Sui titoli di testa sentiamo cantare l'inconfondibile voce di Groucho Marx e ci troviamo subito davanti a Boris, un tipo (Larry David) molto pieno di sé che apostrofa pesantemente i suoi amici dall'alto delle sue superiori conoscenze, non ha i baffi e se non cammina bene è colpa di un tentato suicidio andato male (o bene, a seconda dei punti di vista), ma il riferimento marxiano faremmo bene a tenerlo presente.
Anche perché, neanche il tempo di insultare pesantemente tutto il genere umano, e il protagonista cerca di convincere i suoi amici che ci sono spettatori (poco di buono anch'essi, certamente) che li stanno guardando. Gli amici sospettano che a Boris sia andato di volta il cervello, e noi dovremmo essere d'accordo con loro ma in realtà sappiamo che Boris ha ragione, dato che noi siamo gli spettatori citati. Dunque è Boris davvero l'unico che sa davvero come vanno le cose? Hanno ragione i suoi amici? Terza possibilità, Woody Allen ha messo una punta di vaudeville in questo film? Naturalmente le tre ipotesi non sono mutualmente esclusive.
Anzi, tutto sommato, direi che sono valide tutte e tre contemporaneamente. Questo personaggio cinico, dall'umorismo corrivo, incontra fortunosamente una fanciulla (Evan Rachel Wood) tutta cuore e niente cervello che scappa da una famiglia molto tradizionalista del profondo sud. L'incontro tra i due provoca una serie di eventi e di fulminanti battute da parte di Boris, fino ad arrivare ad un finale apparentemente felice - nonostante alcune traversie lungo il percorso.
Il titolo del film, Whatever works, cambia significato durante lo svolgimento. Inizialmente, come spiega il protagonista, andrebbe interpretato come un cinico "E chi se ne frega". Boris è appena uscito dall'ospedale dove lo hanno rappezzato dopo il fallito tentato suicidio, che ha avuto come conseguenza laterale il divorzio della moglie che, pur essendo bella, ricca, intelligente, innamorata di lui, non gli andava bene. Ora vive quasi in miseria (relativamente parlando), solitario, con pochi amici, campando dando tempestose lezioni di scacchi a bambini. E chi se ne frega. Per Boris, sostanzialmente, non è cambiato niente.
Alla fine del percorso Whatever works assume il significato del titolo italiano. Boris, (abbastanza) rappacificato con il mondo, è ancora convinto che l'umanità sia composta in massima parte da cretini e scemi e che lui sia l'unico ad avere il quadro completo della situazione (e torna perciò a parlare in camera, mentre gli amici lo prendono in giro) però finalmente ammette che la cosa migliore da fare è cercare di vivere al meglio questa nostra vita. Dando e ricevendo amore, se possibile e per quanto possibile, senza stare a badare molto a quelli che sono i canoni comuni, ma cercando quello che funziona per il singolo.
Boris ha la "visione d'insieme" e ha ragione lui nel diffidare della natura umana (l'uomo è un egoista, stupido, avido e miope verme), però alla fine della fiera anche lui trova l'amore
RispondiEliminaè merito del Fato, della Provvidenza, di un puro caso? Basta che funzioni...
Boris, per come era all'inizio del film, direbbe che è stato solo un caso. Però poi ha incontrato quella ragazzina campagnola dall'improbabile nome, e qualcosa in lui è cambiato.
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