Per una volta capisco il problema di chi ha deciso il titolo italiano. Trovandosi davanti ad una sola parola di significato ambiguo, ha pensato di rendere la stessa ambiguità nel sottotitolo. Il risultato non è esaltante, ma poteva andare peggio.
Non sono sicuro quale sia il punto che si voglia fare. Sicuramente al centro c'è Jesse Owens (Stephan James) e la sua impresa berlinese. Seguiamo perciò il nostro da quando si iscrive all'università con il solo scopo di lavorare con Larry Snyder (Jason Sudeikis), allenatore di cui gli hanno detto un gran bene, fino a quando torna da Berlino con i suoi quattro ori.
A fianco, ci viene proposto il lato politico della vicenda. C'erano dubbi sulla partecipazione americana a quelle Olimpiadi, che vengono sintetizzati nel personaggio di Jeremiah Mahoney (William Hurt) a cui si contrappone Avery Brundage (Jeremy Irons) che, non si capisce bene se per ingenuità o per interesse personale, chiude un occhio su quanto sa del nazismo per spingere il comitato olimpico dalla sua parte.
Si accenna anche ai problemi in Germania. Joseph Goebbels (Barnaby Metschurat) vedeva nelle Olimpiadi un mezzo per propagandare l'immagine nazista, e avrebbe voluto gestirsi l'evento per conto suo. Per sua sfortuna il suo capo era rimasto colpito dalle capacità di Leni Riefenstahl (Carice van Houten) e aveva affidato a lei la creazione di un film che ne raccontasse lo svolgimento. La Riefenstahl meriterebbe un film tutto per lei. Pur affascinata da Hitler, non era identificabile come una nazista. Sapeva fare il suo lavoro, e voleva solo farlo al meglio. Non si fa perciò cruccio di bisticciare con Goebbels, e persino di girare scene che non piacciono per niente ad Adolf. Il risultato è un documentario, Olympia (1938), considerato come una delle migliori cose nel suo ambito.
Mi sembra quasi che la produzione non abbia creduto abbastanza nel film. La sceneggiatura è stata affidata ai non particolarmente brillanti Joe Shrapnel e Anna Waterhouse, che hanno finito per mettere dentro tanta roba (*) senza però dare una direzione ben definita alla narrativa. Il regista, Stephen Hopkins (**), se la cava tutto sommato decentemente, ma non riesce a dare una caratterizzazione alla sceneggiatura.
(*) C'è anche un accenno alla Adidas di Adolf "Adi" Dassler che ha fornito le scarpette (anche) a Owens.
(**) Più noto per i suoi lavori televisivi, ha fatto per il cinema cose come Lost in space (1998).
sono d'accordo con la tua visione. Dovevano concentrarsi in maniera più "da cinema" su uno di questi lati della vicenda.
RispondiEliminaPer me la parte più interessante è proprio quella finale e quelle olimpiadi che ognuno vedeva dal suo punto di vista (questo sarebbe stato bello) quella regista, il regime, gli atleti, i membri del comitato americani...
Hai ragione, di stimoli ce ne sono a bizzeffe. A me mi ha fatto venir voglia di vedere un film sulla Riefenstahl, che potrebbe essere qualcosa come il Mephisto di Szabó. Dovendo focalizzarsi maggiormente su Owen, mi sarebbe piaciuto se si fosse messo al centro la sua amicizia anomala con Luz Long.
EliminaHai detto bene: S. Hopkins da molti anni lavora solo in tv (si vede)
RispondiEliminaQuanto a Leni Comesichiama, tutti i registi sportivi hanno imparato da lei; basterebbe la sua intuizione di inquadrare il pubblico (prima di lei, nessuno aveva capito quanto fossero spettacolari gli spettatori)
Cribbio, ho dimenticato di citare il tuo post in proposito che avevo letto ai tempi e di cui poi mi sono dimenticato. La Riefenstahl sarebbe stata una grande del cinema europeo, se la sua attrazione per il potere non le avesse stroncato la carriera. Hopkins fa quello che può e, sono d'accordo, gli è venuto fuori qualcosa che sembra un film per la TV.
EliminaPoteva uscire meglio... Ma ammetto che dal trailer non mi aspettavo molto.
RispondiEliminaConsoliamoci. Poteva essere anche peggio.
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