Il titolo italiano è così sbagliato che non sono riuscito ad evitare di accostarlo nel titolo al titolo originale. Complice anche il fatto che è praticamente introvabile nella nostra lingua e chi volesse procurarselo avrebbe maggior fortuna cercando altre edizioni europee.
Con "wit" si intende l'arguzia, la prontezza di spirito, di cui è certamente fornita la protagonista (Emma Thompson, c'è bisogno di aggiungere altro?) mentre affronta gli ultimi mesi della sua vita. Già, perché subito nelle prime battute ci viene chiarito che Vivian Bearing, una professoressa universitaria di inglese, massima esperta sull'opera di John Donne, non ha praticamente scampo. Un brutto tumore colto in gran ritardo non le lascia praticamente scampo. Considerando che 50 e 50 è riuscito ad allontanare gran parte del suo possibile pubblico nonostante il suo taglio da commedia e l'assicurazione che il protagonista se la sarebbe scampata, si capisce come Wit, che è una sorta di "100 e 0", non miri a platee oceaniche.
Non stupisce allora che si tratti di un film per la TV, nella curiosa reincarnazione che ha preso questo termine negli ultimi anni. E' successo infatti che i cinema d'essai sono praticamente spariti dalla faccia della Terra, e dunque film che possono pensare di attrarre solo poche decine di spettatori alla volta non hanno più senso di essere prodotti. A meno che non siano pensati per la distribuzione televisiva, su appositi canali che non mirino al pubblico generalista.
L'impostazione è decisamente teatrale (da una piece di Margaret Edson), e non so bene quanto del "wit" che ci arriva venga dall'originale e quanto sia veicolata dalla regia (e sceneggiatura) di Mike Nichols e dalla recitazione (e sceneggiatura) di Emma Thompson.
Poco lo spazio che resta ai comprimari, anche se tutti meritano di essere ricordati. Il dottore che diagnostica il tumore è Christopher Lloyd (sì, il Dottor Emmett Brown di Ritorno al futuro), quello che segue, un po' malvolentieri, la paziente è Jonathan M. Woodward, l'infermiera che riesce a stabilire un legame emotivo è Audra McDonald. C'è pure un inatteso Harold Pinter nel ruolo del padre di Vivian.
bello, ma pesante in ogni frase... e un po' spietato. L'avevo recensito anch'io qualche tempo fa con questo "mixed feeling" di aver visto sicuramente qualcosa di prezioso, ma reso sgradevole, perché ahimé è sgradevole ciò che racconta.
RispondiEliminaHo letto quello che ne hai scritto, secondo me ci abbiamo visto cose diverse, da cui il diverso parere. Non ci ho visto la spietatezza, o meglio, sì, ne ho vista un po', nella protagonista verso sé stessa, quando si accorge di aver sbagliato ad affrontare la sua vita, ma direi che riesce a riconciliarsi. Non ci ho visto nemmeno la pesantezza, anzi, al contrario una gentile leggerezza, anche se il peso specifico del tema trattato è altissimo, e capisco che può far scattare meccanismi difensivi nello spettatore.
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