La particella di dio

Non è che il bosone di Higgs sia proprio al centro di questo documentario di Mark Levinson, quanto l'ambiente di quei pazzi scatenati che stanno spendendo gran parte della loro vita studiando le particelle elementari. E infatti il titolo originale è Particle fever.

Da notare poi che il soprannome italiano di questo bosone è una storpiatura di quello inglese, god particle, che potrebbe essere più correttamente tradotto come particella divina, ma che è a sua volta una storpiatura del soprannome originale, goddamn particle, scelto da Leon Lederman come titolo di un suo libro sulla particella, volendone sottolineare l'elusività. Successe poi che l'editore non volesse mettere in copertina quella che ad alcuni sembra una bestemmia, e tagliò il "damn". Ottenendo un effetto ancor più blasfemo, a voler ben vedere. Higgs si è sempre dissociato da questo nome, ma ormai il danno è fatto.

Gli aspetti matematico-fisici sono lasciati sullo sfondo. Non è film per chi voglia approfondire la materia. Il suo senso è piuttosto quello di farci vedere il Large Hadron Collider, LHC per gli amici, e la gente che ci lavora. Per chi non lo sapesse, l'LHC è al momento la macchina più grossa e complicata costruita dall'uomo. Ed è stata fatta in Europa, con un importante contributo italiano.

La narrazione parte dal primo cenno di vita dell'LHC, e arriva fino all'identificazione del bosone di Higgs, mostrandoci batoste, successi, dubbi, speranze, intuizioni, scoraggiamenti, commozioni, sbagli, festeggiamenti, di alcune tra le innumerevoli persone che hanno contribuito all'opera.

Pur sapendo già come andava a finire, mi sono preoccupato ai singhiozzi dell'LHC, ho esultato per i successi, e alla fine mi sono commosso con Higgs alla conferma dell'esistenza della particella.

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