Mississippi burning - Le radici dell'odio

Fa un po' spavento pensare che solo cinquant'anni fa ci fossero Stati negli USA in cui vigesse ancora l'apartheid. La scena iniziale, sui titoli di testa, ci mostra silenziosamente l'assurdità di due fontanelle per l'acqua, una per i bianchi, l'altra per i "colored". Più avanti nel film vediamo anche un ristorante diviso in due, e quando un bianco viola il tabù e entra nell'area riservata ai neri, nel locale cala un silenzio tra l'imbarazzato e l'orripilato.

A sottolineare quanto l'argomento fosse ancora un nervo scoperto per i locali, il film, uscito più di vent'anni dopo i fatti, non incassò molto in patria, e la produzione venne salvata solo dal mercato internazionale. La critica trattò questo lavoro di Alan Parker con molta prudenza, con alcune stroncature che si aggrapparono ad una eccessiva rielaborazione della storia originale. Anche la notte degli Oscar premio il film con una sola statuetta, per il montaggio (*). Anche se bisogna ammettere che si trattava di un anno ricco, con Rain man che spadroneggiò (**) e l'agguerrita concorrenza di titoli come Turista per caso, Le relazione pericolose, Un pesce di nome Wanda, eccetera.

Due agenti dell'FBI, Ward (Willem Dafoe) e Anderson (Gene Hackman), vengono mandati nel Mississipi per indagare sulla scomparsa di tre attivisti antisegregazionisti. Noi sappiamo già che i tre sono stati uccisi, e quindi l'enfasi della storia non è sulla scoperta di quello che è successo, ma su come i due investigatori, che hanno caratteri diametralmente opposti, riusciranno a usare le loro differenze come un vantaggio, e non un ostacolo.

Ward, infatti, è più istruito, più politicizzato, più razionale. Anderson, che nonostante la maggior anzianità sia di servizio sia anagrafica ha dovuto accettare di essere in posizione subalterna nella squadra, è più sanguigno e informale.

Il caso è di una chiarezza lapalissiana. Evidentemente i tre sono stati uccisi dal Ku Klux Klan, che deve necessariamente avere i suoi uomini nelle istituzioni, ma altrettanto evidentemente nessuno ha intenzione di aiutare le indagini. Ci sono quelli a cui sta bene così, e si rifiutano di credere che i tre siano stati uccisi o che, in subordine, ammettono che potrebbero essere morti, ma che comunque è colpa loro, che si sono immischiati di problemi che non li riguardavano. E ci sono quelli che tacciono perché pensano che sia l'unico modo per evitare problemi peggiori.

L'approccio di Ward, che si basa su uno scontro diretto di poteri, ottiene alcuni risultati, che però non sono risolutivi, e finiscono per essere pagati pesantemente. Anderson, dal canto suo, svolge una sua indagine parallela usando metodi poco ortodossi, al punto che il centro della sua strategia si risolve nel cercare di circuire la moglie (Frances McDormand) di un indiziato.

Alla fine, coalizzandosi, riusciranno a venire a capo del problema, anche se, a ben vedere, nessuno potrà dirsi completamente soddisfatto del risultato.

(*) Che non mi è sembrato tra gli aspetti più interessanti della pellicola.
(**) Quattro Oscar, tutti tra i principali. Forse un po' troppo.

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