Dragon Trainer

Curioso che il titolo originale, How to train your dragon, una cosa tipo Come addestrare il tuo drago, sia stato "tradotto" con un altro titolo inglese. Ma questi sono i soliti strani percorsi della distribuzione italiana.

Bel lavoro, ottima sceneggiatura (basata molto alla lontana su una omonima serie di racconti per bambini), qualità del disegno, colonna sonora. Mancano i grossi nomi nelle voci originali dei personaggi (al massimo posso citare un Gerard Butler nel ruolo del padre del protagonista) a cui DreamWorks mi aveva abituato, ma dopotutto se ne può fare a meno.

Un ragazzetto vichingo (vichinghi molto di fantasia, per dirne una parlano con un forte accento scozzese, per dirne un'altra hanno come occupazione principale quella di combattere contro i draghi che infestano i loro paraggi - e perché non se ne vanno? Chiederà il nostro piccolo lettore. Perché sono dei gran testoni) vorrebbe diventare un vero vichingo (il che comporta l'uccisione di un drago) e far contenti tutti quanti, a partire da suo padre - capo del villaggio - e proseguendo con la bella ragazzina di cui si è innamorato (ovviamente di nascosto). Purtroppo è una mammoletta in una compagnia di colossi, e gli vien da usare il cervello prima dei muscoli, cosa incomprensibile al resto del villaggio.

L'astuto lettore avrà capito già come va a finire, vi sono però alcuni dettagli interessanti che ribaltano la solita logica in bianco e nero tipica dei cartoni della concorrenza. I supposti cattivi, come direbbe Ivano Fossati, poi così cattivi non sono, ma hanno semplicemente priorità che cozzano con quelle dei vichinghi. Anche il rapporto padre - figlio viene sviluppato in un modo non banale. E c'è pure la possibilità che succedano dolorosi incidenti anche ai buoni.

Il progetto è stato affidato (e diretto) da Dean DeBlois e Chris Sanders, transfughi Disney dove avevano diretto Lilo & Stitch - ecco perché il drago protagonista assomiglia così tanto a Stitch, mi sono detto quando l'ho scoperto. Altri riferimenti (voluti o non voluti che siano) portano ad Avatar per le sgroppate aeree mozzafiato e, volendo, per il rapporto conflittuale tra due comunità - anche se qui il tema viene sviluppato in modo più maturo; in Viki il Vichingo, serie di cartoni giappo-tedesca anni settanta, dove c'è lo stesso rapporto tra nerboruto padre e astuto figlio; e magari pure Hagar l'orribile, striscia di fumetti americana, che presenta anch'esso una bizzarra comunità pseudovichinga; e dimenticavo un imperdibile albo di Asterix, quello in cui incontra in Normanni, che sono rappresentati per l'appunto come una popolazione di simpatici e muscolosi zucconi che non hanno paura di nulla.

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