La isla mínima

Ci si può accontentare di guardarlo come un classico thriller poliziottesco, e già così fa la sua bella figura. La regia di Alberto Rodríguez (*) è eccellente, sfrutta a meraviglia le potenzialità del posto (**) e del tempo (***), grazie anche ad una fotografia dai colori slavagiati, che ci dà l'impressione di guardare un film d'epoca.

Due poliziotti madrileni vengono spediti in un paesino sperduto nel sud per indagare sulla scomparsa di due giovani sorelle. Per Pedro (Raúl Arévalo), giovane e rampante, si tratta di una punizione, per aver criticato pubblicamente un generale. Invece Juan (Javier Gutiérrez), che ormai è un residuo del passato, non ci fa nemmeno caso. Ha ben altro a cui pensare, tipo i malanni che se lo stanno divorando e la coscienza che non lo lascia dormire.

Il caso in sé è di una banalità sconcertante. Nonostante il disinteresse generalizzato, i due inquadrano subito correttamente la situazione, imbastiscono una indagine che lentamente ma con gran sicurezza segue il suo percorso e arriva senza grossi sconvolgimenti alla soluzione. Eppure, se non fossero arrivati loro, l'assassino sarebbe rimasto impunito. Anzi, di più. Aveva già colpito in passato, e avrebbe nuovamente colpito. In pratica il thrill principale dell'azione è scoprire se i due riusciranno a evitare un ennesimo ammazzamento. E, come ci dice il padre delle due vittime, l'unico motivo per cui loro sono stati mandati ad investigare è che avevano un parente con agganci a Madrid. Scopriamo infatti che i militi della Guardia Civil (°) preferiscono fare il meno possibile, adducendo come ragione che loro devono restare lì, e quindi devono fare attenzione a non pestare i piedi a nessuno.

La storia assume maggior interesse se teniamo presente il suo aspetto metaforico. Pedro è il nuovo spagnolo, democratico, che deve convivere con un suo vecchio alter ego, Juan, che ha pesanti responsabilità derivanti dal suo coinvolgimento con il franchismo. La tentazione di Pedro è quella di mettere da parte Juan, considerarlo un peso, e gestire l'indagine per conto suo. Cosa che del resto, almeno a tratti, fa. Ma non è la via giusta. Juan sarà anche stato una brutta persona, e forse continua ad esserlo, almeno parzialmente. Però ha anche una parte positiva. Ha la capacità di empatizzare con i locali, mentre Juan, algido, cittadino, moderno, nessuno se lo fila. Solo lavorando assieme i due possono sperare di portare a casa il risultato.

(*) Nonostante le convinzioni che un mio vicino di poltrona cinematografica ha sbandierato allegramente, Alberto Rodríguez non ha niente a che fare con Quentin Tarantino. Quello è Robert Rodriguez.
(**) Dalle parti di Siviglia, ma la città è ignorata e tutta l'azione si svolge nelle campagne attorno al Guadalquivir. Il fiume, la natura, il carattere brusco e diffidente dei paesani che vivono in un ambiente affascinante in cui però è difficile anche solo sopravvivere hanno una parte notevole nella narrazione.
(***) 1980. La Spagna sta vivendo il passaggio dalla dittatura alla democrazia. Nonostante Franco sia morto da cinque anni, e che le prime elezioni libere si siano tenute l'anno prima, è evidente che l'inerzia dei decenni precendenti non sia ancora stata smaltita.
(°) Che sarebbe approssimativamente il corrispettivo spagnolo dei nostri carabinieri.

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Peccato che in Italia non se lo sia filato nessuno. Io l'ho visto solo adesso grazie al cineforum del cinemino di paese che l'ha recuperato.

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