Un avvocato deluso dal proprio lavoro (James Stewart) si trova per le mani un caso di omicidio che sembra non portare da nessuna parte. Lo accetta lo stesso, forse giusto per fare un favore ad un suo amico e collega, coinvolgendolo nel lavoro preparatorio e allontanandolo così dalla bottiglia.
Il caso sembra perso in partenza. L'assassino confesso (Ben Gazzara) ha ucciso un tale che ha violentato sua moglie (Lee Remick). Lui militare facile all'ira, lei molto sbarazzina (non solo per i canoni della provincia americana degli anni '50).
Il tutto sembra abbastanza scontato (al giorno d'oggi, ma ai tempi deve essere stato uno shock - parlare di stupro al cinema!) ma Otto Preminger (regia e produzione) confeziona un prodotto di gran classe, usando a sorpresa una colonna sonora eccezionale firmata da Duke Ellington (che appare anche in un duetto al piano con Jimmy Steward) che dà un tono da commedia sofisticata a quello che si configurerebbe piuttosto come un dramma a fosche tinte.
In tribunale, inoltre, lo scontro da Steward e George C. Scott, nei panni di un pezzo grosso dell'avvocatura di stato giunto a dare manforte al pubblico ministero locale, fa faville. Da notare anche che il giudice è interpretato da un vero giudice, Joseph N. Welch, uno che non le mandava a dire neanche nella vita reale. Interessante anche il realismo, direi quasi cinismo, con cui tutte le parti affrontano il processo. L'accusa nasconde le prove che non gradisce, la difesa aggiusta la realtà per crearsi una linea che possa tenere, il giudice finisce per appoggiare la difesa quando scopre di avere in comune la passione per la pesca.
Notevole il cast, tenendo conto che Gazzarra, Scott, e la Remick erano poco noti e all'inizio di carriera.
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