Miracolo a Sant'Anna

Un giorno a Spike Lee è capitato tra le mani un romanzotto commerciale che aveva al centro della trama le avventure di quattro soldati della novantaduesima divisione di fanteria nel corso della campagna d'Italia durante la seconda guerra mondiale. Non se ne è parlato poi tanto di questa divisione composta da soli soldati di colore, e Lee ha pensato che valesse la pena di farci un film sopra. Il che non sarebbe stata una cattiva idea, però sarebbe stato meglio scrivere un'altra storia, visto che il polpettone di James McBride può anche reggere su carta, ma non su schermo. Il peggio è che lo stesso McBride ha curato la sceneggiatura, e non ha evidentemente avuto il cuore, o la voglia, di rimaneggiare profondamente la storia originale. Facendo sì, tra l'altro, che la pellicola superi le due ore e mezza di durata.

Il fatto è che, oltre a parlare dei "Buffalo soldiers" (*), il romanzo, e di conseguenza la sceneggiatura, mescola tanti e tali temi da rendere praticamente impossibile ottenere un risultato decente in un film. Sia perché McBride e Lee si avventurano nel raccontare cose italiane di cui mostrano di capire poco, sia perché i troppi personaggi tendono ad essere rappresentati come figurine bidimensionali per le quali è veramente difficile appassionarsi.

Quasi tutta l'azione si svolge in Toscana, dalle parti di Sant'Anna di Stazzema, proprio nei giorni in cui si è compiuta la strage. Però i fatti sono secondari al racconto, e sono pure modificati piuttosto pesantemente per adeguarli alla trama che aveva in mente McBride. Chi fosse interessato all'argomento, farebbe meglio a guardare altro. Tipo L'uomo che verrà di Giorgio Diritti, sulla strage di Marzabotto.

Il film inserisce questi fatti in una cornice, ambientata nel recente passato a New York. Un anziano impiegato postale di colore risponde ad un cliente che gli chiede un francobollo sparandogli con una Luger tenuta in perfette condizioni. Del caso si occupa il detective Ricci (John Turturro), che si trova a doverne parlare con un giovane reporter (Joseph Gordon-Levitt) così incapace da mettergli tenerezza, al punto che finisce per dargli una possibilità, che si concretizza nella scoperta che l'assassino aveva in casa una testa di statua italiana di periodo rinascimentale. Il fatto è così buffo che finisce in prima pagina anche sull'International Herald Tribune (che oggi si chiama International New York Times), e dunque finisce in mano a Enrico (John Leguizamo), un americano espatriato in Italia in cerca di pessime opere d'arte che piacciano ai suoi connazionali. Lui vorrebbe leggersi il giornale in santa pace, ma la sua amica del momento ha altri progetti, e lo lancia (**) dalla finestra. Succede così che un tale (Luigi Lo Cascio), che si stava prendendo un caffè al bar di sotto, viene a sapere della vicenda. La cosa lo turba, e scatena gli avvenimenti di cui verremo a conoscenza solo se avremo la pazienza di sorbirci le due ore che stanno in mezzo. Non che ne valga la pena, perché il finale è decisamente brutto, al punto che, se non fosse stato per l'opportunità di spararci dentro tutti quegli attoroni che fanno la loro apparizione, staccano l'assegno, e se ne vanno, non si capisce bene il senso della cosa.

Andiamo dunque nel '44. I tedeschi sono arroccati sulla linea gotica, gli alleati avanzano con gran fatica. Particolare buffo, assistiamo ad un esempio di guerra psicologica, dove viene diffusa la registrazione di una provocante anglofona, nota col nome d'arte di Axis Sally (Alexandra Maria Lara), che cerca di spingere alla diserzione i soldati di colore, giocando su tutti i toni immaginabili, dallo spirito di rivalsa per le ingiustizie subite, alle promesse sessuali più esplicite. Segue una delle rare vere e proprie scene di guerra del film, in cui i buffalo soldiers vengono fatti a pezzi dall'attacco congiunto dei tedeschi e dal fuoco amico del loro capo (bianco), che non crede alle indicazioni che riceve dai suoi sottoposti.

In quattro si salvono dalla rovina, e finiscono a vagare al di là delle linee nemiche, interagendo con civili, partigiani, e anche con tedeschi. L'aspetto miracolistico citato nel titolo è dato da un paio di personaggi. Il soldato Sam Train (Omar Benson Miller), una specie di gigantesco bambinone, che ha raccolto la testa della statua di cui già sappiamo, pensando che sia portafortuna, e Angelo (Matteo Sciabordi), un bambino traumatizzato dalla guerra. La loro diversità farà sì che siano al centro di episodi molto improbabili.

Credo che per il pubblico italiano la parte più dolente della storia sia nella rappresentazione dei nostri connazionali, tutti molto improbabili, evidentemente solo funzionali alla storia che stava più a cuore ai narratori. Abbiamo così il partigiano Peppi (Pierfrancesco Favino), eccessivamente buono, di fianco al partigiano Rodolfo (Sergio Albelli), esageratamente cattivo. Il capofamiglia Ludovico (Omero Antonutti), che continua ad essere convintamente fascista nonostante la catastrofe, e la figlia Renata (Valentina Cervi), in anticipo di trent'anni sulla liberazione dei costumi.

(*) I Buffalo soldiers originali sono quelli che hanno combattuto nella guerra di indipendenza americana, ma il nomignolo è stato utilizzato anche per i successori.
(**) Il giornale, intendo.

6 commenti:

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    1. Peccato però. Fosse stato Leguizamo ad atterrare sul tavolino di Lo Cascio, il film avrebbe forse preso un corso diverso.

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  2. P:S: il film è stato preso per il c... satireggiato da Sefano Disegni (su CIAK, novembre 2008) che suggerisce che la testa di marmo rinascimentale sia di polistirolo (sennò chi potrebbe attaccarsela alla cintura come se fosse un portachiavi?)

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    1. Ho letto da qualche parte che Lee intendeva fare con questo film anche un omaggio ai maestri del neorealismo. Forse ha fatto confusione con i peplum all'italiana.

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  3. Povero Spike Lee..... sono anni che non l'azzecca una!

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    1. Le qualità tecniche si vedono anche in questo film, la scena di guerra che ho citato è raccapricciante al punto giusto, ad esempio. Forse basta solo una buona sceneggiatura per fare il miracolo.

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