Lei

Sarà colpa dell'andamento dell'economia, ormai da anni in bilico tra crisi e stagnazione, con solo qualche sprazzo di ripresa qua e là, ma così fiacco e limitato che ben pochi se ne possono rallegrare. Il fatto è che film in cui si narra di un depressione, quale ne sia il motivo, abbondano, e hanno pure un notevole successo.

In Lei (Her) di Spike Jonze, il depresso è Theodore (Joaquin Phoenix in versione baffuta) che ha sulle spalle un matrimonio fallito con Catherine (Rooney Mara). Ma a ben vedere è depressa tutta la società in cui vive, in un futuro prossimo, in una metropoli poco connotata (si riconosce qualcosa di Los Angeles, altro da Shanghai). La gente non è più capace di esprimere le sue emozioni, e paga altri (tra cui lo stesso Theodore) per scrivere lettere ai propri cari. E non è nemmeno più capace di gestire le relazione con altri umani, da cui un massiccio ricorso alla mediazione della tecnologia (persino superiore a quello che vediamo già in giro adesso).

Un raro sprazzo di commedia si ha quando Theodore contatta una donna insonne in una chat vocale, tale Sexykitten (in originale ha la voce di Kristen Wiig). I due simulano un rapporto sessuale, in cui la pazza chiede di essere strangolata con un gatto morto (!).

Per risolvere il problema di incomunicabilità Theodore compra un sistema operativo disegnato appositamente per interagire con l'utente per mezzo di una personalità che risulti credibile ed amichevole. Gli capita in sorte Samantha (Scarlett Johansson in originale, Micaela Ramazzotti per noi). I due si innamorano. La relazione è evidentemente sbilanciata, inizialmente a "favore" di Theodore ma, visto che Samantha è disegnata per autoapprendere, il "vantaggio" passa rapidamente alla seconda. Finché questa non prende atto che non c'è più niente da fare.

Il finale lascia un briciolo di speranza, in quanto forse Theodore riuscirà a stabilire una relazione tra pari con una sua amica, Amy (Amy Adams).

Il materiale trattato non è particolarmente nuovo, anche se viene trattato con un taglio molto personale. Tra i molti possibili riferimenti, a me ha fatto pensare ad I love you di Marco Ferreri, dove Christopher Lambert si innamorava di un portachiavi (il film risale agli anni ottanta, la tecnologia era quello che era) e agli incubi tecnologici di Stanley Kubrick, dal HAL di 2001 al David di AI.

8 commenti:

  1. Non sapevo che ci fosse anche la voce di Kristen Wiig a me è piaciuto ma capolavoro proprio no

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    1. Avrei apprezzato un taglio di una mezz'oretta. Più o meno concordo col tuo parere. Guardabile, spunti interessanti, poteva essere meglio.

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  2. Theodore cade in piedi; perde Samantha (in fondo non se la meritava) ma trova ancora una che se lo fila...
    direi che il film pecca di ottimismo; la Los Angeles è descritta pulita, piena di sole, ecologicamente progredita (niente auto, ci si sposta con treni elettrici silenziosissimi)
    al contrario in BLADE RUNNER (qualche analogia c'è) Los Angeles è sporca, inquinatissima... e piove sempre!

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    1. Io di ottimismo ce ne vedo ben poco. La metropoli (non è solo L.A., c'è anche almeno un po' di Shanghai) è tecnicamente avanzata, ma la gente che la abita è incapace di stabilire relazioni, sono quasi tutti chiusi nel proprio bozzolo. Anche il finale (forse) positivo, non è figlio di una decisione matura dei protagonisti, ma spinto dalla fuga di Samantha e amici, che li lascia senza alternative. Riusciranno a costruire qualcosa di sensato per conto loro? Chissà.

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  3. Non mi ha entusiasmato, ma fa lo stesso.
    P.S. se posso permettermi, nel finale forse Theodore riuscirà a stabilire una relazione con Amy (Amy Adams), ché Catherine, l'ex moglie, non sembrava molto propensa a riprenderselo... (giustamente, aggiungerei io) :)

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    1. In effetti pare anche a me difficile entusiasmarsi ad un film che racconta di un depresso che vive in un mondo depresso.
      Grazie mille per avermi segnalato il pasticcio, ho corretto il post di conseguenza.
      A dire il vero, la ex avrebbe pure avuto qualche dubbio, se non avesse scoperto che Theo era pure peggiorato in sua assenza. Nel finale, a divorzio ormai firmato, c'è pure una possibile riconciliazione tra i due, visto che finalmente Theo riesce a capire in che assurdo vicolo cieco si era ficcato (e scrive una lettera di scuse a lei).

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  4. Non il film dell'anno, ma guardabile, non fosse altro che mi è sembrato di vedere il futuro del mondo: Samantha è una versione molto evoluta di Siri della Apple, in un futuro neppure troppo lontano interagire tra le persone sarà molto raro, già adesso vedo sempre più spesso persone con gli occhi rivolti al cellulare e non al mondo, figurati cosa succederà quando i sistemi operativi interagiranno su tutto con gli umani.... Non so se sono pronta...

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    1. Ho letto di recente una dimostrazione della impossibilità di creare una versione elettronica della coscienza umana. L'ho trovata convincente, e dunque direi che Samantha è destinata a restare fantascienza. D'altro canto, è innegabile che l'uso smodato di smartphone e tablet faccia pensare a una tendenza all'autismo di massa. Mi aspetto però qualcosa di diverso da quello indicato dal film. Una crescente incapacità ai rapporti personali diretti, sostituiti da quelli mediati dall'elettronica e dalla distanza, che li rendono più facili, a prezzo di renderli irreali. Un po' come la chat con la Wiig.

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