Michael Stone sta molto male. E non parlo della condizione fisica, che pure pare molto trascurata, quanto di quella mentale. Sulla cinquantina, scrittore di successo di un saggio sul come interagire professionalmente col prossimo, lo seguiamo nel suo viaggio di un giorno a Cincinnati (*) dove si reca per un congresso sulle tecniche da usare nelle relazioni telefoniche con i clienti.
Il suo problema potrebbe essere che, a furia di spiegare a tutti quanto ognuno di noi sia diverso e va trattato come tale, si sia convinto del contrario, ovvero che tutti gli altri siano cloni dello stesso individuo, e lui sia l'unico che sfugge a questa omologazione. Uomini, donne, bambini, tutti quanti per lui hanno la stessa faccia e pure la stessa voce (**). La tragedia è che Charlie Kaufman (***) ritiene piuttosto che Michael sia affetto da una forma estrema della sindrome di Fregoli, e che quindi non stiamo parlando di un severo caso di esaurimento nervoso ma di una malattia psichiatrica che correntemente non si sa come trattare.
Michael si deve essere convinto di essere la vittima di un oscuro complotto e non ha nessuno con cui parlarne, visto che tutti quelli che incontra ne fanno parte. Gli capita però di incontrare Lisa, una giovane donna che per circostanze misteriose ha ancora la sua voce e faccia. Lisa è sgraziata, poco intelligente e molto insicura di sé. Nonostante tutto ciò a Michael sembra un miracolo fatto persona, e potrebbe anche dargli la forza di affrontare il suo male.
Trattando di una persona in una situazione estremamente deprimente, la prima parte del film è di una notevole pesantezza. Bisogna aspettare l'arrivo di Lisa perché il racconto si ravvivi. Notevole, anche se nel senso di tendente al raccapriccio, la scena dell'incubo. E poi tutto quello che ne segue ha una sua buona forza narrativa.
La scelta di raccontare la storia come animazione in passo uno (°) credo derivi dall'esigenza di non spendere cifre assurde con gli effetti speciali e di rischiare un risultato pietoso. Si può avere una idea di come potrebbe essere il risultato con attori in carne e ossa rivedendosi Essere John Malkovich.
Come spesso mi succede con i film scritti da Kaufman, non sono sicuro di dove voglia andare a parare la storia. Ad esempio, si potrebbe notare come la premessa sia simile a quella di Memento, però lì vediamo come il protagonista, pur trovandosi apparentemente in una situazione senza via di uscita riesca in qualche modo ad uscirne fuori. Qua ci ferma alla prima parte. Nel finale si accennano ad un paio di possibili porte aperte (°°) che potrebbero in qualche modo ribaltare la situazione. Ma nulla di definito.
(*) Lui è inglese, ma vive da lungo tempo negli USA, e attualmente risiede con la famiglia a Los Angeles.
(**) Superlavoro per il doppiatore, che in originale è Tom Noonan e per noi Stefano Benassi.
(***) Sceneggiatura e co-regia assieme a Duke Johnson.
(°) Tecnica di cui qui in Italia eravamo maestri, oggi la si chiama stop motion e si pensa che sia una cosa che fanno nel resto del mondo.
(°°) La geisha-bambola che Michael, con ben poca sensibilità paterna, porta in dono a suo figlio mantiene la sua individualità, seppur artefatta. Lisa sembra non aver perso le sue speranze in Michael.
Da me purtroppo non arriverà mai, mi dispiace davvero perderlo per il cinema...
RispondiEliminaDistribuito col contagocce in tutta Italia. Solo due sale in Lombardia, entrambe a Milano.
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