Blade runner 2049

Sono passati trenta anni e Deckard (Harrison Ford) non sa ancora bene se è un replicante o un umano a tutti gli effetti. Lui, comunque, sembra aver messo da parte il problema e ha deciso indipendentemente da quale sia la risposta la sua via, che consiste fondamentalmente nel tenersi lontano da tutto e tutti - il che ha l'effetto collaterale di farlo apparire in scena solo molto avanti nell'azione. A spiegagli come sono andate le cose potrebbe essere Wallace (Jared Leto), big boss dell'azienda omonima che ha assorbito la Tyrell. Trattandosi però di torbido personaggio, si limita a pungolare il nostro vecchio blade runner, pensando probabilmente di spingerlo a dire o fare qualcosa di sbagliato. Niente da fare, Deckard è una pellaccia, e seguirà la sua strada senza deviazioni.

Al centro della storia, però, c'è un altro blade runner, che risponde al kafkiano nome di K (Ryan Gosling). Costui non ha il dilemma di Deckard, sa bene di essere un replicante, epperò spera in un qualcosa di apparentemente impossibile che, sorprendentemente, scopriamo essere effettivamente avvenuto, anche se non si capisce bene se e quanto questo lo coinvolga davvero (*).

Se nell'originale il tema dominante quanto i replicanti dovessero essere considerati umani a tutti gli effetti o se potessero essere "ritirati" senza starci a pensare tanto sopra quando non più utili, ora questa sembra essere rimasta solo una scusa degli umani per mantenere la loro posizione di potere. Il punto chiave qui è trovare il modo di fare cadere le deboli argomentazioni umane. Anche la tecnologia ha cospirato ad indebolire la posizione umana, con le intelligenze artificiali, vedasi in particolare
Joi (Ana de Armas), che pur partendo da un setup iniziale di puro sfruttamento (**) evolve in qualcosa di molto più umano.

Ottima la regia di Denis Villeneuve che non mi ha fatto per niente rimpiangere la decisione di Ridley Scott di occuparsi solo della produzione, che mi sembra di aver capito sia il ruolo che più gli piace tenere. Molto adatta anche la colonna sonora, del solito Hans Zimmer.

(*) Apparentemente il finale dà una risposta definitiva sulla questione. Viene lasciato solo un piccolo spiraglio aperto, in modo da lasciare la massima libertà a chi scriverà il seguito, se si deciderà di farlo.
(**) L'incontro ravvicinato tra K e la gigantesca versione pubblicitaria di Joi ci chiarisce di quella che era l'idea del produttore, la si confronti con la "vera" Joi di K per notare gli imprevisti sviluppi.

3 commenti:

  1. E' stata davvero una bella visione... Un sequel degno di nota, non era facile vista l'eredita dell'originale Blade Runner.

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    1. C'è da dire che ci hanno pensato su un bel po' prima di farlo. Poi penso a quanto tempo ci ho messo a scriverci sopra due righe e mi taccio ;-)

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  2. L'analogico è la sola possibilità.

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