Dopo aver visto sui titoli di testa un piccione che dimostra di essere più capace di apprendere dall'esperienza molto più di molti umani, vediamo il protagonista (Jared Leto) morire una serie di morti e poi riapparirci vivo, vegeto e incredibilmente vecchio (applausi a scena aperta per il trucco e per Leto) in un inquietante e variopinto futuro.
Il vecchissimo signor Nemo Nobody è ai suoi ultimi giorni e un futuribile strizza sta cercando di capire qualcosa di lui, così alieno dalla loro civiltà. Non ne cava molto. Ci prova pure uno spaesato giornalista introdottosi di soppiatto nella clinica in cui Nobody è ricoverato, in attesa che si decida il suo futuro, ottenendo anche lui una serie di schegge di memorie di quelle che sembrano vite diverse, e che - sia detto per inciso - finiscono tutte male.
Occorre non farsi prendere dall'agitazione e lasciarsi condurre in questa sorta di strano sogno da Jaco Van Dormael (che ha scritto e diretto il film) e, poco a poco, quello che sembra un marasma contraddittorio finisce per assumere un suo senso.
Diversi i temi trattati, ma direi che il principale è il senso della vita, e a questo proposito non si può fare a meno di pensare all'omonimo film dei Monty Python - in una scena compare perfino un gigantesco piede che schiaccia una casa - però qui vengono lasciate almeno un paio di porte aperte alla speranza. Nonostante tutto, in questa vita esiste una piccola possibilità di felicità. E poi si può sperare che la fine di tutto non sia che un inizio sotto mentite spoglie.
Parte del leone per Leto, affiancato, tra gli altri, da Diane Kruger, Sarah Polley, e Chiara Caselli (particina microscopica, chiede l'elemosina in stazione, stramazza forse per overdose, dando modo a uno dei possibili Nobody di reincontrare il suo amore - bizzarro notare che il regista appare anch'egli in un minimo ruolo, come disoccupato brasiliano che, bollendo un uovo, causa involontariamente la nuova perdita per lo stesso Nobody del suo amore appena ritrovato).
Sottili e graffianti commenti al nostro sistema sia culturale sia economico-produttivo.
Bella la colonna sonora, con musiche originali di Pierre van Dormael (fratello del regista) integrate con musiche (la Pavane di Gabriel Fauré ripetuta più volte, tra l'altro) e canzoni molto varie.
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