetto sempre qualcosa di più di quello che effettivamente Besson poi fa. Ma nonostante tutti gli eccessi e fole che è riuscito a piazzarci, la storia di Lucy mi è piaciuta. Tra l'altro ho apprezzato come sia riuscito a raccontarla stando sotto l'ora e mezza, senza farsi prendere dalla mania di stiracchiare i film a due ore o più, quando non ce n'è motivo.

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  2. Per quanto mi riguarda invece al momento forse la più grande schifezza di questo 2014...

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    1. Ho notato che non a tutti è piaciuto. Ma, che dire, non è che la cosa mi preoccupi più di tanto. Ognuno ha i suoi interessi, gusti, sensibilità.
      E, visti gli incassi che fa, Besson non è uno di quei registi che fanno fatica a raccogliere soldi per fare film.

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  3. Concordo sulla recensione.
    personalmente gli do un 6 simbolico giusto per il nome di Besson.

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    1. Nel senso che se usava un altro nome gli avresti dato un voto più alto? ;-)

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