Bella addormentata

La vicenda di Eluana Englaro è stata così tragica e dolorosa che è difficile pensare di farne un film che la segua direttamente. Ma è anche una storia che dice molto del nostro Paese, e sarebbe stato un peccato non raccontarla sullo schermo. Marco Bellocchio è riuscito nell'impresa di raccontare quello che è successo all'inizio del 2009 lasciando i fatti storici sullo sfondo, e creando un credibile intreccio di fantasia in primo piano che ci dà il suo punto di vista, ma da una certa distanza.

Il film non ha riscosso un grosso successo, in parte per il tema trattato, è fatto ben noto che al pubblico italiano non piaccia andare a vedere un film in cui si parla di morte, ma credo anche per la posizione equilibrata mantenuta da Bellocchio. Un film esplicitamente pro o contro quello che è accaduto avrebbe fatto maggior rumore e probabilmente attratto più pubblico. Grazie al cielo Bellocchio ha una forza contrattuale da permettergli di fare i film che vuole, senza badare troppo alle regole del mercato.

Abbiamo dunque Uliano Beffardi (Toni Servillo), senatore di Forza Italia proveniente dal socialismo, che deve votare per disciplina di partito quella assurda legge, voluta dal governo di quel tempo, pensata ad hoc per impedire la terminazione delle pratiche di accanimento terapeutico a cui era soggetta Eluana Englaro. Uliano è in estrema difficoltà, perché nel passato recente lui stesso ha partecipato a qualcosa del genere nei confronti di sua moglie. Come rivelerà nel finale, lui, ateo, non avrebbe mai voluto che la moglie se ne andasse, mentre lei, profondamente religiosa, non ne poteva più di una vita che era diventata solo dolore. Uliano ha anche un altro problema. Sua figlia Maria (Alba Rohrwacher), anch'ella profondamente cattolica, non ha accettato la morte della madre, della quale ritiene il padre responsabile. Mentre Uliano va a Roma, Maria va a Udine, per fare veglie di preghiera.

Così, mentre Uliano prende la sua sofferta decisione su come comportarsi in aula, parlandone con colleghi di partito, tra cui un curioso psichiatra-senatore (Roberto Herlitzka), Maria incontra Roberto (Michele Riondino), che milita dalla parte opposta, o almeno accompagna il problematico fratello alle manifestazioni, e i due si innamorano. O forse la sola Maria si innamora, non è chiarissimo.

C'è poi Rossa (Maya Sansa), una tossica all'ultimo stadio, a cui non importa più niente di vivere, non riesce più a trovare piacere nemmeno nella droga, e vorrebbe semplicemente morire. Incappa però in un medico simpatetico, il dottor Pallido (Pier Giorgio Bellocchio), che forse si innamora di lei.

E abbiamo anche una famiglia disgregata, dove Rosa è una ragazza finita anche lei in coma vegetativo, la cui madre (Isabelle Huppert) ha abbandonato tutto per seguirla. Trascura così la sua carriera attrice (*), il marito (Gianmarco Tognazzi), il figlio.

Questa pluralità di punti di vista mi ha fatto riflettere sul come per un caso così delicato non abbia molto senso cercare di imporre una soluzione dogmatica dall'alto. Quello che può sembrare sensato in un caso, per un certo soggetto, può suonare assurdo in un altro contesto. E chiunque voglia imporre una regola fissa definitiva, lo può fare solo a patto di non guardare quella che è la complessità della realtà.

Una vera soluzione non so se ci possa essere. Però magari aiuterebbe meditare sulla scoperta che fa Maria nel finale. Non basta la ragione per capire gli altri, occorre usare anche il sentimento.

(*) Presumibilmente di teatro. Nel finale la vediamo recitare nel sonno la famosa scena dell'incubo di Lady Macbeth, quello della macchia di sangue che non si riesce a lavar via.

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